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Giugno 1997.
Il caldo era tornato pungente come quello nell'estate di undici anni fa, quando Alice e Stefano si erano visti per l'ultima volta.
Quel Settembre era arrivato, puntuale, e Stefano era partito di nuovo per Londra.
Si erano sentiti per un po' al telefono, durante l'autunno, lei ascoltava le sue storie ma iniziava a crederci sempre di meno. Stefano non aveva modo di provarle la realtà dei suoi sogni mettendole un pezzo di questi tra le mani, come faceva quando i suoi occhi non si illuminavano, e Alice stava crescendo. È giusto, si era detta lei allora, tutti crescono. A Roma aveva conosciuto un ragazzo e aveva preso a frequentare un giro di amiche che non avevano tempo per i sogni. Questa è la vera realtà. Il mondo è questo, e non altrove, si era convinta. Qualche giovedì avevano iniziato a non chiamarsi, ne saltavano uno, e si sentivano quello dopo. Si stavano allontanando ancora di più, sempre di più. Quando Alice aveva tempo per sentirlo, era lei a raccontargli della vita che aveva iniziato a condurre e lui ascoltava, incredulo, come lo ascoltava Alice di solito. Quello che gli raccontava non era privo di dettagli, ma non erano gli stessi dettagli che lui avrebbe notato. Solo nomi; Carlo, Noemi, Elisabetta, Giulia e numeri; Carlo 21 anni, Noemi ed Elisabetta 19, Giulia 18. La monotonia dei racconti di Alice, quelli da grande, li avevano separati. Non c'era più posto per Stefano dove non c'era posto per la magia. Dopo qualche mese non si erano sentiti più, senza addio, senza una vera e propria fine, erano rimasti in sospeso. "Allora ci sentiamo giovedì prossimo" e nessuno dei due il giovedì seguente aveva chiamato l'altro, e neanche il giovedì dopo o quello dopo ancora. Stefano non era più tornato in estate, sentiva di averla persa ormai.

Alice si era sposata con Carlo, quattro anni dopo, e avevano avuto una bambina, Luana. Era bellissima, aveva i capelli mori, boccolosi, e gli occhi grandi e dolci, come quelli di Alice. Alla sera, quando era ora di dormire per Luana, lei le raccontava le storie di Stefano. In uno di quei momenti Alice si era ricordata di aver custodito la lettera del re. La prese dal suo vecchio quaderno che teneva con cura nel suo cassetto e gliela lesse. Era pronta a giurare che riflesso negli occhi della figlia aveva visto il castello. Era ormai in viaggio, partita, catturata, lo stava visitando e osservando con attenzione. Ci credeva a tal punto da esserci entrata dentro. Alice sarebbe voluta partire con Luana, ma solo Stefano aveva saputo prenderla per mano e portarcela.

Adesso Alice aveva finito di preparare la cena, che mai era stata in grado di preparare come aveva fatto quella sera per Stefano. Quel giovedì l'orologio stava segnando le otto in punto quando si era voltata per controllare. In quell'esatto momento quello di Stefano stava segnando le sette, ed entrambi, con un gesto spontaneo si erano sistemati vicino al telefono, dopo anni, ad aspettare che squillasse. 
"Aspetti una telefonata?" aveva chiesto Carlo ad Alice entrando nella stanza. "No", nel suo tono chiunque avrebbe potuto riconoscere la rassegnazione e la malinconia, chiunque ma non Carlo. Alice allora si era alzata, aveva finito di apparecchiare, e si era seduta a tavola, di fronte a suo marito. Le era venuto in mente il giorno del suo matrimonio. Con il suo abito bianco guardava la stella più luminosa del cielo, alla fine del ricevimento. "Ciao Vega!" aveva pensato. Ma era stata costretta a distogliere lo sguardo dopo che la voce di un invitato l'aveva salutata e le aveva rinnovato gli auguri per la sua nuova vita, nel bel mezzo del pensiero di quella vecchia. Adesso che era cresciuta davvero, che era una donna, con le sue responsabilità, sarebbe voluta tornare bambina e si era maledetta per essersi allontanata da Stefano con l'intento di crescere.
"Luana mi ha raccontato un'altra delle sue bugie" aveva interrotto i suoi pensieri Carlo, "devi smetterla di raccontarle quelle stupide storie inventate prima di farla addormentare" aveva ripreso tra un boccone e l'altro. Alice non aveva risposto.
"Pensa che mi ha raccontato di una fabbrica di colori, a Londra, che qualche anno fa esplodendo aveva colorato le nuvole del cielo" aveva insistito Carlo. "Allora dev'essere andata così" si era decisa a degnarlo di una risposta Alice, e non aveva osato aggiungere che quella storia gliel'aveva raccontata lei. "Ma che cosa dici! Non è possibile, te ne rendi conto? Non puoi alimentare e credere alle fantasie di una bambina, Alice" "Quando un bambino sogna, e ti concede il suo sogno, tu non puoi fare altro che crederci. Quando un bambino sogna e ti racconta di aver assistito a una lotta tra draghi, quando un mostro si nasconde sotto il suo letto, quando giura che i suoi piedi si sono staccati da terra e ha preso a volare..." poi aveva fatto una pausa, un nodo le si era stretto in gola, gli occhi le erano diventati lucidi; "quando ti racconta di aver vissuto su una stella, tu non puoi fare altro che crederci. Perché da un momento all'altro potrebbe farti cadere tra le mani la polvere di quella stella, e tu ti sentiresti piccolo come un adulto."

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 18, 2017 ⏰

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