Capitolo 11

1.2K 91 10
                                    

Sole e ombra

A volte di notte

accendo una luce

per non vedere

-Antonio Porchia

Maryssa si accostò alla finestra con lo sguardo perso sulle colline.

-Ce lo saremmo dovuti aspettare- mormorò. 

Il marito si lasciò cadere sulla poltrona di velluto.

-Non potevamo sapere che ci sarebbe stato anche...lui-.

-Però c'era e ci ha portato via l'unica cosa che ci serve per mettere fine a questa storia-. 

Everard sospirò.

-Ci ha portato via anche i nostri figli Maryssa-.

-Lo so- rispose lei -lo so...ma loro sono grandi se la sapranno cavare-.

-Potrebbero anche essere morti a quest'ora!- esclamò però il marito incredulo.

-Credi che non abbia paura anche io?!-.

-Dalla tua reazione non sembrava...-.

-Io amo i miei figli- mormorò stringendosi nelle spalle -li amo Everard-.

-Lo so- rispose il marito con dolcezza -è solo che a volte mi sembri così distante, so che pensi ancora a lui e lo capisco ma...-.

-Everard- lo interruppe lei voltandosi -io ti amo, mettitelo in quella dannata testa-.

L'uomo sorrise come riusciva a fare solo con lei.

-Anche io ti amo- rispose abbracciandola delicatamente.

Maryssa si fece circondare dalle braccia forti, molto simili a quelle di Tristan. Appoggiò la chioma castana sul suo petto e si lasciò cullare dal suo respiro, inebriandosi del suo profumo. Sì,forse a volte pensava a lui, a come sarebbe stata la loro vita se non fosse morto. Sarebbe stata perfetta. Sì, lo sarebbe stata. Ma purtroppo il destino non aveva giocato mai dalla sua parte. Adesso però aveva Everard che l'amava alla follia e due splendidi figli. Era perfetto anche così. Solo che a volte non lo sentiva suo. Sentiva di non essere una madre abbastanza presente e amorevole per i suoi figli, e probabilmente non lo era stata, sentiva di non essere una moglie abbastanza innamorata per Everard...

-Ce la riprenderemo- la rassicurò poi lui  interrompendo i suoi pensieri-dobbiamo solo riuscire a coglierla nel momento giusto-.

-E qual'è il momento giusto?- chiese Maryssa alzando la testa verso di lui -adesso è la fuori e non è rintracciabile, probabilmente l'avranno già presa-. 

Il marito premette delicatamente le sue labbra su quelle della moglie e dopo la guardò come la guardava ogni volta, innamorandosi di nuovo di lei.

-Non riusciranno a trionfare, come non ci sono riusciti l'ultima volta-.

***

La camera in cui Alana l'aveva scortata era la più bella che Iris avesse mai visto.
Si entrava da una grande porta di abete con le rifiniture d'oro, al centro della stanza c'era un enorme letto a baldacchino con coperte finemente ricamate con motivi floreali. Dalla parte opposta della stanza c'era un armadio enorme ma Iris era fin troppo stanca per poter anche solo guardarlo.

Mosse un passo e le gambe però le cedettero. Cadde a terra con un tonfo sordo e fu pervasa da un calore incontrollabile. Sembrava che le vene stessero per scoppiarle e che gli occhi emettessero lingue di fuoco. Deglutì, con la gola secca e le labbra pallide.
Strinse i pugni conficcandosi le unghie nei palmi, cercando di non urlare, fino a che non sentì rivoli di sangue colarle dai tagli.
A quel punto gridò.
Un grido acuto, dolorante, esausto e terribilmente spaventato.
Un grido che riecheggiò nei meandri della casa.
Un grido che Iris aveva cercato di reprimere dentro di sè da troppo tempo.
Un grido che trascinò con sé un'interminabile oscurità.

Elementi ||FuocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora