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Vorrei vomitar parole, alla silenziosa coltre di nebbia, stesa come un velo sopra l'alba.
Eppure c'è soltanto un malinconico tremolio tra le mie viscere;
una gabbia.

- Una schizofrenia reclusa,
trascritta sotto pelle -
perciò apro ferite mai rimarginate, con l'inchiostro, cerco il rumore delle mie interiora.
- È antidoto
e veleno -

Ma viene fuori solamente un rantolo che fugge, tra le vetrine di desideri convalidati, e quasi come fosse un parassita si annida, lungo un sistema nervoso fatto di scaffali, colmi di realtà in vendita, sfiorano anime in fila; pronte a ricevere la dose di antidepressivi giornaliera.

Si perde Jungkook, tra i vicoli bui, dove cuori di seconda mano, si suicidano con overdose di Ritalin,
e negli appartamenti dove madri, recitano il rosario dell'apatia, stringono il laccio emostatico attorno al braccio dei loro figli.
Si perde Jungkook, ma io so sempre dove trovarlo, e lo ricaccio dentro.

Ho perso il filo in questo dedalo di supermercati, nell'impalpabile sfarzo di una crepula del prestabilito.
Vago solo, tra passanti, bisognosi di nuove albe dal retrogusto lisergico, o una vena da bucare.
E mi genufletto anch'io difronte a questo monotono preconfezionato, a quest'ordinaria frenesia di istinti soffocati, di psicofarmaci e quiz televisivi, mentre parole asfissianti affogano il mio cervello.
Mi genufletto e mi faccio sadomizzare ad libitum, nel labirintico delirio della ragione, e avvolto in paranoie isolanti; smetto di cercare una fuga, per smarrirmi di meno.

Ma loro continuano a morire,
nelle corsie dei supermercati e negli inferni omologati, degli uffici di concentramento, dove schermi evangelizzano la bibbia della sanità mentale: suicidi e scontrini.
Si consumano nella nevrosi del controllo, divorandosi in empatie astratte, per amplessi anticoncezionali, utili a mandar via la noia.

Marciscono dappertutto in questa entropia di maschere inconcluse.
Lo fanno tutti, di nascosto, incessantemente, dappertutto.

Ti dicono di rifarti una vita,
e poi ti parlano d'aver amato:

"E ditemi dunque, riuscite ancora a dormire serenamente?"
"Certamente!"
"Ma siete proprio sicuri di non aver scambiato l'amore di un'altro per il vostro?"
"Che domande! Siete proprio insolente"
"Non so, non avete punti di satura sugli occhi. Ero solo sorpreso; dev'essere proprio una persona forte lei"

A me son comunque rimaste le illusioni, in quei momenti di lucida follia, io lo aspetto ancora.
So che mi aspetta anche lui - da sobrio direi che mi illudo, ma adesso vi parlo proprio di ferrea consapevolezza -
Mi aspetta.
come un bambino stupido, sulla soglia di una casa vuota.

Poi ci sono notti in cui lo sento perfino vicino,
e le mie mani hanno dita di luce,
la notte smette di essere notte, e quello schifoso dolore sa di avere finalmente un senso.

Ma adesso, cingo il buio tra queste ossa, pari a un ragno che nel vespertino gelo, tesse muto la sua tela, per la furia di imprigionare in uno sterile sudario, i raggi marmorei della luna; ma questo tenuo profilo eburneo, vano miasfa d'uno scheletro freme confuso nell'ombra.
Arido come la lacrime su una rossa piaga - come una tersa rugiada stesa tra i gorghi notturni.

Io gli chiesi il pianto d'un astro esangue, che nel mio naufragare fosse torbido faro. Mi baciò e disse "non ne ho la forza" ed io gli cedetti le mie - di forze.
Jungkook quella stessa sera pianse lacrime d'argento, e quasi con vergogna me lo disse: "son tutto bianco"
Ed io pensai: "sei bello anche tinto di malattia"

E le sue crepe tra i battiti infrequenti,
di una fiamma che si contorce lungo tele brune - disfatte, a dispiegare le loro ali epilettiche, amanti della luce, e io qui - forse non più - sopito all'ombra di mura avvizzite.
Perché ho smesso di rimpiangere l'incespicare sui bordi dei cieli - e i mozziconi rigettati.
Neppiù nella fogna il piagnisteo dei corpi,
neppiù la frusta,
neppiù la vita.

"Fanno 22.10$"

Con le mani tremanti allungo le banconote e le lascio cadere tra le mani ossute della cassiera.
Le labbra sono asciutte,
un'aspra alcova, l'iride vacua di un eterizzato - niente di più.

Esco velocemente, quasi con gli occhi tratti da una convalizazione liquida.
Cercando un grido che risalga sui miei arti, un flagello a cui non può attendere l'orecchio di Dio - uno sciame informe tra due parentesi di tempo - la croce su cui ergo,
il martirio di ogni forma.
E ascenderò aggrappato a luci artificiali, di bordelli fluorescenti, come un parassita trangugiando serafici canti, sputando profezie, vomitando viscerali editti; fino a vedere questo corpo caracollare seme di carestia.

Così lambisce il mio petto - che altro non è, se non un pozzo d'illusioni.
Brumoso avello dove un fatuo albore geme, brucia e divampa fino alla voluttà estrema, si torce ferito, esala l'ultima fiamma, per poi spegnersi,
ancora spasmodico nelle fredde spire della cerulea acqua.
Delirio fugace.
ogni arto sibila temulo, gravido d'affamati appelli.

"Ora del decesso 22:11"

Scava nella pelle - come l'avvoltoio e la carogna - tra tormento e vuoto, cercando lo strozzato ritmo d'un battito cardiaco.
La sua voce simile a edera e miele sfiora, sgretolando le scarne mure, abitate da miasmi.

Si concede estatica, l'anima al martirio, lasciando naufragare paure nercotizzate nella rugiada delle lacrime - ormai ruggine.

"Vorrei esser stato rosso, per te."

un giorno troverò un senso a questa storia, ma non è oggi quel giorno.

RESCRUDESCENZA kth jjk Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora