Christina's Pov
Sono stesa sul letto, cuffiette nelle orecchie e occhi che fissano il vuoto. Vengo disturbata da mia madre che entra nella stanza con una valigia nera. Stacco le cuffie e la guardo con fare interrogatorio, lei si siede sul letto di fianco a me e comincia a parlare.
-Allora Chris, io e tuo padre abbiamo deciso di trasferirci, cambiare area. Potrete conoscere nuove persone e potremmo diventare più uniti, andremo ad abitare a Melbourne. Abbiamo ancora qualche giorno di tempo.- si alza e va verso la porta, prima di chiuderla le chiamo -mamma- lei si gira e mi incita a continuare -dobbiamo andarcene per forza?.- Annuisce, mi rivolge un sorriso forzato ed esce. Mi alzo e mi dirigo verso il bagno, prendo il bagnoschiuma ed entro nella doccia. Quando esco mi avvolgo in un asciugamano e mi dirigo in camera, indosso l'intimo e metto dei jeans, una maglietta e le converse. Prendo il cellulare dalla scrivania e invio un messaggio a Ryan:
A Ryan:
Vieni al parco fra mezz'ora, solita panchina.Scendo giù e vedo che in salotto non c'è nessuno. Mamma e papà saranno già andati a lavoro e i miei fratelli saranno nelle loro camere. Prendo le chiavi ed esco. Cammino fino al bar più vicino, mi metto ad uno dei tavoli messi fuori. Arriva una ragazza che mi chiede cosa voglio ordinare, prendo un caffè e un cornetto, dopo un po' arriva il mio ordine e la ragazza mi fa un sorriso molto forzato. Mi giro di lato, voltandomi verso la strada, macchine che scorrono veloci, sul marciapiede vedo una signora che parla al telefono mentre tiene per mano sua figlia, la bambina la sta chiamando ma lei non la ascolta, troppo indaffarata a parlare con qualcuno. Un po' più dietro vedo un uomo in giacca e cravatta con una cartellina in una mano e nell'altra un telefono che tiene poggiato all'orecchio, starà parlando di affari. Finisco il caffè e il cornetto e vado a pagare. Appena uscita mi incammino verso il parco, vedo un gruppo di ragazze che spettegolano, bambini che corrono, giocano, sono felici, ignorando tutto quello che c'è nel mondo. Mi siedo sulla solita panchina in cui ci sediamo io e Ryan. Ryan, una persona con cui ho legato molto negli ultimi due mesi, mi è stato affianco, mi ha consolato, mi ha fatta sfogare. Ora io devo trasferirmi e lasciarmi alle spalle tutto. Ryan arriva dopo qualche minuto e mi saluta mentre si siede di fianco a me.
-Hey, come mai volevi vedermi?- sorride, prendo un profondo respiro e incomincio a parlare -Ryan, questa mattina mia madre è entrata in camera e mi ha comunicato una cosa- lo guardo e prendo un altro profondo respiro -tra un paio di giorni ci trasferiremo- gli dico abbassando lo sguardo. Mi fa alzare il capo e mi abbraccia, non voglio lasciarlo, non voglio andarmene. Voi direte "hai 18 anni, sei indipendente puoi rimanere qui" non è così però, quando ho detto ai miei genitori che volevo andare ad abitare da sola hanno fatto un casino, se solo ci provassi farebbero il modo di trovarmi e rinchiudermi in casa. Il perché? Potrei raccontare il modo in cui mi trattano, che tutti noi otto abbiamo problemi, ma a loro non interessa niente perché per loro sono solo 'capricci adolescienziali' e ci dobbiamo stare zitti senno' roviniamo la loro reputazione. Mi stacco dall'abbraccio e entrambi ci alziamo dalla panchina, lui mi guarda, non sa cosa dirmi e neanche io riuscivo a dire qualcosa. -Io... non voglio che te ne vada, io non potrei farcela, io...- incomincia ma io lo fermo e lo riabbraccio. Si stacca dall'abbraccio e mi dice -vengo con te, parlerò con i miei genitori e anche con i tuoi- scuoto il capo, non riuscirà a convincerli -Non li convincerai, e poi i tuoi vogliono che tu rimanga qui- fa un profondo sospiro e dice -Risolveremo tutto, ma io non ti lascio-
Stiamo un altro po' insieme e parliamo del più e del meno, fino a quando per lui non arriva l'ora di tornare a casa. Lo saluto e mi incammino anche io, non so dove andare e non voglio neanche tornare a casa. Decido di andare da Marcus, un mio caro amico che tiene una sala musicale, vado spesso li perché mi fa sentire bene e non imprigionata in quelle "quattro" mura di casa.
Arrivo e saluto Marcus, mi fa entrare e io mi siedo davanti al pianoforte, incomincio a suonare, mi rilassa. In realtà non suono solo il piano, ma anche il Sax. Dopo una buona ora al pianoforte decido di prendere il sax, faccio qualche scala e suono qualche brano. Quando finisco mi rendo conto che è quasi mezzogiorno, saluto Marcus e mi incammino verso casa. Inserisco gli auricolari e incomincio ad ascoltare la mia musica. Arrivata a casa prendo le chiavi ed apro la porta, vado in camera mia per posare il telefono e tutta la mia roba, non mi piace rimanere le mie cose personali in giro per la casa.Sento bussare alla porta della camera
-Avanti- vedo Isaac entrare, gli rivolgo un grosso sorriso, gli voglio molto bene e ci tengo a lui, anche se si sente il meno considerato. Poi ci sono io la più considerata, quella da cui tutti dovrebbero prendere esempio. Ma anche no.
-Hey, entra- lui si avvicina a me
-Chris i nostri genitori ti vogliono parlare- ed abbassa il capo, annuisco e scendo in salotto. Ci sono mamma e papà che stanno parlando con Brandon, appena arrivo mi guardano e poi incominciamo a parlare.
-Allora, visto che voi due qui siete i più grandi vorrei che aiutaste i vostri fratelli e le vostre sorelle con tutto- dice nostra madre, poi interviene papà
-E Brandon, cerca di trattenere questi tuoi attacchi di bipolarismo.-Detto questo se ne vanno entrambi.
Mi giro verso Brandon e lo vedo col capo chino, mi avvicino a lui e gli appoggio una mano sulla spalla
-Hey, andrà tutto bene, se vuoi io ci sono- e faccio un mezzo sorriso. Non dice niente, sta in silenzio, dopo due minuti fa un profondo respiro e se ne va di sopra, presumo in camera sua.
Faccio un profondo sospiro e vado in camera mia. Tutti rinchiusi qui dentro, ognuno con la propria stanza in cui può stare più o meno al sicuro. Ognuno con i suoi pensieri, poche volte ci parliamo, i nostri genitori non ci hanno mai fatto giocare insieme, dovevamo essere sempre seri, in perfetto ordine, non dovevamo combinare casini, ed ecco a che punto siamo arrivati. Isolati, con pensieri, forse troppi, con pesi che non riusciamo più a sorreggere. Mi chiedo come facciano gli adulti a non guardare noi giovani che ci spezziamo giorno dopo giorno, che crolliamo, o che prendiamo brutte strade, brutte amicizie. Oppure che non abbiamo proprio amici. Gli adulti, sono così, non si interessano a noi, perché per loro sono solo: stupidaggini, momenti no che passano, o solo degli "insegnamenti che ti da la vita".
Come fanno gli adulti a credere ad uno "sto bene", come fanno a credere a tutte le bugie che diciamo? Ci dicono "Si, vabe', ma siete voi che non parlate, che non vi espimete". Noi vorremmo tanto esprimerci, ma per noi è difficile, cerchiamo solo qualcuno che riesca a capirci, con un semplice sguardo, che riesca a capire che stiamo male anche se abbiamo un sorriso "raggiante". Quando si diventa adulti, tutte le cose diventano inutili, pensi solo a te stesso, invece noi giovani mettiamo al primo posto le persone a noi più care e oscuriamo noi stessi, per far felice quella, o quelle persone, faremmo di tutto. Poi ci sono i bambini, quell'età in cui ti arrabbi per una caramella rubata, o per una costruzione buttata giù. Che bello essere bambini, in fondo, tutti noi siamo bambini, sia noi ragazzi, che gli adulti. Tutti piangono, e piangendo si mostra il bambino che si pensava ormai scomparso, quando piangiamo diventiamo tutti fragili, come bambini, abbiamo bisogno di aiuto e protezione, proprio come loro. Che cosa complicata la vita, ognuno con le sue teorie, ognuno col suo pensiero, ognuno rinchiuso nel suo mondo, dove nessuno può entrare, dove fai uscire il bambino indifeso, oppure l'adulto forte e sicuro che è in te, oppure lasci andare il vero te, quello giovane, quello di adesso, con tutte le sue paure, i suoi sogni, le sue speranze, con tutto ciò che gli serve, col suo mondo e basta.
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Novela JuvenilJames Grace aveva una bella vita, finchè non diventò dipendente dall'alcol. così perse uno dopo l'altro il lavoro, i soldi e dovette vendere la casa. però avendo 8 figli, la maggior parte adottati , decise di usare gli ultimi risparmi per trasferirs...