Capitolo 20

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Jace

-"Hai finito, adesso?" domanda Tyler all'odioso uomo a capo del branco più potente del mondo soprannaturale.

Una volta era il mio branco ad avere la supremazia. Mio padre era riuscito a creare dei rapporti solidi con tutti gli altri branchi. Gli altri alpha e tutti i licantropi sotto la loro ala protettiva si fidavano di lui, lo ammiravano. Erano stati stipulati accordi, alleanze e tutti potevano dire la loro, senza assolutamente essere squartati o bruciati vivi.

Oskar invece ha creato il suo regno sulla base della paura e della violenza, ottenendo con la forza quello che le parole non erano in grado di dargli. D'altronde anche suo padre, Andrew Evans, era così. Un mostruoso essere con il cuore di pietra, la coscienza nera come il catrame e le mani imbrattate del sangue degli innocenti.

Tale padre, tale figlio.

Avranno in comune anche la stessa fine.

Odio dover solo pensare di poter togliere la vita ad un essere vivente, per quanto cattivo possa essere. Ma non si tratta di quello che voglio io. È una cosa che va fatta.

I miei artigli sono sguainati e graffiano la pelle del collo di Oskar.

Poco fa mi ha supplicato di fermarmi, spiazzandomi. Ha ordinato ai suoi seguaci, nonché due miei carissimi amici d'infanzia, di lasciare andare i miei fratelli.

Forse sperava di intenerirmi? Bah! Cosa non farebbe per salvarsi la pelle!

Sto per tagliargli la gola una volta per tutte e farla finita, quando risponde con un ghigno alla domanda di mio fratello minore.

-"In realtà ho appena iniziato."

Gira il volto verso di me.

Vedo le tenebre nei suoi occhi, che arginano e tengono nascosta una strana luce. Quelle tenebre mi attirano. Richiamano la mia anima, la pretendono. Si attorcigliano come delle pesanti catene alla mia mente, imprigionandomi lontano dalla realtà.

Inizia a mancarmi il respiro e, mentre soffoco, le ombre mi oscurano la vista, ponendosi tra me e il resto del mondo, come delle scure nubi temporalesche che coprono il sole.

Per un attimo il gelo mi attanaglia il petto e la mente. Dopodiché è come se il mio corpo svanisse, così come la risata di Oskar e la voce di Tyler che, spaventato, urla il mio nome.

Barcollo tra le tenebre per un tempo indeterminato, riuscendo a malapena a mantenere la mia coscienza viva, a pensare.

È straziante. Mi sento impotente, inesistente.

Vorrei urlare, ma non ci riesco. Non sento nessun rumore, nessuna voce.

Che cosa mi ha fatto quel mostro? E cosa farà ai miei fratelli ora che sono fuori gioco?

Mi costringo a pensare, ad immaginare i volti delle persone che amo per tenermi ancorato alla vita, ma non ci riesco. Non riesco ad allontanare l'oscurità. Non riesco a respirare, a sentire il mio cuore battere. Non riesco a vedere, ad evocare immagini o ricordi. Anche il mio nome inizia a scivolare via.

Sono morto. Non esisto più.

Poi arriva la luce, violenta e bruciante, e il mondo mi piomba addosso con prepotenza.

Passo dal gelo delle tenebre e della morte al calore e al brio della luce e della vita.

Spalanco gli occhi all'improvviso, per trovare due pozzi d'argento liquido che incombono su di me.

Non credo di aver mai visto degli occhi così... belli. Sono luminosi e vivaci e risaltano su un viso giovane e dai tratti leggermente accentuati.

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