Atto I: ritorno in patria

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Golfo di Botnia, 865

Il mare quel giorno era particolarmente calmo.
Sulla nave, gli uomini remavano al ritmo di urla silenti. Solo l'acqua salata sfoggiava il suo canto.
L'unico lato positivo di quella giornata era forse la brezza e gli spruzzi d'acqua che lavavano via il sangue dai loro volti e dai vestiti quando i remi colpivano quella massa informe.
Le Amazzoni si riposavano poggiandosi sul bordo dell'imbarcazione, ognuna ricordando i momenti passati insieme alle persone che quel giorno non erano insieme a loro. Solo il pensiero di una donna vagava in una direzione diversa. Saeräl stava infatti riflettendo su come un uomo possa essere tanto stupido da continuare una battaglia già persa, e ciò non faceva altro che martellargli in testa come l'utensile di un fabbro.
Con i gomiti poggiati sul legno e lo sguardo perso tra il blu del mare, la giovane vagava con la mente in acque sempre più torbide di rabbia, tanto da assumere, inconsapevolmente, un espressione di ghiaccio. Ma almeno era fortunata ad avere le persone a lei più care sane e salve nelle loro case.

Il viaggio di ritorno passò più lentamente del più gelido degli inverni. Con solo sette navi su quindici e un battaglione decimato di persone valorose, i guerrieri fecero ritorno nella loro terra natia. Ad aspettarli c'erano le poche persone a loro rimaste. Alcuni piangevano, altri, appena avuto il contatto con i familiari, mugulavano parole incomprensibili cercando di dargli le brutte notizie.
I pochi fortunati ad avere ancora qualcuno da cui tornare, invece, erano in pena per i compagni che avevano passato un giorno tanto straziante.
Ma Äbres non era in lacrime, nè in pena. Era adirato per la sconfitta.
Saeräl lo vide dirigersi pesante come un macigno verso la costruzione a lui riservata.
I suoi genitori le corsero incontro, ma lei quasi non se ne accorse. Continuava a tenere d'occhio il sovrano scellerato.
- Saeräl, figlia adorata! Sei tornata. Il mio cuore è ricolmo di gioia! - Disse la madre felice di sapere che sua figlia era salva.
La giovane rispose con un versetto di approvazione.
- Come va cara? Ti vedo pensierosa. - Constatò il padre accorgendosi che il suo sguardo era rivolto "all'orgoglioso".
Fino a qualche anno fa anche lui era nell'armata di Äbres e sapeva benissimo cosa si celava dietro quella retina di ferro e la barba scura e brizzolata. Più di una volta aveva avuto dei battibecchi con quell'essere, perchè tale era: un essere. Un figlio degli Dei non avrebbe un comportamento tanto privo di compassione o di ragione.
- No, è tutto a posto. - Terminò il discorso guardando per la prima volta dopo mesi i suoi familiari in volto. Un sorriso si fece spazio nelle guance rosee della ragazza. Gli occhi luccicavano alla vista delle due persone che le avevano insegnato a combattere.
- Torniamo a casa. Ho preparato il mio piatto forte! - Disse fiero l'omaccione gonfiando il petto e gettando alla figlia uno sguardo di sfida, come se pensasse che dopo quel tempo si fosse dimenticata delle capacità culinarie del padre.
- La lepre? - Chiese Saeräl speranzosa di sentire il "sì" del padre.
' Mi fa piacere che tu ne abbia ancora memoria. - Concluse guardandola come se lo avesse reso l'uomo più fiero di tutte le terre conosciute. E col sorriso sulle labbra si incamminarono in direzione della loro casa, estranei ai sentimenti contrastanti che provavano le persone intorno a loro.

Tra Sangue E Ossa             - L'Esercito Norreno -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora