Capitolo quarto.

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|| Wonderful life - Katie Melua (cover) ||

(ritorno al presente)

Con quella foto fra le mani si sdraiò sul letto, chiedendosi se mai un giorno le cose sarebbero cambiate.
Li ricordava ancora i suoi sedici anni, il doppio compleanno, i doppi album, ma, ancor di più, il momento in cui März gli aveva consegnato il suo regalo. Stranamente, non era uno di quei libri che gli portava di tanto in tanto, ma un'enorme sfera di cristallo che al cambiar di luce sfumava fra miliardi di evanescenze, così che mai nessuna combinazione fosse uguale alle precedenti o alle successive.
La teneva spesso fra le mani. Addirittura, aveva cambiato tutta la sistemazione della stanza affinché potesse mettere il letto sotto la finestra dalla quale entravano tanti di quei raggi da rendere magico quell'oggetto. Sdraiandosi, si lasciava trasportare via da quei colori che catturavano i suoi occhi verdi fino a perdersi.

Dopo il regalo, Ruth aveva insistito per fare una foto insieme, cosa che a März non dispiacque affatto, se non fosse che le gote di Elek avevano deciso di ribollire imbarazzate al pensiero di un suo abbraccio, o del solo averlo tanto vicino. Ed ecco mollata la fotocamera fra le mani di Cirus, un amico intimo di Ruth che, complice e sornione, li invitò a fare un grosso sorriso.
«Vieni qui, Ines!!!» l'aveva chiamata lei, noncurante dello sguardo scuro di Toni che le fissava dal fondo della stanza - lui, al contrario degli altri, aveva assistito solo a quella versione del compleanno, rifiutandosi di partecipare anche alla seconda.
Mamma Ines, non senza uno strano impaccio, si aggiunse al quadretto in cui Ruth, cingendo le spalle di entrambi i ragazzi, rideva divertita. Un flash, poi il bacio di März schioccato sulle sue lentiggini.
«Tanti auguri, piccoletto

Pensare che Ruth l'aveva invitato a rimanere a dormire lì, sul divano, gli dava una certa trepidazione e perplessità allo stesso tempo, chiedendosi come avrebbe potuto l'Elek ragazza andare a scuola il giorno dopo. Ma è sabato... pensò, strizzando l'occhio a quel sorriso della madre che teneva sotto al cuscino.
Il cellulare vibrò sul materasso, riportandolo alla realtà. Sussultò quando vide un messaggio in arrivo sullo schermo, leggendo il suo nome.

März: Ehilà, gufo! Non dirmi che dormi già!

Chiudendo per un attimo gli occhi, avvicinò il cellulare al petto, cercando di non piangere.

No, mi trovi sempre qui, te l'ho detto!

März: Passato una bella serata?

Eppure, in mezzo a tutto quel paradosso, la ciliegina sulla torta fu messa mesi dopo che März ebbe dato il suo numero a Elek.
Dal suo cellulare a doppia sim, gli aveva mandato un paio di messaggi, scambiandosi qualche battuta, prima che, per errore, il numero destinato all'Elek ragazza non gli avesse scritto un bel poema di pensieri sparsi che, solitamente, finiva fra le bozze del telefono.

Colpito da quel farfugliare, März non aveva tardato a risponderle a tono, chiedendole il perché di tanta malinconia in quelle parole.
A una prima reazione di panico, si sostituì la dolce voglia di parlare con lui dietro uno schermo, parola dopo parola, lasciandogli conoscere anche quell'animo che per un anno gli aveva tenuto lontano anni luce.
Elisabeth aveva preso il posto di quell'Elek con gli anelli colorati e il trucco leggero sul viso. Ciò che sarebbe dovuto durare solo il tempo che lasciava, si era trasformata in una conversazione da cui nessuno dei due sembrava avesse fretta d'uscire.
Notti e notti con lo schermo acceso sul viso, a ridere di quei sorrisi che, lui non lo sapeva, ma lei conosceva benissimo, amandoli da molto prima. Notti e notti ad addormentarsi fra delle lacrime calde e silenziose nel tentativo di camuffare quella grossa bugia a Ruth che, ingenuamente, non faceva altro che mettere il suo zampino in quella relazione d'amicizia che non voleva saperne di trasformarsi in qualcosa di più. E le parole di März, dentro tutto quel caos paradossale, fremevano su entrambi i corpi di Elek, dandogli il tormento.

Ma, come ogni cosa destinata a finire, anche quella relazione virtuale era giunta al capolinea.
L'aveva invitata ad uscire, a vedersi faccia a faccia, a provare a parlare di tutte quelle cose che i messaggi zampillavano da una parte all'altra.
Il panico l'assalì proprio quando era troppo tardi per uscire da quella situazione senza alcun graffio.
Più März si avvicinava all'Elek ragazzo, più la sua versione femminile veniva rilegata e sostituita da quella di Elisabeth che, seppur fosse uguale in lei in tutto e per tutto, tralasciava quel piccolo e minuscolo dettaglio: non era lei, né mai lo sarebbe stata, né Elek sarebbe mai diventata la ragazza delle fantasie a cui März aveva dato il nome di Elisabeth.
Un secondo vibrare la riportò alla realtà.

März Hai finito il libro che ti ho consigliato?

Distrattamente Elek guardò le due copie di Cecità che teneva sulla scrivania.

In questo periodo sono stata piena di lavoro... ma penso che lo inizierò domani...

Non era la prima volta che si accorgeva di una coincidenza simile. Già con Süskind, Kundrera e quell'altro dal nome impronunciabile, aveva visto come i libri che consigliava a Elisabeth erano gli stessi che la settimana in cui li sarebbe andati a trovare, portava a Elek e Ruth, che lo riempiva dei suoi vecchi saggi colmi di appunti, da lui apprezzati come tesori rari e preziosi.
«Ecco che aspetto ha uno che ne capisce qualcosa!!!» commentava sempre Ruth ridendo di gusto per il viso euforico di März.

Aveva immaginato spesso come sarebbe potuta andare se, al posto del solito Elek, la ragazza con cerchietto e vestitino a fiori avesse sceso le stesse scale che la sua controparte maschile faceva di solito. Se mai fosse scappato via, o avesse sorriso anche a lei dicendo che non c'era alcun problema.
Ma, ogni fantasia, scemava violentemente quando non si limitava a quello, ma al vedersi su un letto o su un divano, al suo fianco, a baciargli la bocca e tenerlo stretto a sé, facendolo riposare sul suo... petto... e respirare quel profumo, il suo profumo, con la voglia irrefrenabile di far l'amore con lui. E si sarebbe lasciata andare e sbiadire il lucidalabbra dalla bocca a furia di baci, prima che le mani di März sarebbero scese lungo il suo ventre, sollevando il vestitino per...
Chiuse gli occhi, immaginando il senso di disgusto che gli avrebbe creato una situazione del genere.
A März piacevano le donne, così come a Ruth.
Ed Elek, per quanto potesse ben camuffarsi, non lo sarebbe mai stato.
Avrebbe voluto una vagina da accessoriare e sostituire al suo pene, un po' come faceva con le camicette e i cravattini, ma il suo corpo era una macchina difettosa che non accettava questo tipo di modifiche.
Un pene.
Lo stesso che strozzava, camuffava, infilava fra le cosce o lasciava semplicemente lì, ora che era ingrossato e non sempre aveva voglia di rimaner quieto, soprattutto quando März era nei paraggi. Ma sempre meglio un'erezione dell'Elek ragazzo che una protuberanza da quel vestitino a fiori.

Quei pensieri voraci andarono avanti cosìfinché non diventò estenuante rimanere sdraiato a letto.Alzandosi di colpo, uscì fuori dalla camera, sentendo gli occhi bruciare.In piedi, appena fuori dalla porta del bagno, März lo accolse con un sorriso, chiedendoglise avesse voglia di chiacchierare un po', giù con lui.

Correndo fra gli specchi [🌈 LGBT+ STORY]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora