Capitolo 2

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Il locale non era molto accogliente e tanto meno pulito, ma aveva quelle minime pretese della gente paesana che abitava quelle desolate e volgari montagne. Le pareti erano intonacate di un grigiastro mulo e ogni tanto presentava evidenti macchie di infiltrazioni di acqua. Il tetto fatto di mattoni assemblati per formare archi ricordavano le maestose ricche cantine di aceto balsamico di Modena o dei pregiati vini. Il colore dei mattoni era di un rosso acceso, con qualche mattone di argilla, più o meno simile al marrone, mentre il pavimento era di pietra grezza e grigia, che ricordava le nuvole prima di imbattersi in un temporale autunnale, per le sue forme causate dal calpestar delle persone, che con il passar del tempo levigarono, formando piccole profondità sulla superficie della pietra, una diversa dall'altra, per la grandezza o per la forma. Sulle pareti non c'erano quadri veri e propri, ma disegni a carboncino di una vecchia signora del paesello: rappresentavano per la maggior parte dei casi, luoghi del posto o visi di gente di importanza morale per il paesello. Le sfumature nere e grigie su un foglio bianco e che in certi punti sembrava più sciupato, rendeva una sensazione di svagatezza e superficialità. Le sue curve erano dolci e continue, con effetti evidenti di ombreggiature e caratteri vivi della tecnica del carboncino. Per illuminare l'affollata stanza si trovavano tre lampadari di legno che avevano la forma di quattro mezze ruote assemblate assieme formando un incrocio molto originale. Per ogni punta delle mezze ruote in origine venivano messe delle candele, ma in seguito la luce elettrica le ha sostituite con delle lampadine. Per tutto il muro, per dare maggiore luminosità, c'erano delle piccole e polverose applique. Di fronte alla cigolante porta, si notava il bancone, che era formato da tante lastre di castagno, con tutti i suoi evidenti nodi.

Mentre il vecchio della montagna, era seduto a bere il suo bicchier di vino rosso, le stridule voci delle persone, che parlavano della loro sfortuna ad avere carte da pinacolo così brutte o su chi fosse il prossimo a dover pagare il quinto giro di vino, disturbavano la quiete calma e onesta dell'uomo. Essendo abituato alla sua solitudine calma e amichevole, tutto questo chiacchierar, per uno scopo a suo avviso inutile e superfluo, lo inquietava e lo faceva sempre di più sentire come un estraneo. Continuava a vedere tutto con occhi di cattiveria e per ogni azione che avveniva la pensava un'offesa per la sua persona, burbera e ignorante.

L'atmosfera che era nell'aria del locale era mossa e chiassosa, dove si poteva percepire il tipico odore di vino, accompagnato al pane caldo. L'odore muffoso delle pareti e di stalla, rendevano una ineguagliabile sensazione, tipica del locale.

L'uomo Che Conobbe La Solitudine Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora