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Scusate gli eventuali errori.

autonomia :

au·to·no·mì·a/

sostantivo femminile

2.

In filosofia: autonomia etica, il potere dello spirito di dare a sé stesso la propria legge.

Quando ero piccola avevo un pupazzo, Tiger, che mi trascinavo dietro dappertutto.
Era il mio migliore amico. Lo facevo sedere sul tavolo per dargli da mangiare, mi preoccupavo di lui per quando pensavo che dovesse andare in bagno, gli cucivo dei vestiti su misura, facevo di tutto per lui.
Le notti più buie lo stringevo forti a me e lo rassicuravo dicendogli che andava tutto bene, e dirlo a lui era come se qualcun'altro lo stesse dicendo a me.

All'età di 7 anni feci amicizia con alcuni bimbi delle elementari, e iniziai a trascurare Tiger. Quando mia mamma lo buttò via, all'inizio non me ne accorsi, ma poi sentii la sua mancanza, avevo bisogno di lui.

È come per questa parola, l'autonomia.
L'ho persa.

Ero una bimba normale, come tante, a cui piaceva giocare con le Barbie o andare ai giardinetti.

Facevo amicizia normalmente, senza legare troppo con nessuno in particolare.
Poi sono arrivate le medie, le prime confusioni, i carichi un po' più pesanti di compiti e lui.

Non la chiamavo neanche cotta, all'inizio.
Vedevo solo il gruppetto dei ragazzi che stava da una parte, con Micheal Clifford che aveva ancora i capelli del suo colore naturale, Luke Hemmings che sapeva il programma di storia di tutti i tre anni, e poi c'era lui, nel suo angolino.

Era diverso, e questo mi incuriosiva.
Il giorno in cui decisi di parlare ad Ashton ero stranamente emozionata, sentivo che avrei potuto fare qualcosa per lui.
Era bello.
Sarei stata davvero utile a qualcuno.

- Va tutto bene?- gli chiesi con la voce tentennante.
Lui alzò lo sguardo e mi guardò.
Ora, ci sono innumerevoli modi di guardare una persona. Lo sguardo di Irwin in quel giorno mi fece sentire una completa stupida.
Era ovvio che non andava tutto bene, sennò perché un attraente undicenne vestito di nero sarebbe stato là a fare la faccia da persona matura e vissuta mentre quelli che sarebbero dovuti essere i suoi amichetti facevano le gare a lanciarsi le pigne?

Riformulai in un modo che mi sembrava migliore.
-Cosa c'è che non va?-
E mi sedetti accanto a lui.
Il piccolo riccio mi guardò stupito, sfoderando la sua miglior faccia da "qualcunomihacalcolatoeioglielostopermettendomadevofarfintachenonmiimportiperchèdevostarconcentratosulmiodolore".
-Ashton?Sai che è stupido e anche maleducato ignorare chi ti sta parlando?-
Provai con una carta rischiosissima.
-Soprattutto se è una ragazza fantastica come me, in quel caso apriti cielo!-
Farlo ridere.
Sorrise appena.
-Dai Ash, sono seria, che ti succede?-

Sospirò a lungo.
Le sue crisi non nascevano mai come tali, come avrei imparato conoscendolo,ma partivano con un semplice sfogo, che poi cresceva e diventava...beh, vi assicuro che vedere una persona in quello stato non è piacevole.

Il fatto è che si teneva tutto dentro non parlando con nessuno e quando esprimeva le sue emozioni, esplodeva.

Era come una bomba a orologeria, molto difficile da disinnescare.

- Mia madre dice che devo farmi degli amici. Vuoi essere mia amica? Immagino di no. Nessuno vuole essere mio amico. Sono troppo stupido per loro,no? Anche se a me sembra che sono loro quelli che si lanciano pigne, qua. Qual'è la parola che hanno usato? Infantile. Solo perché non mi interessa Miranda e le altre ragazze. Ma non hanno capito, non solo non mi frega delle ragazze, ma di nessun essere qua dentro. " Nessuno al di fuori della mia stretta cerchia affettiva ", ha detto il dottore. Io odio andare dal dottore,penso sempre che voglia farmi le iniezioni. A me non piacciono gli aghi, proprio per nulla. Ma a chi di sano di mente piacciono? Io certe volte gli altri non li capisco. Anzi, togli pure il "certe volte". Loro mi dicono che sono gay.
Anche 5 volte in due ore, le ho contate. Ma io non li ascolto, mai mai mai mai. Tu stai ascoltando me adesso? Mi stai ascoltando? Stai facendo solo finta che ti interessi, anche mamma lo fa sempre. Risponde "sì, tesoro" se le chiedo cosa c'è per cena! Da grande voglio fare un lavoro. Sai quale? L'aspirante suicida. Non è vero, calma. Ma mamma dice che devo farmi degli amici. Secondo me non ho bisogno di amici. Poi se mi affeziono e litighiamo? Io li ho già li amici. Lontano da qua. Io non so stare con gli altri, non avrei amici. Parlare così per la gente è peggio di non parlare.-

Si teneva la testa fra le ginocchia e dondolava, parlando guardando fisso davanti a sé.

- Io voglio essere tua amica. Per me va bene così. - dissi.

Ammetto che avevo capito ben poco del suo discorso, sussurrato fra i singhiozzi. Ma avevo capito che dovevo ascoltarlo ancora.

Lui si voltò per la prima volta dopo quel discorso verso di me. Gli occhi grandi, verdi, mi squadravano.

-Davvero?-
-Ti sembro una tipa che scherza?-
-Devo dirlo a mamma.-

Ora, Ashton sembrava solo un bambino con problemi di relazione. Ma quando lo conoscevi bene, capivi che i suoi veri guai erano mostri ben più grandi.
Per lui tutto era dato da qualcosa, e da ogni suo problema serio scaturivano altre mille incertezze e paure.

Mi svegliavo la mattina e il mio primo pensiero era lui.
Ma credetemi, non era affatto una cosa romantica.
- Come starà oggi? Sarà scontroso, arrabbiato o triste? Tirerà pugni al muro o urlerà?-
In queste possibilità non c'era mai quella di un Ash contento, per quanto io lo volessi.
Ed eccomi trasformata nel suo fantasma, anzi, amico immaginario.
In una relazione a due c'è lo scambio di pensieri, sogni, ma anche di cose brutte.
Nella nostra c'era solo lui e il mostro che lo divorava.
Io servivo solo per ascoltarlo.

Era dura, e mentre il ragazzo arrivava lentamente a fidarsi di me, io venivo risucchiata da lui. Era una specie di dipendenza dall'obiettivo di farlo stare meglio.

Pian piano, capì che se io non lo avevo ferito, forse anche qualcun'altro poteva diventare suo amico.
Ashton oggi, al liceo, è più normale, sempre con i suoi problemi, ma più tranquillo.

Dopo crisi immense, pianti isterici, accuse contro chi era innocente, Ashton sta di nuovo più o meno bene.
Sa che può sempre contare più di me e ha quell'amico dagli occhi nocciola.

Comunque, dopo Ashton mi ero accorta che non stavo bene. Dovevo avere un pensiero fisso, qualcuno a cui donare il mio aiuto per vederlo realizzarsi nei suoi sogni e uscire dai suoi incubi. Quindi iniziai pian piano ad aiutare tanta gente. Arrivarono altri amori, altri sbagli, anche soddisfazioni. Arrivò il più grande errore della mia vita.
Non dite mai una bugia per far stare meglio qualcuno.

Fino ad oggi. Ho offerto il mio aiuto a Sarah, lei si è rifiutata, ho sbottato. Sono esplosa proprio come faceva Ash.

Cosa ho fatto? Cosa ho fatto? Ho cercato di riacquistare la mia autonomia, di stare bene da sola.

Che completa stupida.

Devo chiamare Sarah, Miranda e sistemare tutto.
Devo riprendere in mano il controllo delle bugie, non ci sto più pensando.
Devo aiutare gli altri.
Devo.
Posso.
E soprattutto, voglio.

Spazio me.
S C U S A T E.
SCUSATE.
Se ho aggiornato in ritardo, è stato un periodo molto senso per me.
Al contempo mi sono venute un sacco di idee. Questo è un capitolo di passaggio, cioè mostra un po' i pensieri di Dahlia, i suoi ricordi con Ashton e il perché per lei è così importante aiutare gli altri e concentrarsi poco su sé stessa.
Spero vi sia piaciuto.
In questo periodo dovrei riuscire ad aggiornare più spesso, era da un sacco che provavo a scrivere questo capitolo ma non ho avuto tempo.

Emi xx

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 18, 2017 ⏰

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