CAPITOLO 4

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"Guarda, guarda chi è risorto dal regno dei morti!"

Sherlock alzò a malapena lo sguardo dal suo portatile. "Mycroft. Noto con dispiacere che non hai perso il tuo orribile senso dell'umorismo. Sei ingrassato dall'ultima volta che ti ho visto."

Mycroft si tastò istintivamente la pancia. "Al contrario, sono dimagrito."

"Sì, sì." mormorò il fratello tornando a concentrarsi sul computer.

Il maggiore degli Holmes si sedette davanti alla scrivania di Sherlock, i gomiti appoggiati sul tavolo e le dita intrecciate sotto il mento. Studiò il fratello per alcuni minuti, senza proferire parola. Da quando era entrato nello studio del vecchio Buckingham Palace, aveva subito notato qualcosa di diverso in lui. Era stata una percezione. Piccola piccola. Ma c'era.

"Allora, mi vuoi dire che fine avevi fatto?"

Sherlock non staccò gli occhi dallo schermo del portatile. "Mi sono preso una piccola vacanza."

Il viso di Mycroft si fece improvvisamente minaccioso, gli occhi ristretti, che sembravano volerlo sbranare per la sua solita impudenza. "L'essere figlio di Siger Holmes non ti consente di fare come ti pare. Ci sono delle regole da rispettare, Sherlock. Se vuoi una vacanza allora devi chiedere un permesso."

"Sì, mamma."

Mycroft sbuffò spazientito, ma non lasciò che la benzina di suo fratello facesse divampare il piccolo focherello di rabbia che ardeva in lui. "Ho sentito che ti sei trovato un coinquilino."

Stavolta, Sherlock si immobilizzò. E quel fatto non sfuggì al maggiore.

"Vedo che i tuoi uomini sanno ancora fare il proprio mestiere."

Il fratello sorrise falsamente. "I miei uomini non c'entrano. Ho parlato con quel tuo amico, Lestrade, per sapere se aveva tue notizie e mi ha raccontato questa bella storia della convivenza." Le sue iridi grigie tradivano impazienza, esprimevano malizia. "Ora mi chiedo: come mai ti sei cercato un coinquilino?"

"Suppongo che non ci siano molti motivi per trovare qualcuno con cui abitare." rispose evasivo Sherlock.

"Solitamente per soldi. Per risparmiare. Ma non mi sembra che i soldi ti manchino." osservò Mycroft facendo correre lo sguardo per la lussuosa stanza in cui si trovavano. "Per socializzare? Non mi sembri il tipo da lunghe chiacchierate di fronte ad una tazza di the. E allora perché?"

Il fratello chiuse di scatto il portatile e le immagini del fascicolo sulla famiglia Watson scomparvero. "Perché sì, Mycroft. Non verrò certo a dare spiegazioni a te."

Un sorrisetto impertinente comparve tra le labbra sottili di Mycroft. "E questo Watson? Com'è?"

"Questo Watson, come lo chiami tu, è una persona normale, innocua e non è un Incompleto. Ti basta?"

"Che cos'è questa vena rabbiosa che sento nella tua voce, fratellino?"

Sherlock, sotto la scrivania, strinse i pugni. Doveva voleva arrivare? Che cosa voleva sapere con quell'espressione viscidamente soddisfatta dipinta in volto? Gli mancava l'aria, aveva bisogno di andarsene, di tornare a Baker Street da John. Anzi, di tornare a Baker Street e basta.

"Non c'è nessuna vena..."

"Siete amici?"

Il fratello minore lo guardò con astio e comprese: voleva giocare. Era l'unica cosa che Mycroft aveva sempre amato. Divertirsi a sue spese. Voleva metterlo alle strette, guardare le sue reazioni, studiarlo.

Cuore sul grillettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora