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Alice aspettava l'arrivo di Stefano seduta a tavola. Aveva apparecchiato tutto alla perfezione. Prima si era seduta al posto di Stefano, per conoscere quella che sarebbe stata la sua prospettiva durante la cena; di fronte aveva una sedia vuota, la sua, e si era immaginata come lui avrebbe potuta vederla. Non aveva idea del perché le importasse tanto, ma le importava. Chissà cosa ne penserà del tovagliolo messo così, o se ci farà caso. Il bicchiere forse è troppo a destra, e le posate troppo qualcosa. Troppo. Non starò esagerando? Il campanello suonò, e Alice smise di pensarci. "Bimba" la salutò Stefano, con un bacio sulla fronte, come la salutava sempre. "Spero tu abbia fame!" aveva detto lei mentre lo accompagnava in cucina. Stefano rimase ammaliato dalla perfezione, non tanto del tavolo, quanto di Alice. Si erano seduti, adesso. Mentre mangiavano quello che Alice aveva preparato, lei gli raccontò dell'incontro con Cassandra quella mattina al negozio. "Io ci sono stato, è un castello bellissimo" aveva risposto lui. "Era stato arredato dalla regina in persona, si dice che avesse una specie di horror vacui¹ per la sua dimora. Era stato arredato così tanto da non permettere di vedere neanche un centimetro delle pareti. Ogni volta che qualche povera fantesca si azzardava a spostare un solo oggetto per pulire, la regina si infuriava e le ordinava di andare via dal castello nell'immediato. Solo una stanza del castello era vuota; la camera della principessa. Era immensa, ma c'era, al centro di una parete, solo un vecchio specchio grande. Neppure il letto, ne una finestra" "ma che dici!" aveva fatto finta di non crederci Alice "e dove dormiva?" "vicino allo specchio, a terra. Ci teneva così tanto alla sua bellezza d'aver buttato via qualunque cosa potesse riflettere, oltre lei, lo specchio. Era povera, la principessa, non aveva che la sua immagine, e il suo specchio per accertarsi che quella le appartenesse ancora" "come fai a sapere tutto questo?" le aveva chiesto ormai incuriosita Alice. "Dietro lo specchio della principessa ho trovato una lettera, era del re. Aveva scritto di sua moglie e di sua figlia, e aveva concluso dichiarando che tra le mani, chi stava leggendo, aveva quello che di più prezioso possedeva; non erano i suoi beni, il suo castello o la sua corona, ma le memorie dell'amore più puro e forte che aveva mai provato" "perché allora se era la sua cosa più preziosa l'aveva nascosta nella stanza più povera, e non nel resto del castello dove sarebbe stato più difficile trovarlo tra tutti gli oggetti della regina?" Stefano ci pensò. "Perché lo specchio è apparenza, è solo un riflesso, dietro un'immagine c'è sempre qualcosa, io ho trovato una storia." Di nuovo, gli occhi di Alice non si erano illuminati come lui sperava. Non ci crede, si era detto. Allora si voltò dove adagiata stava la sua giacca, aveva estratto dalla tasca interna una lettera e gliel'aveva data. C'erano le parole di Stefano scritte dal re, Alice le leggeva come se fossero cosa sua ormai, le conosceva. Si era lasciata immergere dall'incanto che quel momento sprigionava, come ogni momento passato con lui, d'altronde. E le solite domande che Alice si poneva dopo aver ascoltato le storie di Stefano, quelle che cercavano una logica, una dimensione, una realtà, si annullavano ogni volta che lui passava dalle sue mani a quelle di Alice la polvere di una stella o le parole di un re che probabilmente non era mai esistito. La razionalità cessava di esistere e con questa morivano l'impossibile e i limiti. Dove i sogni vivono, dove esiste la magia, non c'è posto per le domande. Alice aveva pensato che avrebbe voluto catturare quell'istante più di quanto avesse voluto catturare il big bang, perché quest'ultimo, apparteneva a tutti, mentre loro due non potevano che appartenere a loro e soltanto a loro. Aveva lasciato Stefano a tavola, si era alzata senza dire una parola ed era corsa nella sua camera a prendere la macchinetta fotografica. Al suo ritorno Stefano le aveva chiesto cosa stesse combinando, Alice lo aveva stretto in un abbraccio e aveva scattato. "Ti regalo anche io un po' di magia" aveva risposto. La polaroid sputò fuori una lingua bianca e Alice la sventolò qualche attimo per far emergere l'immagine. "Ecco" aveva detto poi "siamo noi." E non aveva aggiunto nient'altro. Stefano guardava la fotografia, e per un secondo gli parve di sentirsi stringere lo stomaco da una morsa. L'idea di loro due insieme, in eterno, seppur solo in quell'attimo, gli piaceva. Non avrebbe voluto separarsene mai, ma tre mesi con lei passavano sempre troppo in fretta, adesso, però, si erano catturati in quell'attimo, che non sarebbe finito mai.

Horror vacui¹: è una locuzione latina che vuol dire terrore del vuoto.

Quando sogna un bambinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora