Cinque.

462 41 6
                                    

Era una mattinata abbastanza buia, grossi nuvoloni grigi oscuravano il sole e sembrava che da lì a poco avrebbe cominciato a piovere.
I cittadini erano ormai abituati alle pioggerelle passeggere, ma per chi doveva alzarsi per recarsi a scuola o a lavoro, erano davvero noiose. Quella mattina, però, inaspettatamente, non piovve.

Federico si stava rigirando nel letto da un buon quarto d'ora, quella notte aveva chiuso occhio solo per poche ore e sapeva che non sarebbe riuscito ad affrontare la giornata in quelle condizioni.
Per cominciare sarebbe arrivato, di nuovo, tardi a scuola e poi beh, visto che le lezioni di matematica col professor Froddi non erano il massimo dell'allegria, avrebbe fatto una bella dormita.
La sera prima aveva pensato tanto al contenuto di quel messaggio, non sapeva cosa il moro intendesse con quelle parole, in fondo non si conoscevano neppure, lo avrebbe rivisto per chiedergli spiegazioni.

Andò tutto come aveva previsto, la dormita nelle due ore di matematica, l'interrogazione di Maya, una delle sue più care amiche, ad inglese, l'assenza di Bestia di Satana (così avevano soprannominato la povera professoressa di italiano) e l'uscita anticipata per l'ora di religione.
Perfetto.
Arrivò a casa che era l'una, l'autobus aveva fatto ritardo come al solito e si era trovato schiacciato sul finestrino, quando vide un volto familiare.
"Benjamin!" Urlò, attirando l'attenzione di tutti.
Si fece spazio tra la gente e raggiunse il ragazzo, che sorrise in modo sforzato nel vederlo.
"Ehi, torni da scuola?"
"Uhm sì, che ci fai in autobus a quest'ora? Dovresti saperlo che son pieni di studenti mestruati" Accennò una risatina.
"Probabilmente avevo da fare qualcosa a quest'ora, no?" Rispose con tono più acido del previsto.
Federico se ne accorse e abbassò lo sguardo, mormorando un "sì, scusami" e fece per tornare al posto di prima quando Benjamin lo girò per una spalla.
"Non volevo sembrare sgarbato, scusami tu, è stata una mattinata da dimenticare. E poi, te l'ho detto, sei un impiccione - Federico abbassò di nuovo gli occhi a quell'affermazione, facendo sorridere calorosamente il moro che gli cinse la spalla con un braccio - ma sei simpatico, mi piaci così. Posso farmi perdonare con qualcosa al bar?"
Accettò e scesero insieme alla fermata vicino casa di Benjamin, che lo avrebbe portato nel suo bar preferito, quello che lui definiva Il paradiso dei cappuccini. Lo aveva sempre chiamato così per la bontà di questi ultimi, dalla prima volta in cui ci mise piede non smise più di frequentarlo, così ormai si era fatto amico pure i due proprietari, i signori James, un'adorabile coppia sui cinquant'anni.

"Benjamin ciao, solito cappuccino?" Lo accolse la signora James con un sorriso.
"Per me sì, grazie Eva. Per te Federico?"
"Uhm, anche per me, grazie"
"Perfetto, ve li porto."
Mentre li sorseggiavano, a Federico tornò in mente il messaggio di Benjamin e decise di chiedere spiegazioni.
"Benjamin senti... si ecco, il messaggio di ieri sera..." iniziò, ma venne interrotto dalla voce dell'altro.
"Non c'è niente da spiegare." Disse duramente.
"A quanto pare sì, visto che non ho capito cosa intendevi. Ho detto qualcosa di sbagliato?"
"Federico, per favore, parliamo d'altro?" Aveva provato il moro.
"Non puoi dirmi di apprezzare ciò che ho e discorsi del genere se poi non ti spieghi, cazzo! Sto solo cercando di capire e magari scusarmi per qualcosa che ho detto, ma devi darmene la possibilità! Non mi conosci, io non ti conosco, vorrei capire ma non ci riesco, ti entra in testa o no? Non mi ci è voluta una laurea per notare che ti avevo dato fastidio, quindi o mi spieghi o me ne vado, le persone così mi danno ai nervi."
Aveva alzato la voce attirando l'attenzione dei presenti nel bar, compresa Eva, la proprietaria.

"O ti calmi o per me puoi andartene." Disse a denti stretti.
"Un po' va bene, poi vaffanculo. Ciao Benjamin." Uscì.

Il moro disse velocemente ad Eva che avrebbe pagato dopo e corse fuori, prese Federico per un braccio e lo bloccò al muro.
"Senti, intanto modera i termini - disse duro, cercando però di trattenere un sorriso -
mi dispiace, già ti ho detto che è una giornataccia, ma ti spiegherò. Andiamo a casa mia."
Federico era ancora bloccato al muro e guardava Benjamin fisso negli occhi, il suo sguardo si spostava solo sulle sue labbra mentre parlava.
"Okay, lasciami però."

"Brian?" Urlò aprendo la porta. "Non è a casa, meglio così."
"Chi è Brian?" Chiese curioso Federico.
"Il mio nuovo ragazzo" rispose Benjamin facendo un sorrisetto.
"Co-cosa?" Era incredulo.
"Scherzo, biondo! È il mio coinquilino e migliore amico." Rise di gusto, Federico deglutì a vuoto e rise con lui.
"Siediti sul divano"
"Okay"
"Beh ecco... quel messaggio... oh insomma, avrai notato che ho cambiato umore quando hai parlato dei... dei tuoi genitori. Non hai detto cose carine nei loro confronti" ma venne, ovviamente, interrotto da Federico che quasi urlò "Ma sono i miei genitori! Non mi conosci e neanche loro, non puoi giudicare da ciò che ti ho detto."
"Federico, ho reagito in quel modo perché io i genitori non li ho più." Disse e sospirò, abbassando lo sguardo.
"Io non..." - cercò di rimediare il biondo - "scusami, sono un idiota."
"No, non lo sei... forse un po'." sorrise debolmente.

"Posso abbracciarti?"
"Abbracciami."

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 13, 2017 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

All I need // fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora