Parte 1

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Noi siamo la nave e siamo il viaggio,

siamo l' attesa e la risposta.


Se hai smarrito la strada e la verità

non ti fa paura, vieni.

Dal principio noi ti stiamo aspettando

per condurti là

dove il tuo cuore anela, dove il tuo sogno

riposa. Il prezzo?

Tutto ciò che possiedi, se sei pronto

a pagarlo.

Al funerale di suo padre non aveva pianto. Gli voleva bene, molto, anche se non era mai riuscito a dirglielo. Ma non aveva pianto. Non quando l'aveva visto per l'ultima volta, composto nella bara. Non quando il prete aveva pronunciato le esequie, non quando infine lo avevano portato via per la cremazione. Non una sola lacrima era scesa sul suo volto. Perché? Se lo era chiesto per giorni senza tuttavia riuscire a trovare una risposta. Piangere per la perdita di qualcuno che si è amato e che ci ha amati è naturale. Questo si diceva. Qualcosa si rompe, per sempre, e le lacrime escono come esce la resina da un albero per cicatrizzarne la ferita.

Io sono qui, e altrove.

Eppure lui non aveva pianto. Forse perché da diverso tempo ormai si sentiva estraneo alla propria vita, una sensazione spiacevole che si era andata insinuando in lui come una ruggine corrosiva capace di intaccare ogni cosa, di spegnere ogni volontà, di soffocare ogni possibile entusiasmo, ogni residuo desiderio. La morte di sua madre prima, e quella del padre poi avevano certo contributo a peggiorare questa sensazione, accelerando un processo che pure, lo sentiva, era iniziato già da tempo. E che ora non solo lo allontanava sempre di più da se stesso, o almeno da ciò che era stato sino ad allora, ma anche e in modo irreversibile dagli altri. Da tutto e da tutti. Da sua moglie, dai pochi amici, dai colleghi che sopportava con sempre maggiore fastidio. Ecco, forse era questo. Non riusciva più a dare un significato alla vita, alla sua perlomeno, e quindi non poteva darlo nemmeno alla morte. Era accaduto qualcosa, qualcosa si era rotto, l'invisibile meccanismo che regola il delicato equilibrio tra noi e il mondo nel suo caso era andato in frantumi.

Qui sono le parole dette e quelle taciute.

Se ne rese conto, improvvisamente e con estrema chiarezza, una mattina di settembre dell'anno precedente la scomparsa di sua madre. Lo ricordava perfettamente. Quella mattina, come tutte le mattine, Andrea Contini, cinquantadue anni compiuti, capelli già candidi ed un principio di calvizie che faceva apparire la sua fronte ampia ancora più grande, occhi scuri e limpidi di bambino dietro a spessi occhiali da miope, era seduto alla propria scrivania intento ad esaminare l'ennesima pratica quando, d'improvviso, lo aveva colto un'intensa sensazione di freddo e per qualche istante un velo era sceso davanti ai suoi occhi, un velo scuro, e tutto gli era apparso come avvolto dall'ombra. Spento. Disseccato. Forse, sul punto di svanire. Le persone che gli erano accanto, muovendosi attorno a lui ognuna intenta nelle proprie occupazioni, gli apparvero in qualche modo lontane, immerse in una sorta di nebbia crepuscolare che ne sfumava i contorni allontanandole al contempo le une dalle altre e, tutte, da lui stesso. Facendolo sentire più che mai solo in un mondo che, ai suoi occhi, andava perdendo ogni consueto riferimento, ogni ragionevole certezza.

Ma basta un riflesso,

un ricordo, un sogno, una speranza,

per trasportarci altrove.

L'ULTIMO APPRODOWhere stories live. Discover now