Capitolo 3

79 12 28
                                    

Dopo quanto accaduto nel bosco, la nottata aveva preso una piega del tutto inaspettata e adesso Sheila si ritrovava da sola nella sua stanza, circondata da una calma e da un silenzio innaturali che le facevano accapponare la pelle. La ragazza si trovava seduta sul pavimento intenta ad osservare il Varyel, che aveva appoggiato con cura sulla parete opposta e aveva il ginocchio destro alzato sul quale aveva distrattamente poggiato il braccio, i suoi lunghi capelli erano sciolti e di tanto in tanto venivano mossi da un leggero venticello che entrava dalla finestra aperta. La stanza era illuminata dalla fioca luce della luna, che però non sembrava essere abbastanza per definire i contorni dell'intera camera e di fatto, l'unica cosa che era sotto il diretto fascio di luce, era la spada. Immersa nella penombra, la ragazza fece scivolare lo sguardo sulle dure forme dell'arma cercando di imprimersi nella sua mente le sue fattezze.

Di per sé, il Varyel non aveva nulla di straordinario: era un montante, una spada a due mani, la cui lama in acciaio sembrava lunga circa due metri, uno in più rispetto al normale. L'elsa era a crociera e i baffi terminavano con delle rientranze a forma di v sulla fine. L'impugnatura era in pelle nera e il lungo manico terminava con un pomolo d'acciaio di forma pentagonale. Le uniche tre decorazioni che erano presenti sulla spada erano due incisioni sull'elsa, una di forma romboidale posta al centro dei due baffi e l'altra a forma di goccia posta al centro del pomolo, e la grande e rovinata scritta sulla lama, che la ragazza non era in grado di comprendere.

Quando aveva estratto la lama dal fondo roccioso del lago, la scritta si era illuminata di una luce color giada ma adesso, alcune ore dopo l'incidente nel bosco, aveva smesso di brillare. Qualcuno bussò alla porta e poco dopo la testa di Noah fece capolino nella stanza.
<<Ehi... posso entrare?>>
Lei annuì e il ragazzo andò a sedersi accanto a lei. Sheila sospirò e appoggiò la testa sulla spalla del fratello mentre lui l'abbracciò di lato. I due erano entrambi stanchi e Sheila avrebbe voluto rimproverare il fratello per essere ancora sveglio a quell'ora tarda della notte, ma dopo tutto quello che era successo, non ne aveva davvero la forza.

<<Come stai?>> le chiese Noah.
La ragazza si trattenne dal ridere. Dentro di lei, mille emozioni stavano combattendo una feroce battaglia l'una contro l'altra. Da un lato, era tremendamente preoccupata per i suoi genitori, scomparsi nel nulla a causa degli stessi soldati che avevano attaccato la foresta, dall'altro, era spaventata dal Varyel e da ciò che esso rappresentava: un destino oscuro e del tutto ignoto che l'avrebbe portata via da tutto ciò che amava. Sheila era indecisa su che via scegliere e continuava a domandarsi perché dovesse partire proprio in quel momento. Cosa avrebbe dovuto scegliere? La famiglia o il regno? L'amore o una gloria ipotetica? Sheila aveva sempre saputo che prima o poi il suo destino sarebbe tornato a bussare alla porta e perciò aveva già programmato di arruolarsi nell'esercito reale non appena avesse compiuto i tanto attesi diciannove anni, ma non aveva mai messo in conto che una cosa del genere potesse accadere. Che avrebbe dovuto fare? A chi avrebbe lasciato Noah adesso? Chi avrebbe atteso le fate, che erano già partite a cercare i loro genitori?

Suo fratello non poteva rimanere a casa da solo né poteva seguirlo nella sua avventura, aveva una salute troppo cagionevole e imprevedibile e poi a breve avrebbe dovuto recarsi nella capitale per proseguire i suoi studi. Il suo sogno lo attendeva ed era giusto che lui andasse.

<<Se ti riferisci alla spalla sto bene, sono solo un po' stanca.>>
Il corpo del fratello si irrigidì e Sheila notò la preoccupazione dipinta sul volto del ragazzo. Cosa avrebbe dato pur di farla sparire.
<<Questa non era la prima volta che lo incontravi vero? Eri già stata nella terra dei mostri...>>
Sheila si prese la testa fra le mani e sospirò.
<<Si, ci sono finita quando sei stato male la prima volta, è stato il cervo a riaccompagnarmi a casa... Già quella volta il re della foresta mi aveva predetto il mio destino.>>
Fra i due calò un silenzio pesante, accentuato dall'innaturale silenzio di quella notte.

AstromeriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora