r u l e s.

4.2K 310 137
                                    

─────────

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

─────────

Il mattino seguente mi svegliai col piede decisamente sbagliato. La mia voglia di vivere era dieci metri sotto terra, e questo non giovava affatto sul colloquio di lavoro che da lì a poco avrei dovuto svolgere. In realtà, nonostante la mia insignificante irritazione mattutina, ero ansioso e agitato per l'approvazione ─ o rifiuto ─ dell'azienda. Alla fine non dovevo compiere chissà quale importante mansione, ma mi ero informato per bene su internet, e venni a conoscenza di molte cose.

Per primo: il capo d'azienda era veramente severo, se si trattava del proprio mestiere. Quindi, le probabilità di sbagliare erano riduttive. Funzionava come un gioco. 3 vite. L'ultima, e sei fuori.

Punto secondo: essere diligenti nei propri affari. Potevi anche essere incaricato come stura cessi, ma dovevi farlo come si deve. Niente lamenti, niente scuse per non continuarlo. "Fallo e basta". Anche in procinto di morire.

Punto tre: non osare mai avere relazioni con un dipendente, maschio o femmina che sia, anche trans; tu non avevi il permesso di avere il minimo contatto con nessuno.

E per concludere, la più importante e scialba di tutte: rispettare il tuo capo, e vice-capo, ti ordinassero di leccargli la punta delle scarpe.. obbedire e rispettare. Oh, e niente conflitti con gli impiegati; ognuno i cazzi suoi, praticamente.

Beh.. dove ti trovavi? Dalla regina Elisabetta? Che diamine, tutte quelle regole erano decisamente assurde e puntigliose, per essere praticamente in una misera azienda. Chiaramente, se sei una ditta clamorosa, potevi permettertelo. Ma diciamocelo, è oltre i limiti umani!

Benché trovai pazzesche le norme rigorosamente nate per essere attuate, mi imposi di adeguarmici e fare finta di nulla. Se bastava non trasgredire nessuno dei punti messi in questione, non c'era nulla da temere. L'impegno era dovuto nel lavoro, quindi il capo era soltanto professionale in ciò che faceva. Niente di strano o eclatante, se guardavi infondo.

Oltre questo non trovai nulla, se non che il dettato ai file vari, era un posto raro da ricevere. Avevi la fortuna di lavorare part-time e in più, di venire pagato con uno stipendio assai benevole. Ecco perché ero così nervoso; tutto dipendeva dall'accettazione e dal colloquio. Se venivo approvato, potevo godermi tranquillamente la mia vita, senza ulteriori indugi o traffici imminenti da ostacoli non graditi.

Jimin sarebbe dovuto presentarsi da lì a poco, per consigliarmi l'outfit che avrei successivamente indossato. Nel campo della moda se la cavava abbastanza bene, perché per me, potevo tranquillamente mettermi una tuta e uscire. Quindi, mentre lo aspettavo, decisi di darmi una lavata e curarmi del mio aspetto trasandato e languido. Poi, di riempire il mio stomaco brontolante.

Quando finii di fare tutto ciò che avevo in programma, il campanello di casa suonò, e intuii che fosse Jimin. Appena aprì la porta, mi accolse un sorriso da un orecchio all'altro, che mi fece venire il voltastomaco, seppur fosse davvero carino e grazioso.

"Ciao, Jungkook-ah!" esclamò, con la sua voce squillante. Con un gesto secco mi spostò, e si addentrò dentro camera mia come se ne avesse il consenso liberatorio.

Lo seguii scocciato, e lo vidi subito in azione. La testa immersa nell'armadio, mentre una pila di vestiti veniva lanciata dietro di lui, provocando un casino discutibile.

"Jimin, stai creando il putiferio in questa stanza!" grugnai infastidito, azzuffando un maglione invernale che mi era stato gentilmente lanciato in testa.

Lui mi intimò di stare zitto, e minuti dopo uscii dalla cabina armadio con un completo somigliante a quello matrimoniale, per poi porgermelo.

"Okay, mettiti questi e poi mostrami come ti stanno. Intanto preparo il beauty case per il make up." e con ultime parole, si dileguò.

Sospirai, tenendomi stretto l'impulso di continuare la mia dormita e ignorare il lavoro, i soldi, o le tante cose che aspettavano di essere pagate, iniziando quindi a vestirmi. Era un pò difficile cercare di sistemare la camicia dentro i pantaloni, o la cravatta ora attorcigiata tra le mie dita, perciò rinunciai e chiesi aiuto a Jimin.

"Uhm, mi daresti una mano con questa? Mi sta strangolando." boffonchiai, avvicinandomi.

Allentò la presa e mi sentii decisamente meglio, poi fece il possibile per slogare i molteplici nodi che avevo creato chissà come, e con l'abbigliamento fui definitivamente pronto.

"Oddio, sembri un uomo d'affari. Sei sexy, Jungkook." ridacchiò, dedicandomi un occhiolino scherzoso.

Lo fulminai con lo sguardo. "Lo dico a Yoongi." risposi, serio.

"Okay, fai cagare e sei bruttissimo, era solo una menzogna per farti sentire meglio."

Io boccheggiai offeso, alzando le sopracciglia all'insù. "davvero?!"

Rise, scuotendo la testa. "può darsi."

M'imbronciai, alzando gli occhi il cielo. Che persona orribile.

Intanto lui prese a tamponarmi il viso con qualche prodotto a me sconosciuto, e iniziò a darmi vitalità con della leggera matita e un tocco di lucidalabbra, quasi inesistente, solo per risaltare le labbra. Appena concluse, mi spinse verso il primo specchio che trovò, costringendomi a guardare la mia figura.

"Che cazzo─", sbalordito, mi ammirai maggiormente allo specchio. "Ugh, sono davvero sexy, hai ragione." risposi alla sua precedente affermazione, complimentandomi con me stesso.

Lo vidi sbuffare, incrociando le braccia al petto. "Tutto merito di questo bellissimo mochi."

Per ringraziarlo, gli scoccai un bacio sulla fronte e, guardando l'orario, mi resi conto che mancava pochissimo. Perciò, sotto le vigili raccomandazioni del maggiore, uscii di casa e mi diressi verso il famoso edificio. Ci andai semplicemente a piedi, poiché non distava molto, e infatti, dopo neanche 8 minuti, arrivai a destinazione.

L'imponente impresa mi si presentava dinanzi, ritta e imponente. Era davvero alta, fin troppo per i miei standard, e sperai che ci fosse un ascensore a portarmi lassù ogni volta che avrei dovuto svolgere qualcosa.

Sicuramente c'è, idiota.

Chiusi gli occhi e presi un profondo respiro, augurandomi tutta la fortuna presente in questo momento. Pregai addirittura! Quindi sperai veramente in un cenno positivo. Appena acquisii coraggio, spinsi le grande vetrate che si prospettavano come l'entrata principale, e grazie alle indicazioni della receptionist, mi ritrovai davanti ad una porta laccata di un bianco panna.

Annuii deciso, prendendo un altro grosso respiro, e bussai cauto.

"Okay, resisti. Ce la puoi fare."

──────────────────

no invece, farai schifo come sempre ok. ;)

❝ Saudade ❞  ━ SEQUEL VKOOK. [HIATUS]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora