Tutte le mattine il capitano Levi si alzava alle quattro. Dopo essersi vestito faceva una bella corsa lungo tutto il perimetro della base militare dove viveva. In seguito si preparava per iniziare a lavorare.
Un giorno d'autunno era iniziato esattamente in quel modo. Levi stava guardando il suo riflesso nello specchio. L'uniforme che di solito indossava nei giorni normali era perfetta su di lui. Strinse i lacci degli anfibi e si pettinó i capelli neri per bene. In quel momento qualcuno bussó alla porta.
«Avanti» disse seccato il capitano.
Un soldato castano entró nella stanza e scattó sull'attenti.
«Signore! Il comandante Erwin Smith desidera riceverla immediatamente!» gridó quel ragazzo.
Levi annuí e lo cacció tirandogli dei calci sulle natiche.
«Urlare in quel modo alle quattro di mattina? Pazzo» sussurró Levi raccogliendo dei fogli sulla sua scrivania.
Quando bussó alla porta da cui si accedeva all'ufficio del comandante, una voce profonda gli diede il permesso di entrare.
Levi non si prese il fastidio di salutare il suo superiore come si conveniva, ma gettó i fogli che aveva portato con sè sulla scrivania al centro della stanza.
«Grazie» disse un uomo biondo seduto composto sulla sedia davanti al tavolo.
«Questa volta non ti ho fatto aspettare tanto per il rapporto, Erwin.»
«Certo Levi, è come dici tu.»
Il comandante sbadiglió e continuó a leggere e a firmare dei documenti.
«Erwin, da quanto non dormi?»
«Non so. Penso un giorno.»
«Hai mangiato?»
«Non mi ricordo.»
Levi tolse la penna dalla mano si Erwin e spostó i fogli sulla scrivania per poter sedersi di fronte all'uomo biondo.
«Erwin, so che sei forte, ma non puoi andare avanti cosí!» lo rimproveró Levi.
«Cosí come?»
«Stai tutto il giorno e la notte a riguardare questi documenti! Non mangi ma bevi costantemente. Non ti fai neanche piú la barba.»
«Questa guerra non si vince da sola, capitano!» gridó Erwin.
L'uomo biondo si alzó di scatto e fece qualche passo attraverso la stanza per calmare la sua ira.
Si giró verso Levi che era ancora seduto sul bordo di legno del tavolo.
I capelli biondi del comandante erano in disordine e un sottile ma evidente strato di peluria cresceva incolta intorno alla bocca e sulle guance. I muscoli scoperti delle braccia erano tesi cosí tanto che le vene si vedevano pulsare. I pantaloni e gli stivali erano slacciati e non portava la camicia mimetica. Gli occhi erano arrossati per essere stato troppo tempo a leggere con la luce da tavolo accesa, cosí come le guance colorate per l'alcol assunto con del liquore forte. Si vedeva che era stanco, ma ce la metteva tutta per svolgere il compito che gli spettava impeccabilmente.
«Capitano Ackermann, questa sera andiamo in missione. Mi farebbe piacere se andassi a preparare il necessario» parló il biondo.
«Solo se lasci che ti accompagni a riposare.»
«Non posso riposare adesso. Ho ancora del lavoro da svolgere.»
«Non avrai intenzione di comandare degli uomini in questo stato, spero!»
«Fuori, Levi» sibiló Erwin.
Il corvino uscí da quella stanza fuorioso sbattendosi la porta alle spalle, poi camminó verso i capannoni dell'armamentario.
Il capitano organizzó una squadra di venti uomini come ordinato dal comandante Smith. La missione di quella sera sarebbe stata recuperare un'illustre persona che aveva amicizie tra i politici e che era tenuta in ostaggio da un gruppo di terroristi in una villa di una città al confine con il Messico.
Il piano di Erwin era calcolato nei minimi dettagli, per questo tutti credevano che sarebbero riusciti a tornare a casa salvi e vittoriosi senza alcuna difficoltà.La sera arrivó velocemente tra i preparativi e gli allenamenti quotidiani.
Come stabilito in precedenza, i venti uomini scelti personalmente dal migliore combattente in quella base militare si riunirono in una stanza che conteneva una sola lavagna bianca.
I soldati già armati e pronti per partire erano impazienti di sapere gli ultimi dettagli sulla missione, quindi alcuni di loro chiedevano al loro capitano quando Erwin li avrebbe raggiunti.
Dopo qualche istante la porta si aprì rivelando la figura del comandante Smith. Si era rasato, aveva messo in ordine i capelli e aveva indossato tutto l'equipaggiamento, ma i suoi occhi rivelavano ancora la stanchezza causata dal troppo lavoro.
Il comandante inizió a parlare: «Salve ragazzi. Allora, come già accennato, il nostro obiettivo è raggiungere la stanza della villa dove tengono rinchiusa quella persona che dobbiamo salvare, possibilmente eliminando tutti i nemici. Ci sono guardie anche fuori dalla struttura, quindi due cecchini si posizioneranno sulla collina alle spalle dell'abitazione e gli altri due dentro la casa abbandonata sulla sinistra. Dieci uomini seguiranno il capitano Ackermann dentro l'abitazione non appena i nostri compagni avranno fatto fuori le guardie che si trovano all'ingresso posteriore; altri cinque soldati verranno con me a salvare quella persona. La squadra del capitano entrerà dal cancello sul retro della villa facendo una gran confusione e attirando l'attenzione di tutti quanti, cosí gli uomini che saranno con me potranno entrare dal portone principale probabilmente senza essere notati. A quel punto, dopo aver eliminato tutti quanti e aver liberato quella persona, il caro soldato McSteve verrà a prenderci con il furgone. Ci sono domande?»
Un ragazzo alzó il braccio per parlare.
«Signore, sappiamo quanti uomini nemici ci sono nell'abitazione?» chiese quello.
«Le guardie che i cecchini saranno in grado di colpire sono quelle sul lato sud dell'abitazione. A quelle che sorvegliano il portone principale e i lati ci penseremo noi, mentre non conosciamo di preciso il numero delle persone all'interno della casa. Nonostante questo, il numero massimo di uomini nemici che dovremmo affrontare non sarà maggiore di trenta.»
I soldati parvero rilassarsi. Avevano già preso parte ad una missione del genere in precedenza, quindi niente li spaventava.
«Comandante, come facciamo a sapere che quella persona sarà ancora viva quando andremo a prelevarla?» chiese Levi.
«Tranquillo, capitano. Hanno rapito quell'individuo perchè ha delle informazioni segretissime che cercano di estorcergli in tutti i modi. Quella persona non ha nessun valore da morta per loro, quindi la terranno in vita finchè non sputerà il rospo.»
Quando tutti i dubbi furono risolti, i soldati salirono sul grosso furgone che li portó verso la lontana campagna. Quando si fermarono erano in un bosco a poche centinaia di metri dall'abitazione. Tutti avevano un'auricolare da cui potevano ascoltare le comunicazioni del comandante, una pisola, un pugnale, un fucile d'assalto e un fucile di precisione per i cecchini.
I tiratori scelti si appostarono sulla collina e dentro la casa abbandonata, mentre la squadra di Levi aspettó il comando di Erwin nelle vicinanze dell'accesso posteriore della villa.
«Cecchini, fate fuoco. Ora!» ordinó il comandante.
Gli spari non si sentirono grazie all'utilizzo dei silenziatori, quindi i soldati dovettero comunicare la riuscita del loro lavoro direttamente ad Erwin.
Levi e i suoi soldati entrarono in fretta e furia dall'entrata sul retro della villa, sparando molti colpi in modo tale da uccidere i nemici e allo stesso tempo attirare l'attenzione delle altre guardie. Il piano funzionó ed Erwin potè condurre gli uomini della sua squadra dentro la struttura senza essere visti.
Incontrarono diversi avversari all'interno, ma riuscirono a farsi strada nella casa abbastanza velocemente. Quando anche la squadra di Levi entró nella struttura, il capitano disse ad Erwin che gli uomini fuori dall'abitazione erano stati tutti eliminati.
Mentre i soldati mettevano sottosopra la casa per trovare altri nemici, Erwin e Levi andarono nella cantina da dove provenivano dei lamenti.
La porta era chiusa, cosí il comandante la sfondó con un calcio. Appena entrarono dei colpi partirono dalle armi degli avversari, quindi il biondo ripose al fuoco.
«Levi, ti copro. Tu vai a prendere quel tipo!» gridó Erwin per farsi ascoltare.
«Mi sopravvaluti come sempre, Erw!» rise Levi.
Per il corvino quello sembrava un gioco, invece per il comandante era una cosa seria e decisamente importante. Il biondo non avrebbe mai capito cosa passava nella testa di Levi quando era in battaglia. Il capitano non sembrava preoccuparsi dei proiettili che vagavano intorno a lui; nei suoi occhi c'era solo odio verso quelle persone cattive che loro "cacciavano". Il corpo snello e minuto di Levi si muoveva velocemente tra i corpi senza vita dei nemici, il suo occhio destro fissava dentro il mirino del fucile e l'indice premeva rapidamente sul grilletto. Il capitano Levi Ackermann erano uno spettacolo da ammirare quando era in missione: era rapido e i suoi movimenti eleganti e calcolati perfettamente.
I colpi del fucile di Erwin erano terminati, poi tiró fuori la pistola e riuscì a sconfiggere tutti eccetto un uomo che scappó. Mentre Levi aiutava l'uomo rapito ad alzarsi ed uscire, il biondo rincorse quello che fuggiva. In pochissimo tempo lo raggiunse e lo gettó per terra.
«Penso che questo lo porteremo con noi.» disse legandogli le braccia e gambe e consegnandolo a due suoi uomini.
«Il signore sta bene. Possiamo tornare.» disse Levi.
Il soldato McSteve li aspettava sul furgone pronto per mettere in moto e tornarono senza problemi alla base militare.
L'uomo tenuto in ostaggio non volle parlare con Erwin e nemmeno ringraziarlo, ma chiese di essere scortato fino a Washington. Il comandante, riluttante, affidó la vita di quell'uomo nelle mani di alcuni dei suoi più fidati sottoposti e si diresse nel suo ufficio.
Levi lo raggiunse velocemente e gli proibí di continuare a lavorare.
«Levi, lasciami finire» lo pregó il biondo.
Il corvino lo spinse nella camera da letto e ripose i documenti dentro un cassetto che chiuse a chiave.
«Erwin, non voglio che tu stia male. Devi pensare anche alla tua salute, vecchio.»
«Non chiamarmi vecchio, abbiamo qusi la stessa età.»
«Sei sempre piú vecchio di me. Forza togliti tutto, ti preparo un bagno.»
«Levi, ho davvero bisogno di leggere quei documenti.»
Il corvino sbuffó, scosse la testa e si avvicinó ad Erwin. Gli sbottonó la camicia per poi sfilargliela. Lo stesso fece con gli stivali e i pantaloni.
Levi riempí la vasca da bagno della camera singola di Erwin dove il comandate vi entró poco dopo. Il biondo quasi si addormentó quando Levi gli stava lavando la schiena, ma il capitano lo scosse per farlo uscire dall'acqua ormai fredda. Erwin si avvolse in un grande asciugamano e si andó a stendere sul letto.
«Levi, non hai mai paura quando siamo in missione?» chiese il comandante.
«Come ti vengono questi pensieri? E comunque, perchè dovrei? Vinciamo sempre, grazie a te.»
«Ma non hai mai paura di morire quando ti trovi ad affrontare degli uomini armati fino ai denti?»
«Non penso mai alla morte. Quando sono in battaglia, mi focalizzo sul lavoro. Il resto non conta. Non m'importa di essere trapassato da una pallottola, continuo a sparare per poter andare avanti.»
«E se uno dei tuoi soldati morisse mentre tu continui a saparare?»
«Beh, da quando sei comandante nessuno muore mentre siamo lí fuori. È grazie ai tuoi piani che riusciamo a vincere sempre.»
«Ma ti importerebbe se qualcuno morisse?»
«Relativamente. Certo, sono i miei sottoposti, ma non miei amici.»
«Se morissi io?»
Levi spalancó gli occhi.
«Per quale assurdo motivo dovresti morire? Sei uno dei migliori combattenti, Erwin!»
«Certe volte capita di essere battuti.»
Il corvino tiró uno schiaffo sulla giancia del comandante il quale si sorprese per quel gesto improvviso.
«Devi dire un'altra volta che potresti morire e ti faccio vedere io. Senza te non so che cosa faremmo tutti noi.»
«Peró un giorno moriró comunque.»
Un'altro colpo arrivó sulla guancia di Erwin. Gli occhi di Levi erano lucidi e la sua fronte aggrottata.
«No, Erwin. Tu non morirai. Io non so cosa farei senza te.»
Ora il corvino stava piangendo. Il comandante l'aveva visto solo una volta piangere, quando i suoi due amici erano stati uccisi da una bomba nemica. L'uomo si alzó lasciando cadere per terra l'asciugamano e avvolse le spalle di Levi con le braccia.
«Hey, Levi, calmati. Non volevo farti piangere, mi dispiace» sussurró Erwin accarezzando la testa nera dell'altro uomo.
«Erwin, non lasciarmi anche tu. Sei l'unica persona ancora in vita a cui tengo» singhiozzó Levi.
«Tranquillo, sono qui. Sono sempre vicino a te.»
Quando le lacrime del corvino terminarono di scendere sulle guance pallide di quello, Erwin si allontanó di poco.
«Resto qui stanotte, almeno posso controllare che non ti metta di nuovo a lavorare» disse Levi togliendosi le scarpe e mettendosi sul letto.
Erwin sorrise e si stese accanto a lui. Lo avvicinó con le braccia e posó le labbra sulla sua spalla.
«Credo di amarti, Levi» disse il biondo all'orecchio dell'altro.
«Smettila di blaterare e dormi, vecchio» ribattè il capitano cercando invano di nascondere la felicità che provava in quel momento.
Erwin già russava, ma Levi era ancora sveglio. Si giró per incontrare il volto rilassato del comandante. Gli sfioró la guancia con due dita e sorrise debolmente.
«Io ti amo già da tanto tempo, Erwin Smith» sussurró all'uomo che dormiva nello stesso letto.
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Hoshimi
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Lost souls (Attack on Titan one-shots)
FanfictionSerie di brevi racconti su tutte le ship dei personaggi di Attack on Titan.