Capitolo quattro

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Cassie's pov
Oggi non sono andata a scuola: ho passato l'intera giornata nel letto a fissare il soffitto.
Mia madre è stata via dalla mattina fino al pomeriggio tardi, a causa del lavoro, ma mi avrà mandato una ventina di messaggi chiedendomi se stessi bene, e quando alla stasera è tornata è passata almeno dieci volte dalla mia camera per controllare che tutto fosse okay. La scuola deve aver chiamato per avvertirla del mio attacco di panico.
A parte per i messaggi di mia madre ho evitato tutti quelli di Hanna e di Martin, video chiamate comprese. Così, l'unica cosa a farmi compagnia oggi è stata il silenzio.
Ormai sono le otto e mezza, non ho né pranzato né cenato e il mio stomaco brontola disperatamente in cerca di cibo.
Mi alzo dal letto e scendo in cucina di soppiatto, afferro da un ripiano una busta di patatine e corro in camera richiudendomi la porta alle spalle. Stanca di stare sul letto, afferro una coperta, apro la porta-finestra ed esco sul balcone, mi arrampico sulla ringhiera e salgo sul letto appollaiandomi poco distante dal bordo.
Inizio a mangiare le patatine, alzando la testa di tanto in tanto per guardare il cielo ormai buio sopra di me. Il telefono in camera squilla di nuovo ma non me ne preoccupo minimamente.
Guardo la strada, piena di macchine che illuminano l'asfalto, i lampioni che sprigionano una luce giallognola fioca. Un'ombra al di sotto del lampione di fronte a casa mia cattura la mia attenzione e stringo gli occhi in due fessure per riuscire a capire chi sia e quando, dopo pochi secondi, mi rendo conto che quell'ombra è Seth un conato di vomito mi fa stringere le labbra e serrare gli occhi. Le scene del pomeriggio prima mi vengono in mente e mi sento davvero male, niente di tutto quello sarebbe dovuto accadere. Ringrazio Dio che Hanna era presente, che sapeva il significato di quelle tre parole. Ho spiegato ad Hanna di mio padre un pomeriggio, quasi di getto, sentendo che nonostante ci conoscessimo da poco mi sarei potuta fidare di lei e le ho scritto un poema sulla mia vita, perchè a gesti non sarei riuscita a dirle tutto dettagliatamente dato che ancora non sa perfettamente il linguaggio dei segni. Così ha letto, e dopo poche righe era già in lacrime, ma ha continuato a leggere e alla fine mi ha stretta forte a sè, sussurrando una dozzina di 'mi dispiace' intrisi di tristezza.
Quando riemergo dai miei pensieri Seth è ancora lì, riesco a sentire il suo sguardo su di me. La cosa mi spaventa e non poco, ho davvero paura di lui, di loro. Non solo perchè mi hanno torturata per tre anni, ma perchè mi hanno tolto la possibilità di avere nuovi amici. Nessuno in quella scuola conosceva e conosce il mio segreto, ma loro sono riusciti a far allontanare tutti da me, senza un vero motivo. Forse la gente trova più allettante vedermi umiliata ogni singolo giorno piuttosto che essermi amica. Come un lampo, mi rendo conto improvvisamente che anche Martin faceva parte di quella massa di muti, almeno quanto me su tutto ció che mi accadeva, e mi ritrovo a pensare che forse ho sbagliato a farlo entrare nella mia vita, ad aver permesso anche a lui di poter vedere la mia parte più debole, nonostante non sappia il motivo del mio attacco di panico. Ma poi penso che quel giorno, quando mi ha consegnato il mio quaderno, avrebbe potuto dire a tutti ció che scrivo, ma non l'ha fatto. Forse Martin faceva parte della categoria 'mi dispiace ma non ho le palle di dire qualcosa', e magari soffriva pure nel vedermi maltrattata ogni giorno.
Alla fine, decido di accantonare il pensiero, perché mi sembra la cosa più facile e di cose complicate nella mia vita ne ho già abbastanza.
È ora di guardare nel presente, non più al passato, e se quell'impertinente ragazzo che si è presentato al tavolo quel giorno, munito di vassoio in mano, iniziando a spettegolare, ha deciso di entrare nella mia vita va bene.
Guardo di nuovo Seth e opto per far finta che lui non sia ancora lì, sotto a fissarmi e mi lascio cadere tra le braccia di Morfeo, non prima di essermi coperta gialla che mi ero portata dietro.

Purtroppo proprio come ieri notte sogno mio padre, rivivo i ricordi di quando ero piccola e mi sveglio singhiozzando nel bel mezzo della notte. Qualcuno mi abbraccia immediatamente e riconosco subito il profumo, cosa che mi fa singhiozzare ancora più forte. Stringo le dita attorno ai lembi della sua maglia e mi ci aggrappo con tutte le forze.
«Ti prego C*, devi calmarti» dice la voce di mio fratello, attutita dai miei capelli, «devi calmarti altrimenti potrebbe venirti un altro attacco» dice di nuovo e cerco di trattenere il fiato, buttandolo poi fuori lentamente.
Una volta che mi sono calmata, sciolgo l'abbraccio "che ci fai qui?" gesticolo e lui sorride leggermente, «sono tornato per te» dice "e Tom?" «è qui con me, in città» "come stai?" «meglio, adesso che sono con te. Mi sei mancata tantissimo» "anche tu mi sei mancato tantissimo Wes".
«Dai scendiamo, andiamo nel letto che si sta più comodi che qui sul tetto» dice saltando sul balcone, mi afferra per i fianchi e mi trasporta direttamente in camera buttandomi sul letto «allora, come va a scuola?» chiede felice "ho conosciuto due nuove persone" gesticolo entusiasta, iniziando a spiegargli tutto su Hanna e Martin. Alla fine del racconto sorride felicissimo «sono felice che finalmente hai degli amici che ti vogliono bene» dice "anche prima avevo degli amici, non dei migliori amici ma li avevo" lo guardo perplessa «C..ho sempre saputo che tutte le storie che mi raccontavi su Skype erano inventate. Le persone sono tutte stupide C, non sanno cosa si sono perse in tutto questo tempo: una persona meravigliosa. Non avrei mai voluto che tu credessi che non ti avrei voluto bene sapendo la verità, perchè ogni singolo giorno sono stato orgoglioso di te, come lo sono oggi e come lo saró domani. Ti voglio bene e questo non cambierà mai C, sono davvero davvero felicissimo per te.» conclude e lo abbraccio forte, fino a togliere il respiro ad entrambi. Sempre abbracciati ci addormentiamo e l'ultimo mio pensiero prima che la mia mente cada di nuovo nel buio è che sono davvero fortunata ad avere Wes.

La mattina seguente prego disperatamente mamma, Wes e pure Tom, che è venuto a fare colazione con noi a casa, di non andare a scuola ma sono stati irremovibili.
La mattinata si prospetta davvero pessima perchè dovró dare delle valide spiegazioni sia a Hanna che a Martin.
Purtroppo, a quanto pare, la giornata è destinata a peggiorare drasticamente quando davanti a scuola vengo accolta subito dai miei tre incubi viventi, che decidono di trascinarmi dietro alla scuola prima che Hanna o Martin possano vedermi.
«Abbiamo qualcosa da proporti, dolcezza» ghigna Scott e inizio a tremare.

*'C' è il soprannome con cui Wesley chiama Cassie e si pronuncia 'si'.

-angolo ansia-
Finalmente eccomi tornata con un nuovo capitolo! Spero davvero che vi piaccia, lasciate un commento per farmi sapere cosa ne pensate.
P.s.:scusate per gli eventuali errori di battitura che mi sono sfuggiti.

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