Ore 21:00
Mi rifiuto nuovamente di utilizzare la formula "Caro diario..", perciò inizierò subito col dirvi che il tempo non ha dato segni di miglioramento in questa ultima settimana, anzi. Se prima la pioggia di per sé creava problemi alla maggior parte delle persone, l'arrivo del freddo non fa che incrementare la presenza di nuovi post su Facebook in cui la gente tende a spacciarsi per metereologa d'occasione.
"Odio il freddo, rivoglio l'estate!";
"Sembra il giudizio universale là fuori, da non credere!";
"Ma anche da voi sta venendo giù qualcosa di simile a una bufera?".
Ma non posso non citare gli immancabili bulli della situazione, con post del tipo "Non serve che pubblicate stati di aggiornamento meteo ogni 5 minuti, la vedo da me la situazione!", oppure "Sembra che Facebook si sia trasformata in una stazione metereologica, non se ne può più di avere la home intasata!".
Ovviamente i "mister-coerenza" sono quelli che la sera dopo iniziano a pubblicare stati su stati del risultato delle loro amate partite di calcio, con tanto di aggiornamento in tempo reale sulla doppietta di Ronaldo o sulla parata di Buffon.
Robe da non credere.
Comunque, dato che questo tecnicamente è il mio diario, mi sento libera di dare aggiornamenti meteo, soprattutto perché amo l'inverno. Quando piove, e ciò accade per la maggior parte della stagione, mi sembra sempre che la natura si sintonizzi con il mio umore. E poi posso mettere le felpe extralarge comprate nel reparto maschile di H&M, che non fanno che aumentare il mio anonimato. Proprio quello che ci vuole.
Ma l'inverno è fatto soprattutto per i libri e il caffè. Che scena romantica direte voi, no? In realtà è proprio l'obiettivo del mio anno: rinchiudermi in camera e leggere quanti più libri possibile, facendo le ore piccole grazie a litri di buona e salutare caffeina, alternando la lettura con appassionanti serie TV. Uno spasso. Per la maggior parte i ragazzi della mia età si trovano al bowling o al bar all'angolo, luoghi come altri per passare una serata in compagnia tra amici sorseggiando una birra e giocando a carte. Ovviamente tra loro c'è anche Izzy, che non fa che provare a convincermi a raggiungerla. Sono un osso duro. Incredibilmente duro.
Le persone con cui gira non mi piacciono poi molto; un gruppo di ragazzi pieni di sé, convinti di avere il mondo ai loro piedi. Per non parlare delle ragazze, attente solo all'aspetto esteriore e senza una particolare personalità, tranne quando si tratta di parlare dell'ultimo rossetto di MAC lanciato sul mercato. Sì lo so, sembra il solito cliché non è vero? La tipica ragazza sfigata, asociale e disadattata alla scoperta del mondo. Beh, non nel mio caso. Scoprire quel mondo è un'esperienza della quale faccio volentieri a meno.
Come avrete intuito, l'unica persona che ho mai lasciato avvicinare è Isabelle. Non ho mai sentito la necessità di circondarmi di persone, tanto meno di definirle amiche. Finché ci sono i miei libri sto bene così. I libri per me hanno l'incredibile capacità di non farmi mai sentire sola, di farmi sentire amata e accettata, in un universo tutto mio.
A che serve viaggiare e vivere avventure pericolose quando posso benissimo farlo da casa, seduta comodamente sul letto. E poi, meglio affezionarsi nell'immaginazione piuttosto che nella realtà, almeno lì nessuno può abbandonarti.
Non mi devo misurare con il peso dell'esistenza, soprattutto quando di delusioni ne ho già ricevute abbastanza.
L'ultima delle tante è stata la perdita di Michael. Come vi dicevo, non ho mai avuto amici, ma Michael era diverso, non era un amico. Fu in prima superiore che Izzy iniziò a cambiare nell'aspetto, cosi come nel carattere, tendendo a escludermi ogni giorno un po' di più. Avrete anche capito che però io non sono proprio il genere di persona che ci fa caso; "Tanto meglio" ho pensato, "così almeno non darò più nell'occhio". Per tutto il primo semestre mi ero sentita un po' come l'asso della situazione. Avete presente il film, no? A.S.S.O., amica sfigata strategicamente oscena. Non che io sia oscena, si fa per dire, ma in ogni caso la maggior parte mi avrebbe comunque definita come quella sfigata.
Per coronare quell'entusiasmante primo semestre e detenere ufficialmente il primato di "sfigata colossale", venni pure rimandata in biologia. A rendere ancora più evidente il mio fallimento fu che nell'aula di recupero c'erano solo due persone: io e Michael. Lui per me fu una presenza costante per due mesi della mia vita. Non parlavamo mai, non eravamo neppure seduti vicini, tuttavia il nostro rapporto, fatto di semplici gesti e accortezze, ci persime di creare un legame senza bisogno di parole. Sapeva riconoscere esattamente il mio sguardo colpevole quando dimenticavo i compiti ed era sempre pronto a passarmi i suoi. Quando dimenticavo distrattamente le cose lui era lì, già pronto con qualche penna o matita in mano, per prestarmela. E, ovviamente, io facevo altrettanto per lui.
Dare e avere ragzzi, una legge universale.
Mi ero molto affezionata a questa persona che riusciva, per così dire, a leggermi nel pensiero e a intuire prima di me le mie stesse esigenze, con grande premura. Purtroppo non mi ero accorta che Michael fosse malato.
Molti la chiamano depressione, io lo definirei silenzio. Silenzio perché non riesci a sentire nulla se non il peso incombente del vuoto che ti scava il petto, che ti lacera l'anima, fino a farti tacere. Ma per me Michael era tutto fuochè vuoto. Aveva l'animo grande, di chi metteva sempre gli altri prima di sé stesso, troppo offuscato dal suo silenzio per rendersi conto di ciò che lo circondava. Sì, parlo al passato perché purtroppo Michael non c'è più. Il giorno dopo aver ricevuto l'esito dell'esame di recupero, in cui entrambi ottenemmo un voto positivo, decise di mettere a tacere la sua vita.
Complimenti Silenzio, uno a zero per te!
A volte mi piace pensare che abbia aspettato proprio quel giorno per vedere se ce l'avremmo fatta a passare, insieme.
Non andai al suo funerale. In fondo non lo conoscevo cosi bene, anche se mi sembrava di conoscerlo meglio di chiunque altro. Forse perché a volte anche io mi sento vuota, proprio come lui.
Impiegai mesi a riprendermi e forse non mi sono ancora ripresa del tutto.
Non lo raccontai mai a nessuno, di me e Michael. Non venni nemmeno più rimandata. La paura di ritrovarmi nuovamente in una simile situazione era troppa per rischiare di prendere anche solo un'insufficienza. E così decisi che non mi sarei nemmeno più affezionata a nessuno in particolare. Nemmeno al gatto della vicina che ogni tanto faceva capolino sul mio balcone in cerca di qualche carezza. Non sono fatta per queste cose.
Inutile dire che non ho visto più nemmeno lontanamente una persona che potesse somigliare a Michael. La maggior parte dei ragazzi oggi sono persone troppo frivole per poter andare oltre l'aspetto esteriore, troppo concentrate sull'impegno irrinunciabile di aggiornare i loro stati su Facebook o postare la foto del loro I-phone nuovo su Instagram per potersi preoccupare dei sentimenti di una persona. E fu proprio gironzolando su Facebook in cerca di informazioni su Michael che capii.
A quel tempo mi avevano avvisata della nascita di una nuova pagina, fondata da admin anonimi che si divertivano a pubblicare post in cui denigravano altri ragazzi. A me non era mai successo, dopotutto ero troppo anonima io stessa per poter rientrare nella categoria di "persona interessante" di cui parlare. A quanto pare però questo non era valso anche per Michael. C'è chi dell'opinione della gente se ne frega, ignorandola. E c'è chi viene colpito nel profondo, come una scheggia che si insinua al centro del petto, sopra la quale la ferita si rimargina, ma che non potrà mai essere estratta. E così accadde per Michael. Io non lo definire "debole", piuttosto lo chiamerei "diverso". Certe persone sentono le emozioni in maniera più amplificata rispetto agli altri, e per lui fu così. Non aveva colpe, in fondo. È per questo che io preferisco sentirmi vuota piuttosto che rishiare di provare tutto. Mi concedo saltuariamente il lusso di emozionarmi grazie ai libri.
Tutto ciò però non ve l'ho detto solo per farvi capire quanto asociale io sia, ma anche per rendervi partecipe dell'immensa avversione che ho provato quando Izzy mi ha chiesto di partecipare con lei a una festa di Halloween organizzata da alcuni suoi amici. BAM!
Colpo di scena.
So che starete pensando "Tanto ha rifiutato, vi pare che sacrifichi tempo pezioso per la lettura e un bel bagno caldo a una festa in maschera. Ma che ha, 11 anni?" Ma non è andata proprio cosi.
Quando siamo sole io e Izzy andiamo incredibilmente d'accordo; lei è una persona diversa, quella che potrei definire, per rendere l'idea, la mia Izzy. E ci divertiamo anche molto. Già, non sono poi tutta questa noia e banalità, sapete? Solo che solitamente non mi riesce spontaneo, ecco tutto. E lei che ha saputo "prendermi", per così dire, ha avuto il privilegio di vedere il lato di me che definirei frivolo e spensierato.
E così è iniziato il gioco delle scommesse. Ancora ricordo quella volta che, da bambine, abbiamo deciso di scommetere se la fruttivendola portasse o meno le mutande. Io ero per il "team NO" e quando Isabelle ha deciso di verificare in modo piuttosto invasivo chi si sarebbe dovuta aggiudicare la vincita, ci eravamo anche rese conto che avevo vinto io. Un pacco da 30 marshmellow, signori e signore. Meritato, comunque, visti anche giorni di punizione che avevamo dovuto scontare per quella bravata.
Qualche giorno fa, mentre eravamo al centro commerciale, abbiamo iniziato a interrogarci sulla grandezza naturale delle tette di una commessa, finché abbiamo deciso di scommetere. Per me erano indubbiamente rifatte. Ma, dopo averla osservata un pomeriggio e aver aspettato il momento del "saltello del gradino" ci siamo rese conto che oscillavano troppo per essere di silicone. 1 a 0 per Izzy.
E, in quanto vincitrice, quella stronza ha deciso di obbligarmi ad andare a quella maledetta festa. Uno spasso, vero? Ovviamente se crede che mi travestirò si sta sbagliando di grosso.
L'idea di partecipare a quello che definirei un groviglio di adolescenti che si strusciano tra loro seguendo il ritmo di qualche schifezza commerciale inebriati da fiumi d'alcol, proprio non è la migliore delle aspettative, secondo il mio modesto parere. Mi limiterò a osservare lo scempio seduta in un angolo, sorseggiando una limonata e impersonando una componente dell'arredo.
Comunque mancano ancora diversi giorni prima del fatidico evento quindi cercherò di preoccuparmi il più tardi possibile di qualsiasi ipotetica situazione di disagio.
Ah, dimenticavo, tra qualche giorno inizia pure l'università. Ultimamente la mia vita si sta riempiedo di aspettative non richieste, a quanto pare.
Ora però vi lascio, si è fatta quasi l'una ed è arrivata l'ora dello spuntino e delle serie TV. Ho deciso di iniziare "Thirteen reason why", dato che è da quasi un anno che tutti ne parlano come se fosse il capolavoro del nuovo millennio. Vi farò sapere.
Ci si aggiorna, passo e chiudo!
