Capitolo XXVI

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Il silenzio del mattino riempiva la stanza. La Prima Campanella avrebbe suonato quando io mi fossi già trovata fuori dall'edificio, al sicuro dagli sguardi altrui. Lasciai scorrere il mio sguardo nella diciassettesima stanza dei dormitori femminili, l'unica cosa che avessi mai posseduto. Rilessi il biglietto che avevo scritto nel cuore della notte.

Cara Wendy,

Forse sarò l'ultima persona a chiamarti così, quindi non vorrei che questa occasione fosse legata a un ricordo negativo. Non sono mai appartenuta all'Istituto. Me ne vado non perché sia l'unica scelta, ma perché è la mia scelta. Tempo fa non te lo avrei detto, ma ora ho capito che la libertà esula dai limiti materiali. Fuori di qui, io non sarò più libera di quanto sia stata qua dentro. Sarò vittima della mia codardia, della mia arroganza e della mia intolleranza verso il prossimo, che ha visto in te il miglior sfogo per anni. Mi dispiace. Non sono la persona giusta per dispensare lezioni di vita, ma mi auguro che avermi avuta con te non sia stato un disastro su ogni fronte.

Tua Amira

Lo appoggiai sul cuscino. Volsi le spalle ai letti e inserii la chiave che non avevo mai restituito a W nella serratura. Ci fu uno scatto lieve, ma fu sufficiente.

"A..." udii sussurrare dietro di me, la voce impastata dal sonno. W mi osservava, gli occhi verdini spalancati. "L'ho sempre saputo, in fondo, che te ne saresti andata prima del tempo."

"Wendy..."

"Non c'è bisogno che tu dica nulla. È giusto così. Grazie per avermi impedito di essere un corpo vuoto. Grazie a te, non sarò mai completamente come gli altri" mi interruppe. "Addio, A..."

"Amira."

"Addio, Amira" ripeté.

"Addio, Wendy."

La stanza diciassette si serrò dietro di me. Non avevo ancora terminato la lista di cose da fare, là dentro.

Poco dopo mi trovavo di fronte alla mia vecchia stanza. Lo sgabuzzino. Come mi aspettavo, la serratura lì non funzionava più da tempo, e al mio tocco la porta scivolò rumorosamente sui cardini. J dormiva. Forse l'avevano sedato di nuovo.

Caro Josef,

Ti ringrazio per avermi voluto dire la verità, almeno alla fine. Non sbagliavi, quella sera. C'era una ragione per cui ci trovavamo lì, in quello stesso luogo, in quello stesso momento, che non fa parte di ciò che ci è comprensibile. Forse per la stessa ragione però, in futuro, ci rincontreremo. Non sei mai stato un corpo vuoto.

Tua Amira

Lo adagiai accanto alla suatesta addormentata. In quel momento le sue membra ebbero un sussulto. Aprì gli occhi e mi guardò attraverso le ciglia folte.

"Non parlare" lo pregai.

Non parlò. Eravamo a un soffio di distanza. Lui lo cancellò in un istante. Sentii le sue labbra sfiorare le mie, delicate come un'ape che passa di fiore in fiore. La Strana Emozione divampò dentro di me. "Addio, Josef" sussurrai.

Mi mancava un'ultima camera da visitare. Bussai a quella di Corinne, ma non ricevetti risposta. La tempestai di pugni senza successo. Non potevo andarmene senza averla salutata. Non potevo. Tuttavia, per quanto mi facesse soffrire, non avevo scelta. Non avevo nemmeno un biglietto perché era la sola persona che pianificassi di svegliare.

Scesi le scale per recarmi al luogo di incontro. Davanti all'Aula XXIII, scorsi una sagoma compatta nel buio. Corinne. La abbracciai con lo stesso trasporto che avevo da bambina. "Come... come lo sapevi?" balbettai.

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