Prologo

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Le fissò le mani per un tempo interminabile.
Dentro le sue, le osservava tremare per il nervosismo, mentre gli sbuffi crescevano fra gli occhi lucidi che trattenevano le lacrime. Le accarezzò con cura, portandole vicino alle labbra, ed ecco quegli occhioni verdi scoppiare in un pianto colmo di singhiozzi.

«Ines, tesoro... dovresti parlarne con Toni... dovresti almeno dirglielo...» mormorò sfiorandole i polsi con i polpastrelli ruvidi. Ripercorrendo le vene verdognole sotto la pelle pallida, non si accorse nemmeno dei suoi occhi che avevano smesso di piangere, fissandola da sopra il capo chinato.

Ruth si sollevò di colpo, rizzandosi sulla schiena. «Cosa c'è?»
«Non—non è questo il problema! » sbottò, tornando a singhiozzare.
Dentro quel monolocale colmo di sussulti, la voce spezzata di Ines provò più e più volte di spiegarsi, finendo con lo strapazzare quel visino delicato e arrossato. «Prenditi il tuo tempo... respira...»
«Non è questo il problema!» continuò a ripeterle togliendo le mani dalla sua presa. Raccolse i capelli in uno chignon malfatto, tirando col maglioncino bianco ogni lacrima dal suo giovane volto.
«Respira...» le ripeterono gli occhi scuri di Ruth, avvicinandosi.
Ines si voltò appena, indugiando per qualche secondo.
Poi, le mani umide presero il viso di Ruth.
Solo i pollici separavano le loro bocche da quel finto bacio che, con gli occhi chiusi, Ines le stava regalando. Tenne la mascella di Ruth col resto delle dita, premendo la sua bocca rosea sulle unghie dei pollici.
«Ti amo, Ruth» sibilò, lasciandola andare a poco a poco, «E fa schifo dirtelo adesso, in una situazione come questa.»

Con le spalle strette, Ines tornò a sedersi composta. In quel tirare su col naso in continuazione, ogni grazia della ballerina che era sembrava essersi dissolta in una creatura più reale e meno irrigidita.
Incredula, Ruth continuava a fissarla come se non avesse ben capito il messaggio.
«Non so quando sia iniziato...» mormorò Ines senza nemmeno guardarla negli occhi. «Non è più di un anno che l'ho notato... e... pensavo che avrei potuto fingere di niente – abbiamo una bella amicizia, frequentiamo lo stesso giro di folli, usciamo insieme e mi dai la possibilità di dormire nella tua tana quando litigo coi miei – ma... non—non mi basta, Ruth... Io voglio te.»

Ruth alzò gli occhi al cielo, cercando di non piangere a sua volta.
Aveva sperato tanto in quel momento, che le sembrava un cupo scherzo del destino il vederlo materializzarsi proprio adesso, in mezzo a tutta quella situazione.
«Perché me lo stai dicendo solo ora?!» disse con voce strozzata, «Perché solo ora e non prima di... prima...»
«Perché se fosse stato per me, l'avrei portato alla tomba, Ruth! Ma... ho combinato un casino... un grosso e folle casino... e...»
Scoppiò a piangere una seconda volta, col viso coperto dalle mani bollenti e sudate nonostante fosse pieno inverno.
Ruth sollevò gli occhiali, mettendoli da parte. Si passò una mano sulla fronte, poi sugli occhi stanchi e lucidi. Il profilo di Ines, affogato nelle sue lacrime, si nascondeva, quasi non volesse farsi prendere.
Le si avvicinò, poggiando la fronte sulla sua spalla, dandole un piccolo bacio attraverso il maglione.

«Sono qui...» le sussurrò, cingendole i fianchi.
«No, Ruth... non puoi essere qui... sono un disastro vivente... un fallimento vivente... tu- tu non puoi essere qui!» Lo disse con tanta di quella disperazione, che le lacrime parvero inondarle la gola, soffocandola in dei respiri sommessi.
«Ines, ehi! Non sei sola... comunque vada, sarò sempre al tuo fianco.»
Quando il naso rossissimo di Ines sbucò dal suo nascondiglio, quel sorriso sciocco e leggero sul viso di Ruth fu la consolazione migliore che potesse desiderare. Immaginò di prenderle il viso e baciarle quelle labbra che tanto aveva bramato, e poi spogliarla e lasciarsi spogliare, finendo lei su quel letto e non qualcun'altra, mai più qualcun'altra.
«E... cosa...»
«Piano piano...»
«No, Ruth! Non è 'piano piano'! È un casino! Un grosso e fottutissimo—»

Stavolta fu il petto di Ruth ad attutire tutta la sua rabbia, stringendola tanto forte da sentirla entrare dentro. «Ascoltami: non è un casino, né lo sarà. Ti ho detto che ti sarò vicina, e sta' sicura che lo farò. E se i tuoi non capiranno, verrai a stare qui già da domani. E se con Toni non vorrai averci più nulla a che fare, ne parlerete a tavolino, e poi ognuno per la sua strada... ma devi dirglielo, Ines. Nonostante tutto, merita di saperlo.»
Dentro quella camicia in flanella Ines affondò ogni respiro scottante, cingendole i fianchi con le mani tremanti. «Ho solo ventidue anni, Ruth...» singhiozzò.
«Lo so...»
«F-frequento ancora l'università... e la danza, poi... significherebbe chiudere con tutto...»
«O iniziare qualcosa di più grande e bello» le sussurrò, poggiandole dietro le orecchie quelle ciocche bionde e scompigliate.
«La fai facile...»
«No, non dico che lo sia, ma... sei una bellissima donna, Ines, e hai una forza mostruosa dentro quel corpicino, e io lo so. Qualsiasi creatura nasca da te, non potrà che tener dentro tutta questa forza, piccola. Di questo ne sono certa!»



Per la prima volta, Ines sollevò un lembo del suo maglione, poggiandovi sopra i polpastrelli.
In silenzio, come in attesa di una risposta, pressò il ventre, quasi a voler sentir qualcosa che non arrivò.
«È ancora presto...» ridacchiò Ruth, prima di scoppiare in lacrime sulla testa bionda ancora chinata.

Correndo fra gli specchi [🌈 LGBT+ STORY]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora