Capitolo terzo.

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|| Hide and seek - Imogen Heap ||


Tutto era iniziato un pomeriggio di tre anni prima, periodo in cui le ferite del divorzio bruciavano ancora sulla sua pelle sottile come escoriazioni ricoperte di sale.
A quei tempi aveva i capelli lunghi fino alle spalle che di solito tirava su in un codino.
La sua camera era il posto preferito; rimaneva interi pomeriggi coricato sul letto ad ascoltare musica o leggere libri su libri. I suoi preferiti, le poesie della scrittrice femminista Ruth Gillmore, avevano un posto di rilievo, tanto sulla sua mensola quanto nel suo cuore. Di quelle eroine della vita quotidiana ne aveva fatto ossigeno, così che aveva anche preso l'abitudine di tenerne sempre qualcuno dietro, insieme a qualche romanzo con le solite storie d'amore che la madre chiamava smielitudini Quel termine lo faceva ridacchiare di gusto -in quelle rare volte in cui la leggerezza sostituiva i cattivi pensieri che sovraffollavano la mente fragile.

Mamma Ines, dal suo canto, lo aveva eletto 'accompagnatore di fiducia' di quei balletti o mostre d'arte dove le piaceva andare a perdersi. Era di una bellezza delicata, di quelle che fan paura a toccarle, al contrario del fascino rude e sgangherato di Ruth con la sua pelle mulatta e i capelli corvini. Se i sorrisi di Ines erano increspature rosa sul viso bianco, la bocca larga di Ruth faceva un gran rumore quando scoppiava in una delle sue risate, così grandi e forti da farla lacrimare. Mamma Ines amava leggere saggi di filosofia o storie d'amore, mentre Mamma Ruth preferiva storie grottesche, tomi enormi di persone defunte da secoli e fiabe per bambini -ne andava matta!
Fra quei paradossi, Elek aveva vissuto i suoi quindici anni nella più spensierata e libertà di poter essere chiunque o qualsiasi cosa volesse essere.
Ma lì, sul trampolino della piscina, non era più Elek il figlio della sociologa e poetessa Ruth Gillmore, né dell'emancipata avvocatessa minorile Ines Tourveu, ma solo Elek, il gracile e smilzo Elek, che non sapeva se tuffarsi o tornare indietro.
«Ho il cronometro pronto!» esclamò Ines, dandogli il via. Fra le bracciate nell'acqua gelida, il suo corpo sembrò alleggerirsi di tutto quel carico di lacrime che si portava dietro. Non era la prima volta che piangeva in piscina ma, oltre a quel luogo in cui le lacrime si sarebbero dissolte, non immaginava che esistesse un posto in cui non il gracile e smilzo Elek, ma la fragile e delicata Elek potesse permettersi di farlo.
In quel suo costume intero con una leggera imbottitura all'altezza del seno, la sirena che non sarebbe mai stata cercava di illudersi della bella coda che avrebbe fasciato le gambe sottili senza mai imprigionarle, né seccarsi qualora avesse deciso di posarla nell'armadio per qualche ora, o giorno, o qualsivoglia bisogno.
Nonostante le due donne vivessero in case differenti da un paio di mesi, mantenevano ancora quella complicità telepatica che sembrava sforare ogni barriera e distanza, così che, con un paio di occhiate, anticiparono i bisogni del piccolo animo di Elek.
«Scegli tu cosa vuoi compare...» gli aveva proposto Ruth, quando ancora faceva le elementari.
Guizzando fra il reparto blu e quello rosa, aveva preso un paio di cose per ognuno, sotto lo sguardo complice di Ines che gli consigliava capi da ciascun lato.
«Puoi prenderli tutti.»
A quelle parole, il suo cuoricino ebbe un sussulto così forte da strapazzarlo.

«Due minuti e diciassette secondi! Bellissimo tempo, piccola!» esclamò Ines, aiutandola ad uscire dall'acqua. «Fa' una doccia. Ruth ti aspetterà per la cena...»
«Vieni da noi?» mormorò speranzosa.
«Magari un'altra volta, tesoro...»
Prese in fretta le sue cose, dirigendosi negli spogliatoi, prima che il panico l'assalì violentemente.
Fra la figura stilizzata di un omino, e la stessa con l'aggiunta di due triangoli ai fianchi, si domandò dove mai avrebbe dovuto far la doccia, sentendo una morsa attanagliargli il petto.
«Tu sei VIP, hai le docce del personale... entra, che rimango io di guardia» sussurrò al suo orecchio la voce rassicurante della madre.
Cercò di evitare quelle mattonelle traslucide che riflettevano il suo corpo, lasciando che il getto della doccia spazzasse via ogni perplessità, creando un luogo dove entrambi suoi due essere potessero vivere in armonia, senza bisogno di alternarsi di continuo o far mente locale su chi dovesse essere e in quale luogo; perché l'Elek donna che frequentava le scuole non poteva avere nulla a che fare con l'Elek uomo del corso di scrittura creativa, o l'Elek donna della piscina con l'Elek uomo del trekking o delle mostre d'arte e i balletti. In quel continuo via vai, sentiva che ogni pezzo di essere, da una parte e dall'altra, si staccava dal suo corpo, perdendosi per strada.

Correndo fra gli specchi [🌈 LGBT+ STORY]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora