Capitolo 8 - You're So Hypnotizing

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Sentii bussare alla porta di camera mia. Stavo riguardando le foto che avevo scattato il giorno precedente in giro per Londra e ripensando al bellissimo pomeriggio passato insieme a Zayn.
“Avanti.” Risposi, appoggiando il telefono di fianco a me sul letto.
“Hey.” Disse Harry, entrando. “Mamma e James vogliono parlarci.” Aggiunse. Immediatamente entrai in panico. Avevano scoperto della scappatella al pub e mi stavano per buttare fuori di casa. O peggio, mi volevano sbattere in collegio. Sgranai gli occhi e, istintivamente, mi aggrappai alla coperta del letto.
“Rilassati, è il loro anniversario e, come tutti gli anni, vogliono avere del tempo da soli e vogliono chiederci se possiamo fare da babysitter ad Elizabeth.” Mi spiegò quando notò la mia espressione. Mi rilassai ed espirai. Non mi ero nemmeno accorta di aver trattenuto il respiro per qualche secondo. “A proposito, firma questo.” Aggiunse porgendomi un bigliettino.
“Cos’è?” Chiesi incuriosita.
“Il biglietto per il loro regalo di anniversario. L’ho comprato io l’altra sera, è una bottiglia di vino abbastanza pregiato. A loro piace.” Rispose. Harry non lasciava proprio nulla al caso, vero? Ci teneva alla sua famiglia. Io non sapevo nemmeno che fosse l’anniversario di matrimonio di mio padre e la sua nuova moglie, figurarsi se avrei mai pensato di comprare loro un regalo.
“Quanto ti devo?” Chiesi dopo aver firmato il biglietto. Non volevo che si accollasse da solo la spesa.
“Nulla, figurati.” Rispose e mi rivolse quel maledetto sorriso furbo che mi faceva accelerare il cuore ogni volta.
Lo seguii al piano inferiore, dove mio padre e sua madre ci stavano aspettando.
“Rebecca, Harry…” Cominciò a dire Anne.
“Buon anniversario.” La interruppe lui, porgendole la bottiglia di vino con attaccato il biglietto che avevo appena firmato. Poi la abbracciò e le diede un bacio sulla guancia.
“Buon anniversario.” Dissi anch’io e andai ad abbracciare mio padre, che sembrava davvero sorpreso.
“Vi siete ricordati! Grazie!” Esclamò Anne, guardando il figlio con amore. Un pensiero odioso si formulò nella mia mente: mia madre non mi aveva mai guardata così.
“Certo! E ho già parlato con Rebecca: questa sera penseremo noi a Lizzie mentre voi andrete a mangiare fuori e vi divertirete.” Rispose Harry.
“Grazie.” Disse Anne, estendendo il suo sorriso anche a me.
“Rebecca, vorrei parlarti un secondo.” Intervenne mio padre. Sentii il cuore accelerare di nuovo e, questa volta, era per la paura di aver fatto qualcosa di sbagliato. “Questa settimana ti sei comportata veramente bene. Hai fatto la babysitter tutti i giorni, sei stata scrupolosa con i soldi guadagnati e ieri sera sei tornata in tempo per cena come ti avevo chiesto. Sono orgoglioso di te.” Aggiunse. Sentii un calore invadermi tutto il corpo. Mio padre era orgoglioso di me. Nessuno mi aveva mai detto nulla del genere.
“Dici sul serio?” Chiesi, incredula. Stavo provando un miscuglio di emozioni mai provate prima e la parola ‘orgoglioso’ continuava a rimbombare nelle mie orecchie.
“Certo, Becca. Ero preparato al peggio, ma stai migliorando. Ti stai comportando molto bene e la cosa mi rende fiero.”
Orgoglioso, fiero. Alcune lacrime stavano minacciando di fare comparsa nei miei occhi. Mi morsi il labbro inferiore e le ricacciai indietro.
“Grazie.” Risposi sentendomi, per la prima volta nella mia vita, umile. Per anni non avevo desiderato nient’altro che l’approvazione dei genitori e non l’avevo mai ricevuta. Mia madre si accorgeva di me solo quando il suo nuovo compagno di turno non era in casa e mio padre… beh, lui aveva cambiato continente per non stare con me. O almeno così credevo. Mia madre adorava ripetermi quella storiella.
“Continua così.” Rincarò la dose mio padre, appoggiandomi una mano sulla spalla e guardandomi negli occhi. Improvvisamente un pensiero si fece spazio nella mia testa: mio padre era orgoglioso di me. Non avevo intenzione di fargli cambiare idea su di me un’altra volta. Avrei fatto il possibile per farlo restare fiero di me.
 
“Ti sei calmata rispetto ai primi giorni, eh?” Mi chiese Harry mentre stavamo cucinando. O meglio, lui cucinava e io mi limitavo a controllare che Elizabeth stesse bene e preparavo il tavolo per la cena.
“Sono cambiate tante cose.” Risposi alzando le spalle.
“Quindi se venerdì prossimo uscissimo ancora insieme ad Eleanor e Louis…” Cominciò la frase e si girò a guardarmi.
“Non mi ubriacherei come l’altra volta.” Conclusi.
“Bene, perché volevamo sperimentare un altro locale nel Mayfair, il Project. Pare che sia relativamente nuovo.”
“D’accordo. Niall non viene?” Chiesi.
“No, lui non ama andare nei locali. Preferisce stare a casa a giocare ai videogame.”
“Capito. Hai bisogno di aiuto a fare qualcosa?” Chiesi, guardandomi intorno. Il tavolo era pronto ed Elizabeth stava colorando di rosa un dinosauro. Scelta bizzarra, ma probabilmente aveva senso per una bambina di quasi quattro anni.
“No, grazie, tra poco è pronto.” Rispose, così mi sedetti di fianco alla bambina e controllai se avevo ricevuto qualche messaggio. Avevo una notifica di Facebook, così aprii l’applicazione e lessi quello che Rachel aveva postato sulla sua bacheca, taggandomi: “Nel caso non vi fosse ancora chiaro il concetto, Rebecca Clark è in riabilitazione in Inghilterra per abuso di alcool, quindi smettetela di chiedermi dove sia finita. Io e lei non siamo più in contatto. Anzi, spero che marcisca laggiù.” Seguiva una lunga fila di commenti del tipo: “Che sfigata!” o “Quella stronza, le sta bene!” e “Finalmente possiamo smettere di preoccuparci per i nostri ragazzi. Spero che stia lontana da Beverly Hills per tutta la vita, così non dovrò preoccuparmi che si porti a letto il mio ragazzo.”
“Sei triste?” Mi chiese improvvisamente Elizabeth con la sua vocina. Mi porse un pennarello rosa, probabilmente convinta che avrebbe reso migliore il mio umore. Mi costrinsi a sorriderle.
“Rebecca, è successo qualcosa? Perché stai piangendo?” Mi chiese Harry. Asciugai gli occhi con il dorso della mano. Non mi ero accorta che alcune lacrime erano sfuggite al mio controllo.
“Non è nulla.” Risposi velocemente. Harry, però, era stato più svelto ed era già dietro di me.
“Chi è questa?” Chiese, dopo aver letto il messaggio di Rachel. Abbassai lo sguardo e mi morsi il labbro inferiore.
“Quella che doveva essere la mia migliore amica.” Risposi a bassa voce.
“Perché sta mettendo in giro queste voci su di te?”
“Ti giuro che vorrei saperlo. Non lo so, pensavo che fossimo amiche…”
“Scusa, ma tu non le hai risposto?”
“No, non so cosa dirle.”
“Per esempio puoi cominciare a farle fare la figura della bugiarda, perché non sei in riabilitazione, ma sei solo in vacanza in Inghilterra.” Suggerì Harry mentre serviva i nuggets di pollo e le patatine ad Elizabeth.
“Lascia stare, non ha senso combattere con Rachel. So di cosa è capace.” Risposi chiudendo l’applicazione di Facebook e appoggiando l’iPhone di fianco al mio piatto.
“Cosa può essere peggio di quello che sta già facendo?” Insistette Harry. Aveva servito nuggets e patatine anche a me e mi si era seduto di fronte. “Ti sta distruggendo la reputazione e sta alienando tutti i tuoi amici.”
“Harry…” Cominciai. “Finché vivevo anch’io a Beverly Hills non me ne rendevo conto, ma da quando sono qui, e sono arrivata da poco più di una settimana, ho capito che gli amici che avevo là non erano altro che bugiardi. Ero popolare a scuola e a loro interessava solo venire alle feste insieme a me.” Spiegai.
Harry aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiuse e stette zitto. Mangiammo in silenzio per un po’. Elizabeth si guardava intorno, spaesata, e poi cominciò a raccontarci la storia di Gerard, il dinosauro maschio che era nato rosa e quindi nessuno lo voleva. Era la sua versione del brutto anatroccolo e mi strappò un sorriso.
 
Dopo cena Elizabeth ci convinse che avremmo dovuto assolutamente guardare “La Bella e la Bestia” con lei, così ci sistemammo tutti sul divano in soggiorno e cominciammo a guardare il cartone animato insieme.
“Però poi subito a nanna.” Aveva detto Harry ed Elizabeth, tutta felice, annuì e si accoccolò tra di noi. Inutile dire che, dopo quarantacinque minuti, la bimba si addormentò profondamente, così la portammo a letto.
 
“Cosa guardiamo?” Mi chiese Harry dopo essere tornati in soggiorno.
“Non lo so.” Risposi prendendo il telecomando e cominciando a cambiare i vari canali. Trovammo delle repliche di “True Blood” e cominciammo a guardarle.
“Hai pensato se rispondere a Rachel o no?” Mi chiese Harry dopo un po’.
“No.” Risposi. Lo vidi raddrizzarsi sul divano.
“Non voglio che ti tratti così.” Ammise a bassa voce, parlando lentamente. Mi girai a guardarlo, sorpresa.
“Perché ti interessa?” Domandai. Non voleva essere un’accusa, la mia era pura e semplice curiosità.
“Non lo so, perché anche se ti conosco da poco non mi sembri una brutta persona. A parte quel paio di episodi all’inizio, che non ti rendono un’alcolizzata ninfomane, ma semplicemente umana, sei a posto. Mi dispiace che quella stronza ti tratti così e ti faccia stare male.” Rispose alzando le spalle. Il soggiorno era buio e i nostri visi erano illuminati solo dalla scarsa luce che proveniva dalla televisione.
“Sinceramente pensavo di cancellare il mio account di Facebook.” Confessai alla fine.
“Così la dai vinta a lei, però.”
“Lo so, ma non vedo un’altra via d’uscita.”
“Ce n’è una ed è semplice. Dammi il telefono.”
Lo fissai per qualche istante, poi presi il mio iPhone dal tavolino e glielo passai, sedendomi più vicina a lui. Harry aprì l’applicazione di Facebook e cercò il post di Rachel.
“Cosa vuoi fare?”
“Sono indeciso tra il risponderle semplicemente, oppure allegare anche una bella foto che dimostri che sei viva e vegeta e non in clinica.” Rispose, pensieroso. Dopo qualche secondo accese la luce del soggiorno e mi scattò una foto.
“Non sono in riabilitazione, sono in vacanza da mio padre. Un saluto dall’Inghilterra e andate all’inferno.” Mormorò mentre digitava sul mio telefono.
Fino all’ultimo secondo non ero sicura che si trattasse di una buona idea ma alla fine mi convinsi perché tanto non avevo nulla da perdere. Avevo già capito che dovevo eliminare quella gente dalla mia vita, tanto valeva farlo in stile. Harry inviò il commento con il mio profilo e aspettammo insieme di vedere la reazione dei miei ex amici. Sotto alla mia foto iniziarono a comparire messaggi di scuse e notai che tanta gente aveva cancellato i commenti cattivi postati in precedenza.
“Visto? Bastava poco.” Disse Harry cingendomi le spalle con un braccio. Mi voltai a guardarlo e tornai ad avvertire la solita stretta allo stomaco. Possibile che non riuscissi a guardarlo negli occhi senza provare quella sgradevole sensazione? Deglutii, cercando di costringermi a non pensare al pub. Non era facile. Sembrava che il suo braccio pesasse tantissimo sulle mie spalle e non ero mai stata tanto consapevole della sua presenza di fianco a me. Anche lui mi stava fissando.
Eravamo immobili, a pochi centimetri di distanza. Avevo quasi paura a respirare.
Improvvisamente, ma molto lentamente, cominciò a muovere il suo viso verso il mio. Chiusi gli occhi e mi tornarono in mente le parole di mio padre. Orgoglioso, fiero
“Harry, fermati.” Dissi. Il ragazzo si immobilizzò e poi, come se avesse realizzato cosa stava per fare, girò il viso dall’altra parte e cominciò a guardare la televisione.
“Mi dispiace, non so cosa mi è preso.” Si scusò.
“Non importa.” Risposi e mi alzai dal divano. “Vado a letto, a domani.”
“Buona notte.”
Cominciai a salire le scale per arrivare in camera mia con mille emozioni contrastanti e mille pensieri che occupavano la mia mente. Perché non riuscivamo a stare lontani l’uno dall’altra? Non avevo mai provato quell’attrazione fisica con nessuno in tutta la mia vita.

Another World || [One Direction]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora