Prologo

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Otto anni prima

Le nuvole nascondevano parte del cielo stellato e Dyana dalla finestra della sua stanza vedeva solo dei tenui e lontani bagliori, nascosti da uno spesso strato nebbioso. Lì, distesa sul letto, con la testa rivolta verso la finestra, poteva udire bene i rumori notturni che solitamente le conciliavano il sonno. Ma quella notte era strana. Era come se, qualsiasi cosa facesse, non riuscisse a prendere sonno. Il vento non le sussurrava più dolci parole ma udiva soltanto gelide frustate contro i muri della casa, nell'aria non c'era più quell'inconfondibile odore di orchidee ma soltanto l'aroma di terra bagnata. Si attorciglió intorno al cuscino, in un groviglio di coperte, come se, così nascosta, potesse essere protetta. Le paffute mani da bambina stringevano forte il tessuto fiorato e i grandi occhi azzurri persistevano nello stare aperti.

Poi successe tutto d'un colpo.

Una catastrofe dopo l'altra.

Dyana non ebbe neanche il tempo di gridare.

La casa divenne un'unica fiamma. Non riusciva neanche più a riconoscere la sua cameretta.
Era circondata dal fuoco.
Il fumo le invase i polmoni non permettendole di respirare.
Non riusciva neanche a gridare, la gola le si era chiusa e gli unici suoni che riusciva ad ottenere erano rantolii sommessi.
Intorno a lei si udiva soltanto il crepitio delle fiamme e le urla della sua famiglia.
Udì suo fratello chiamarla più volte e lei avrebbe voluto raggiungerlo e morire insieme a lui, tenerlo per mano e aspettare insieme di essere sommersi dalle fiamme.
Ma non aveva la forza di alzarsi per raggiungerlo, nonostante lo volesse più di ogni altra cosa.

Chiuse gli occhi.

E per un attimo credette di essere morta davvero se solo non fosse stato per quel dolore alla mano.
Il palmo e il dorso erano ricoperti da bolle sanguinanti e le lacrime scesero senza che Dyana se ne rendesse conto.
Caddero sulla ferita sfrigolando e la bambina gemette, con la gola ancora bloccata dal fumo e dalle lacrime.
Si accasciò contro la parete e chiuse gli occhi.
Non riusciva più a resistere.
Voleva soltanto addormentarsi e risvegliarsi al fianco della sua famiglia di cui udiva ancora le grida.
Sentì, però, qualcuno alzarla di peso e trascinarla via.
Chiese ripetutamente che venisse salvata anche la sua famiglia ma lo sconosciuto non rispose nè si fermò.

Quando fu all'aria aperta la brezza fresca la colpì con tanta forza che, se non fosse stata tra le braccia di quella persona, sarebbe stramazzata a terra.
Tossì più volte liberando dai polmoni grandi quantità di polvere e fumo.
La manina ancora sanguinava ma ormai non sentiva più dolore.
O almeno non alla mano, lo percepiva sul petto, proprio all'altezza del cuore.

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