VI - Awareness

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La sua missione era quella di tormentare un uomo fino a spingerlo al suicidio, come era capitato a Franco, il che significava che non era l'unico a giocare a quel gioco demoniaco, e che quindi la sua non era l'unica cartuccia al mondo. Il personaggio del gioco, che ora poteva uscire dalla casa, aveva dei poteri speciali, oltre al fatto che pareva invisibile per tutti gli altri personaggi del gioco. I poteri erano quello di abbassare o alzare la temperatura di un luogo, di poter alterare le percezioni sensoriali di una persona e quello di poter leggere il pensiero degli altri.
Raggiunse la casa dell'uomo che gli era stato affidato e scoprì che si trattava di un ragazzo della sua età, se non più giovane (la grafica di un gameboy rende difficile capire l'età dei personaggi), che si trovava al computer in camera sua, e a giudicare dal movimento del personaggio, stava facendo qualcosa di poco elegante da descrivere.
Le parole della madre, evidentemente da un'altra stanza, apparvero sullo schermo intimandogli di andare a letto, e il ragazzo, dopo aver espletato il suo compito e ripulito con l'uso di un fazzoletto, obbedì prontamente. Matteo fece avvicinare il personaggio al letto, quindi iniziò a darsi da fare, da prima spostando semplici e piccoli oggetti poi, quando la madre, dall'altra stanza, annunciò che doveva uscire un momento, iniziò a spostare oggetti più grandi, a far rumore, a parlare a voce alta senza essere visto.
Il giovane reagì perfettamente, iniziò a strillare per ogni movimento, bagnò il letto e iniziò a chiedere pietà a qualsiasi spirito avesse offeso. Matteo iniziava quasi a divertirsi, fino a quando il giovane, racchiuso in posizione fetale sul letto da lui stesso sporcato, iniziò a chiamare la madre. Questa reazione bloccò, improvvisamente, Matteo, che smise di muovere oggetti e cose del genere.
Era successo così anche a Franco? Anche lui aveva bagnato il letto, o si era messo a chiamare la mamma (Caterina a pecorina)? Aveva anche lui strillato come una ragazzina? Aveva anche lui abbandonato ogni speranza, credendo di essere impazzito?
SE TI FERMI ADESSO DOVRO' PUNIRTI.
Matteo lo sapeva, ma non poteva continuare. Se lo avesse fatto, avrebbe ucciso Franco due volte.
SEI SICURO DI VOLER FARE UNA COSA DEL GENERE?
No. Non ne era sicuro, ma non aveva scelta, questo lo sapeva con certezza.
ABBANDONO LA MISSIONE,
 
Non scoppiò nessun dolore, non si contorse a terra chiedendo perdono, né perse conoscenza o vattelappesca. Il suo personaggio tornò automaticamente nella casa stregata, mentre un messaggio apparve sullo schermo.
GIOCO SALVATO, ORA PUOI SPEGNERE LA CONSOLE.
Matteo obbedì, spegnendo il gioco. Era ora di andare a dormire, quindi si rialzò per andarsi a cambiare. Si bloccò di botto, però, nel momento stesso in cui si alzò in piedi. Sul divano, proprio davanti a lui, c'era seduto un uomo.
Era totalmente vestito di nero, in maniera elegante, in netto contrasto con la pelle bianca del viso (le mani erano coperte da spessi guanti), ma nel complesso non dava un effetto fastidioso ma anzi, sembrava dargli un aspetto quasi affascinante, un po' retrò, forse, ma a suo modo bello.
«Chi sei?».
L'uomo, con le gambe accavallate e le braccia sulla spalliera del divano, sorrise maligno «Prova ad indovinare».
Era ovvio chi fosse, e così Matteo gli si gettò addosso urlando, senza pensarci, ma all'uomo bastò alzare un braccio contro di lui, perché le gambe gli cedettero e lui finisse a terra, con la faccia a pochi centimetri dalle suole nere e perfettamente lucidate del demone.
«Buono, ragazzo. Cerchiamo di tenere a freno quel tuo caratterino, va bene?».
La ferita alla schiena, in quella posizione, iniziò a bruciare leggermente.
«Che cazzo ci fai tu a casa mia!» non riusciva a trattenere la rabbia.
La suola della scarpa gli si posò sulla guancia «Tu mi ci hai portato, mi hai scelto da quella scatola impolverata» Iniziò a premere leggermente, provocandogli un forte dolore alla mascella «ecco la tua punizione: consapevolezza. La consapevolezza che solo chi è legato al male e chi odia la sua vita prova il desiderio di possedermi. Tu odi la tua vita, anche se non te ne rendi conto consciamente, tu non sopporti i tuoi genitori, i tuoi amici, la tua Università... Tu sei malvagio...».
A Matteo bruciavano gli occhi più che la ferita, più che la mascella che cominciava a scricchiolare, ma il demone continuò «Tu hai fatto fuori il tuo amico, ma soprattutto tu hai voluto che morisse. Tu lo odiavi, sotto la maschera dell'amicizia, perché era più bravo di te in tutto. Lo odiavi perché si era già realizzato e perché era felice, perché aveva un padre che lo appoggiava, perché aveva una cerchia di amici migliore della tua, perché aveva i soldi. Tu odiavi il tuo migliore amico, e io ti ho aiutato a farlo fuori».
«Non è vero» Biascicò Matteo, soffocando il dolore che la mascella gli inviava ad ogni parola.
Il demone rise forte «Io sono un demone. Posso nascondere la verità, rivelarne solo una parte, ma non cambiarla, perché non mi appartiene».
Dopo un'altra risata di cuore, il demone sparì, lasciandosi alle spalle un fastidiosissimo odore di zolfo bruciato.

Estratto del prossimo capitolo:
"Poteva farcela. Avrebbe dovuto camminare sopra a molte persone, probabilmente, ma non poteva farci niente."

Non si gioca col DemonioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora