Capitolo 3.

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Vengo svegliata da dei rumori bruschi.
Dove mi trovo?
Ah, già.
Sono in macchina. Nella nuova macchina.

Mi guardo intorno.
I miei stanno scaricando i bagagli.
Quindi siamo arrivati.
Siamo arrivati!

Non so perché, ma, stranamente, sono di ottimo umore.

Mi stiracchio un po' e scendo dalla macchina.
E rimango a bocca aperta.

I miei piedi sono appoggiati su un terreno di piastrelle di pietra marroni e grigie, che si espandono fino a formare un immenso piazzale.
Il giardino è enorme: ci sono una fontana, una piscina, un gazebo in pietra bianca e tante, tantissime piante.
La casa è a due piani, bianca e con grandi finestroni di vetro.
Da un lato è visibile un box per la macchina.
Il tutto circondato da una ringhiera scura.
E tutto questo è nostro.

In realtà io non voglio questo. Non mi interessa avere una grande villa.
Ho altre priorità...

Raggiungo mia madre e la aiuto a scaricare i bagagli.

《Ti piace?》mi chiede con il fiato corto.
Non la vedo mai affaticata, infatti rimango piuttosto stupita quando la vedo fermarsi e sedersi sul trolley che sta trasportando.
Le guardo distrattamente i capelli biondi, che si schiariscono sempre di più col tempo, e le prime leggere rughe sul suo viso. Quando ero piccola aveva l'aspetto di una ventenne, ma negli ultimi anni si notava molto di più l'età che avanzava, anche se ora, effettivamente, dimostrava più anni di quanti ne avesse in realtà.

《Sì.》le dico mentendo. Dare un dispiacere ai miei è l'ultima cosa che voglio, pertanto a volte devo mentire.

Fininiamo di scaricare i bagagli.
Mi sento a pezzi.
Non capisco perchè ci si senta stanchi alla fine di un viaggio: insomma, se non sei tu quello che guida, non dovresti essere stanco, gisuto?

Entriamo in casa.

Non ci sono parole per descrivere quel che vedo. E non starò nemmeno a dilungarmi a nel parlare di quanto quella casa sia simile a quella di Venezia. Dico solo che le mie aspettative erano più o meno queste.

Porto le mie cose nella mia presunta stanza.
È carina.
C'è anche un terrazzo con una scala che conduce in giardino.

Lascio le mie cose nella stanza ed esco: sono curiosa di vedere il giardino.

Tutto è magnifico. È il tipico giardino da fiaba e tutto il resto. Tutto troppo sdolcinato, per i miei gusti. Penso che di questo passo mi verrà il diabete...

Passo oltre. Voglio scoprire cosa c'è dietro alla "recinzione". Chiamarla così è veramente triste.

C'è del giallo.
E poi scopro che ci sono dei fiori.
Sono girasoli!
Ho sempre adorato i girasoli, sono i miei fiori preferiti da sempre: ti trasmettono una strana sensazione di gioia e tranquillità, e allo stesso tempo hanno un potere magnetico.

Mi rendo conto che i girasoli circondano letteralmente la nostra casa.
Un gioia, finalmente!

Vengo presa da un attacco di felicità (si può dire così?) e corro verso i girasoli, scavalco la ringhiera, arrampicandomici.

Cercando di non fare danni, salto dalla ringhiera e inizio a correre follemente tra i girasoli. Posso farlo, dato che non c'è nessuno.

Corro e corro, fino a quando non mi manca il respiro.
A quel punto cado a terra e inizio a ridere.
Non spesso mi capita di essere così felice e per qualche momento dimentico Venezia.

Osservo il cielo azzurro. Ci sono delle nuvole.
Immagino che cosa potrebbe esserci oltre a quell'azzurro vivo.

Sì, so benissimo come funziona il cielo, non sono una bambina. Ma preferisco fuggire nei miei sogni e nella mia immaginazione che avere la visuale offuscata dalla realtà.

Il tempo ha perso le redini. Mi sento padrona di me stessa, per una volta.

Sto bene.

Dopo un periodo imprecisato decido di rialzarmi in piedi, cercando di mantenere l'equilibrio, e mi dirigo verso casa.

Dopo un paio di metri mi blocco, sorpresa e turbata da quello che vedo.

C'è una persona.

È un ragazzo piuttosto particolare. Indossa pesanti vestiti ottocenteschi marroni ed è intento a scrivere su un taccuino.

Rimango a guardarlo per qualche istante, fino a quando non si accorge della mia presenza.

Mi guarda e io guardo lui.

Dovrebbe avere all'incirca sedici o dicassette anni.
Ha gli occhi color nocciola e i capelli del medesimo colore. I tratti del viso sono tirati e magri, ma gli donano. Non è brutto, devo dire.

Continua a guardarmi e inizio a sentirmi a disagio. Ma non ha uno sguardo cattivo; al contrario sembra molto dolce e delicato.

Faccio per allontanarmi.

Lui si alza in piedi. Non è molto alto. Con un paio di balzi arriva da me e mi prende le mani. Mi guarda con uno sguardo sognatore che non ho mai visto in un ragazzo.

Non so cosa fare.

Guardo il taccuino su cui stava scrivendo, che è caduto per terra. Stava scrivendo una poesia. Che cosa dolce.

《Hey,》gli dico 《sei un poeta?》

Non mi risponde e continua a guardarmi. Mette un tantino soggezione.

Non so se essere spaventata o affascinata. Perchè un poeta ottocentesco scrive una poesia in un campo di girasoli nel 2018?

Cosa faccio?

Niente, dato che dopo averlo pensato prende il suo taccuino e inizia a correre verso una meta a me invisibile.

E io rimango lì impalata.
Con le guance in fiamme.
E le farfalle nello stomaco.

~Francy

Il campo di girasoliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora