CAPITOLO 3 (parte prima) la fugha

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LUCA: stai dicendo sul serio?, Stai impazzendo per caso!?, Non possiamo mica scappare da qui.

IO: hai davvero intenzione di startene impalato vedendo la tua vita essere strappata è buttata in fumo da altri, beh io no, sei con me?

LUCA: ti sei pazzo...

IO: sará, ma questo è l'unico modo per vivere, e non ho intenzione di sopravivere inutilmente girandomi i polsi.

LUCA: è come pensi di fare? Sentiamo.

IO: che importa...sei con me si o no?!

Mi brillarono gli occhi, quasi bagnati, cercavo di convincerlo con lo.sguardo.
Sapevo che eravamo impreparati, non avevamo niente e forse sarebbe stato meglio rimanere in quel posto e andare in orfanotrofio, ma poi ci ripensai, e cambiai decisamente idea, riconvicendomi nuovamente delle mie opinioni.

IO: ascoltami!, Per una sola volta, metti da parte l'orgoglio, so che sei tu il leader della "squadra", ma so anche che questa è la cosa piú giusta da fare.

Tutto ciò che riuscí a dire, dopo le mie parole fu : " vestiamoci", e con uno sguardo complice entrò nella sua stanza, prendendo pantaloni e maglietta, perchè durante il mio stato di coma gli avevano dato una specie di pigiama leggero colore azzurro pallido, e lo stesso per me, quindi corsi nella mia camera a prendere i miei indumenti, che mi ricordarono quella maledetta notte,in cui indossavo i medesimi vestiti.
Lo vidi lungo il corridoio buio e stretto, un può terrorizzato, ma lo rassicurai.

IO: pronto?

LUCA: ....pronto

Ci mettemmo diverso tempo nel trovare l'uscita, quell'ospedale era enorme, cinque piani e venti reparto per ogni corridoio, una tortura.
Con la coda dell'occhio intravidi l'infermiera che mi aveva assistito quando mi ero svegliato gridando, e dando una spinta a Luca camminai piú velocemente. Trovammo finalmente la scritta "uscita di sicurezza" , chd lampeggiava come lucciole la notte davanti ai nostri occhi, il verde a led ci accecò. senza badare troppo alla gente che ogni tanto colpivamo distrattamente, Luca aprí la porta facendomi passare e diede uno sguardo all'infermiera che man mano ci inseguiva. Finalmente eravamo fuori, ma da dentro la struttura si sentivano urla femminili, che richiamarono la nostra attenzione: era l'infermiera, che ormai aveva informato i colleghi della nostra evasione dall'ospedale, è ormai ci inseguivano in cinque o sei.

LUCA: forza, muoviamoci...

Scendemmo le scale, due a due, e toccammo finalmente l'asfalto bagnato di Firenze, che pareva uno specchio traslucido. Il clima era umido, bagnato, faceva freddo, ma eravamo abbastanza vestiti per riuscire a sopportarlo. Fecimo alcuni passi ridendo istericamente per essere riusciti a scappare, eravamo fuori.
Finalmente.

AndreaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora