III - Select Game

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Aveva fatto fatica a dormire. Dopo quelle parole aveva spento la console e si era messo a letto, non perché lo avessero colpito particolarmente (anche se ci erano riuscite veramente), ma perché si era fatto tardi, e voleva chiudere quel gioco prima che iniziasse veramente, cosa che altrimenti lo avrebbe tenuto sveglio tutta la notte.
Cosa che poi, comunque, era successa d'avvero. Le parole stampate sullo schermo continuavano a brillarli davanti agli occhi: 'tu pensi che questo sia un gioco, vero?', 'un contratto col demonio'. Erano frasi cliché, se ne rendeva conto, ma per qualche motivo lo avevano inquietato. Ora capiva perché quel gioco non era diventato famoso: al gameboy ci giocano i bambini, e questo si prospettava troppo inquietante per un ragazzino.
Mentre andava in bagno, per i soliti riti mattutini, con la mano, istintivamente, sfiorò la plastica della piccola console.
 
Poco ci mancò che, durante la lezione di antropologia filosofica, si addormentasse davanti al professore, mentre questi spiegava l'anima aristotelica. Passò tutte le ore della mattina a combattere contro quel torpore che iniziava dalle palpebre per poi calare, improvvisamente e a scatti, su tutto il corpo.
Tornò a casa distrutto, gettò lo zaino in un angolo, afferrò il piatto dal tavolo e si buttò sul divano, rischiando di rovesciare tutto. I suoi erano fuori e lo avrebbero lasciato solo per tutto il week-end, e lui, da bravo adolescente, aveva tutte le intenzioni di approfittarne: guardò le due puntate della sua serie televisiva preferita e poi, attaccata una pen-drive al televisore, passò ad altri video di ben altro genere.
Finito di espletare queste funzioni basilari, e dopo essersi fatto una doccia per ripulirsi, Matteo prese il gameboy dal comodino senza neanche rivestirsi, accendendolo per continuare lo strano gioco che aveva iniziato. Invece di apparire la casa stregata gli si mostrò la schermata nera dell'help.
NON DEVI CHIUDERE IL GIOCO MENTRE TI STO PARLANDO.
Matteo sorrise per la trovata degli sviluppatori, e ripose in maniera simpatica.
PERCHE'? TANTO NON ANDAVI DA NESSUNA PARTE, NO?
Pochi secondi e arrivò la risposta:
QUESTO NON E' UN GIOCO, COGLIONE, MA TU NON LO HAI ANCORA CAPITO!
Matteo si mosse a disagio sul letto, e compose una frase col dito che tremava. Era una stupidaggine, ne era consapevole, ma la cosa lo inquietava troppo. Forse stava facendo la figura del cagasotto, ma con chi? Tanto non c'era nessuno a guardarlo, no? E poi che male c'era ad essere sicuro? Non costava niente confermare che tutta quella pazzia era solo frutto della sua immaginazione, stimolata da un gioco leggermente più inquietante del solito. Finì di scrivere quella singola parola e la inviò trattenendo il fiato:
DIMOSTRALO.
La risposta arrivò immediata:
FA FREDDINO LI' O E' COSI' PICCOLO DI SUO?

Estratto del prossimo capitolo:
"Uno strano presentimento gli strinse lo stomaco, mentre si portava il telefono, che riceveva una chiamata dal cellulare di Franco, all'orecchio"

Non si gioca col DemonioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora