Prologo

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Luci forti, gente che urlava, il suono dell'ambulanza, così forte... così triste.
È questo quello che mi ricordo, del mio primo giorno di lotta contro il cancro.

Mi ritrovai distesa su un letto di ospedale, confusa e spaventata.
Era una piccola stanza, spenta e fredda..
La prima persona che vidi era il dottore, entrare da quella piccola porta in un angolo della camera.

"Hannie, finalmente ti sei svegliata, sono il dottore Alfred Patel." Mi disse.
"Piacere.. mi può dire come mai sono qui? Non ricordo più nulla, solo delle luci, e del gran caos.. cosa é successo? E dov'è mia sorella?"
"Hannie,tua sorella aspetta fuori e mi ha spiegato tutto... hai perso i sensi. Sei caduta in modo molto violento e hai sbattuto la testa, abbiamo fatto una tac, ma non risultava nulla di rotto."
"Quindi.. dovrebbe essere tutto apposto, no? Quando potrò uscire?"
"Si, dovrebbe. Però.. Hannie, abbiamo visto un'altra cosa che ci preoccupa un po'. Vorremmo tenerti qui per osservazioni, ti faremo altri controlli e se sarà tutto a posto ti dimetteremo. Sei d'accordo?"
"Si va bene ma...mi terrete informata al più presto?"
"Certamente. Ah e, un'altra cosa, visto che ti stiamo per ricoverare, dovremmo parlare con un tuo famigliare, sei ancora minorenne e non possiamo tenerti qui senza il consenso di un adulto.."
"Capisco però.. ecco vede.. mia madre è fuori per lavoro, non potrebbe comunque arrivare qui in poco tempo e non vorrei farla preoccupare inutilmente. Potreste parlare con mia sorella."
"Tua sorella è maggiorenne?"
"Beh.. ancora no, tra 2 mesi ne compirà 18.
"Non possiamo aspettare così a lungo, mi dispiace.. tuo padre non potrebbe venire?"

A sentire nominare mio padre, il cuore mi accellerò, fui diventata quasi bianca, e nei miei occhi non trasparve più ansia e preoccupazione, ma i miei occhi furono pieni ti terrore e di malinconia.
"Hannie..." riuscì a dire il Dottor Alfred, a voce tanto bassa da sentirla a mala pena e con un tono di voce preoccupato. Si sedette accanto a me rimanendo in silenzio, aspettando che mi riprendessi da quello shock.

Con il passare dei giorni, e grazie a tutti i controlli, scoprì che quella piccola macchia che intravidero nella tac, non era semplicemente un qualcosa di innoquo e temporaneo, era un tumore. Era un mostro che si stava espandendo dentro di me, dentro il mio corpo. Ed io ero lì, distesa in quel letto, senza più forze per rialzarmi e per andare avanti, ma nonostante ciò... promisi a me stessa che non mi sarei mai arresa, che non avrei mai smesso di lottare, qualunque cosa sarebbe successa.

Combatto da una vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora