3. Un accordo equo

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Come previsto, arrivarono ad Artas nel primo pomeriggio. Artas era un'isola piuttosto piccola, i cui fianchi salivano ripidi a formare un'alta montagna, la vegetazione era ricca con grandi alberi che si sporgevano sul mare, e il sottobosco era fitto e, per la maggior parte, impraticabile a causa dei rovi che lo popolavano. Il porto, se porto lo si poteva chiamare, era costituito di due moli di legno, situati in una piccola calanca sul lato orientale. Alcuni uomini erano seduti sulla banchina in attesa dell'arrivo della goletta, e, non appena questa ormeggiò, salirono a bordo e cominciarono a scaricare le grosse casse contenute nella stiva.

Daya fu la prima a scendere, seguita dagli altri. Hampus non aspettò di poter usare la passerella, ma saltò direttamente giù attraverso la balaustra. Appena posati i piedi a terra, si raddrizzò allargando le braccia, sembrava ancora più alto del solito, come se solo il toccare i suolo gli avesse ridato vigore.

«Finalmente!»

Aveva un largo sorriso soddisfatto, gli occhi blu avevano perso le piccole occhiaie che li segnavano e adesso brillavano eccitati.

«Allora, felice?» disse Alistar passando al suo fianco.

«Ci puoi scommettere, fratellino!» esclamò, poi lo prese sotto braccio, e gli arruffò i capelli con forza, incurante delle proteste del fratello, Lena e Krista risero di gusto, e anche lei sorrise.

«Allora, dove andiamo?» chiese Hampus, quando ebbe finito di tormentare Alistar, girandosi verso di lei.

«Adesso saliamo» rispose lei semplicemente indicando una stretta scalinata di pietra che in fondo al molo scompariva nella boscaglia.

La salita era impervia, ma tutti tenevano un'andatura abbastanza sostenuta. La vegetazione era compatta, tanto da impedire al sole di attraversarla, e l'aria era umida e calda. Salirono gli scalini dissestati per un lungo momento, finché si fermarono in un piccolo spiazzo per riprendere fiato. Lì la foresta si diradava leggermente, permettendo di ammirare il panorama, che era realmente mozzafiato. La giornata era magnifica, il mare luccicava sotto il sole splendente e, aguzzando lo sguardo, era possibile intravedere la figura sfuocata di altre isole all'orizzonte.

«Allora, prima di continuare, è meglio se vi faccio un quadro dettagliato della situazione» disse Daya rimettendo la sua borraccia nella sacca, tutti la guardarono con attenzione e lei continuò.

«Karlat è un villaggio particolare. È vero che si è alleato con la Lega del Nord, ma mantiene sempre una certa indipendenza. È il centro nevralgico di molti traffici che non si possono fare allo scoperto, e, ovviamente, la gente del posto non è molto amichevole. Perciò, bisogna fare profilo basso, non possiamo andare in giro a fare domande a caso»

«Quindi?» chiese Krista seria.

«Ho un contatto qui, ma devo avvicinarlo con cautela. Adesso, quando arriviamo, affittiamo una stanza alla locanda dell'Asino Grigio, e voi rimanete lì, belli tranquilli, ci penserò io a trovare le informazioni che volete»

Ci fu un lungo silenzio, Daya poteva sentire una certa tensione nell'aria.

«Parliamoci chiaro, sono sicura che voi siate tutti delle persone capaci, ma qui ci vuole una certa maestria per muoversi senza attirare troppo l'attenzione, per cui sono io che dirigo le operazioni» aggiunse con aria di sfida, i quattro la guardarono un istante e poi, visto che non ci fu alcun accenno di protesta, Daya si rimise la sacca sulle spalle e riprese la salita.

Arrivarono a Karlat poco prima del calar del sole. Karlat si trovava in una pianura a metà della montagna, era un villaggio particolare, non possedeva mura o torrette di difesa come la più parte delle altre città, ma non ne aveva bisogno, l'unico modo di raggiungerla era usare la lunga e impervia scalinata che avevano appena percorso. Le case erano basse, di massimo due piani e si articolavano a raggiera intorno alla piazza principale al cui centro troneggiava una fontana di pietra. Nel villaggio regnava un certo fermento, le piccole botteghe erano ancora aperte, e la gente si affrettava a fare gli ultimi acquisti prima di sera. Visto così, poteva sembrare un villaggio come un altro, ma Daya conosceva la seconda veste, più dura e minacciosa, che Karlat assumeva durante la notte. Come deciso accompagnò i suoi compagni alla locanda, dove fu possibile affittare tre stanze, due per loro e una tutta per lei. Daya continuava a voler mantenere le distanze, e poi non amava dormire vicino a qualcuno, non si sentiva mai tranquilla.

I Guerrieri di Goran - Cuore in tempestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora