Alle porte della Primavera

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Hades non volle vederla andare via; la Primavera era ormai giunta e Persefone si preparava ad abbracciare la tanto amata madre, la quale l'attendeva con impeto.

Figlia mia adorata, sei mesi lontana dai raggi del Sole e dai tuoi amati campi in fiore.

Se quella bestia ti amasse davvero non priverebbe il tuo bel viso dell'aria fresca della Terra.L'orrore che ti ha circondata per tutto questo tempo spero non ti abbia già marcata nel cuore:il male è tale in quel luogo che ha la forza di trascinare a sé anche l'anima più candida.Che sciagura se lui già ti possedesse.

Erano trascorsi già sei mesi e Persefone aveva imparato a vivere in quel luogo tetro e nonostante il suo rimanere in bilico tra l'angoscia e la speranza di tornare a casa, ella aveva colto degli aspetti dell'Ade che nel profondo l'avevano già segnata. Uno, senza dubbio, era il suo carnefice.
Hades era talmente spietato col resto del mondo, che le premure che riservava a Persefone erano riuscite a scalfirle il cuore.
Non era un mostro, la figlia di Demetra ne era convinta.
Ma non era più tempo di porsi il dubbio: la Primavera la stava salvando da qualunque domanda ella volesse porsi.

Son certa che quando guarderò altrove vedrò questo luogo buio,

spaventoso,ove ogni parole è un tormento.Il dubbio che mi possa mancare m'assale...Oh Hades, v'è così tanto dolore in te, Dio reietto.Chi mai potrebbe vivere in un luogo così se non chi lo comprende?Vorrei comprenderlo anch'io.Cogliere ciò che possa darmi la forza di restare;ma l'Ade è così freddo e la mia pelle ha bisogno del calore del sole...La Primavera mi attendee io ho atteso lei così a lungo che m'è impossibile non gioire del nostro saluto, mio signore.

Hades rimase impassibile vedendola andare via, non volle nemmeno salutarla un'ultima volta.
Gli avrebbe fatto meno male sapere che se ne stava andando senza vedere la gioia nei suoi occhi.
L'aveva ferita così brutalmente con la sua indifferenza che era certo di essere riuscito a farsi odiare da quell'angelo... E non si odiava per questo.
La amava troppo per volerle togliere ciò che lei amava di più: la sua terra in superficie.
Per questo sì, che si odiava, Hades. Odiava sé stesso per non riuscire ad essere egoista, spietato e portare via a Persefone ciò che le rubava il cuore... Ciò che la teneva lontana da lui.

Oh, Persefone,

mia amata.Perché il tuo cuore deve essere riscaldato dal sole?Perché i tuoi pensieri devono essere rivolti all'equinozio di primavera?Perché nei tuoi occhi vi è riflesso il mare e nei miei il male?Avrei voluto avere la forza di distruggere il tuo desiderio di tornare lì, in quel luogo esposto al calore, luogo che mi è stato negato e che io ho imparato a detestare.Avrei dovuto farlo e invece no...Oh Persefone,non riesco a volere il tuo male; seppure io detesti ciò che tu consideri il bene.Potrò solo aspettarti in questi sei mesi,attendere il tuo ritorno,concedendoti di odiarmi per goderti il tuo mondo.

[...]

Così bello e pulito era il panorama che ora le appariva dinanzi agli occhi; l'aria fresca e i colori della natura che si risvegliava l'avevano già conquistata e avevano scacciato dalla sua mente la figura del suo Dio sofferente. Demetra le andava incontro con lo sguardo apprensivo e amorevole di una madre ferita, spaventata. Tale fu la sua gioia nel poter riabbracciare la figlia che gli occhi di entrambe sfogarono i dolori passati, mentre Persefone si accasciava in ginocchio sul verde, abbracciata alla dea, sua madre, che la cullava.

« Ho temuto il peggio, mia adorata » sospirò la dea, prendendole il viso tra le mani.
« Oh madre, i vostri timori non hanno ragione di esistere... Hades... lui »
« Non pronunciare il suo nome in questo luogo. Colui che sceglie il male non è degno di sentire l'eco del suo nome laddove del male non c'è l'ombra. »  Demetra si fece terribilmente seria, cercando di aggravare l'immagine che Persefone aveva del Signore dell'Oltretomba: non poteva accettare che sua figlia provasse compassione per quel mostro.
Era indegno, si disse.
Indegno come il peccato di Hybris.
Lui non doveva che essere polvere nei pensieri di Persefone.
Eppure, Dementra, negli occhi della figlia, aveva scorto molto più della compassione: era già cambiata, Persefone!
Forse la giovane non se n'era ancora resa conto, ma qualcosa in lei era mutata e sua madre aveva solo sei mesi per far sfumare quel cambiamento.

[...]

Stava per tornare: i sei mesi erano passati lenti e ogni giorno lo aveva reso più amaro il ricordo.
Dannato sia quel ricordo di lei che gli sorrideva, seppure con amarezza... Dannata sia lei per aver risvegliato in lui l'amore; dannato sia il mondo per aver già condannato entrambi.
Non poteva averla, Hades: Persefone non gli sarebbe mai appartenuta.
E lui che poteva tutto, non avrebbe potuto farci nulla.
L'avrebbe certamente costretta a stargli accanto, così come già aveva fatto, ma a quale scopo? Farsi odiare non era certo il suo obbiettivo. Eppure non conosceva altro modo per averla al fianco: non le aveva dato scelta e alla fine una scappatoia, Persefone, l'aveva trovata comunque.
E a quel pensiero tutto l'Ade tremò: il suo signore era turbato.
Amara era la verità.
Avrebbe voluto che restasse, Persefone, che restasse lì per sempre. Voleva che ci fosse ogni giorno fino alla fine dei tempi. Il suo profumo, la sua voce, il suo corpo. Costantemente. Ogni giorno. Fino alla fine.
Nulla sarebbe dovuto mutare di lei, nulla l'avrebbe dovuta allontanare da lui.
Nessuno le avrebbe dovuto parlare né qualcuno si sarebbe mai dovuto concedere di guardarla.
Era sua.
La pretendeva.
Lei era sua.
Sua.
Non avrebbe accettato che l'essere più candido e soave della Terra potesse essere di qualcun altro.
Voleva imprimere nella propria mente ogni espressione del viso di Persefone, ogni suo gesto... Eppure quegli occhi erano sfuggenti, difficili da focalizzare... Lei non lo guardava e lui faceva lo stesso.
Non si sarebbero mai scrutati davvero finché l'uno cercava sé stesso nell'altra.
Hades voleva ritrovare la purezza che mai aveva avuto e Persefone... Persefone era attratta dal male.
Chi non lo sarebbe? Senza conoscere il prezzo da pagare, ogni peccato diventa un desiderio.
E lei non era certo esente da quella legge universale.
Quando Hades la riebbe davanti sorrise, consapevole che presto l'avrebbe ripersa e sarebbe successo ancora e ancora e ancora... Finché in lei non si sarebbe ramificato il desiderio di avere per sé ciò che con altri non avrebbe mai avuto.
E lui si giurò che l'avrebbe attesa.
Avrebbe sofferto e sarebbe stato più spietato: il suo dolore sarebbe cresciuto a tal punto senza di lei che il male che da sempre lo alimentava non avrebbe più avuto un limite. Ogni ricordo di Persefone gli avrebbe fatto piangere sangue, ogni dannato ricordo. Non avrebbe più avuto pace. E lui lo sapeva. Gli era stato chiaro nell'istante stesso in cui l'aveva rivista: lei era il suo male peggiore e per un folle gioco del destino era anche l'unica cura.

Oh Persefone, con te conoscerò il dolore che nemmeno gli uomini proveranno per mano mia;tu mi insegnerai a piangere e io imparerò.Sarai tu a far di me uno straccio.Sarai tu l'unico essere vivente a cui ciò sarà concesso.Ti aprirò la porta a cui nessuno può accedere, la chiave per controllare chi tutto può controllare.Tu, mia amata, tu sola vivrai nelle mie grazie, vedrai la compassione in me, l'amore, quello che nessun altro potrebbe dare e ricevere.In te deporrò la mia natura clemente...Per te avrò parole buone e carezze da spendere.Ma è te che io temo più di tutti.Il controllo che hai e avrai su di me, io lo temo.E temo il giudizio che io avrò di me quando sarò ridotto a essere il tuo servo,quando non sarò più in grado di guardarti...Oh Persefone, anche tu avrai paura di me.Ma l'eternità è nostra e io non temo di viverla con te.

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