cɦɑptɛʀ ɛigɦt

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L'ospedale, luogo in cui preghavano tutti di non finire mai -casi eccezionali a parte, come ad esempio le gravidanze-, significava non avere una buona salute e, in base alla gravitá, di esser a rischio.

La sala d'attesa era così dannatamente monotona. I colori delle pareti erano spenti e l'aria che circolava era pesante, un misto tra alcol e sangue che rievocava in Bakugou un'incontrollabile tensione.
Aveva anche addosso il macigno della stanchezza, dovuto alla corsa per arrivare in ospedale.

Nella sala non era da solo: dall'altra parte della stanza vi era una coppia sposata da chissà quanto, una donna in fase disperata i quali occhi non smettevano di lacrimare e un uomo da un autocontrollo non molto solido ma con un barlume di speranza negli occhi.

Bakugou li aveva visti raramente e di sfuggita ma non poteva non riconoscerli, facendo due più due con le somiglianze era ovvio chi fossero: i genitori di Kirishima.

Tutti e tre erano in una straziante attesa mentre il giovane Eijirou Kirishima era nella sala del pronto soccorso.
Il codice affidato al caso si rivelò a breve esser "rosso", come i capelli del ragazzo: stava a significare un caso critico e questo non giovò in alcun modo all'umore di coloro che aspettavano il responso dei dottori.

Dopo un po -non sa neanche lui definire quanto tempo stavano aspettando- Bakugou prese un po di coraggio e con voce palesemente forzata fece una domanda ai due signori.

«Che... Che cosa é successo?»

La donna non sembrava nelle condizioni di rispondere, tanto meno di voler rispondere; era occupata a credere all'esistenza della speranza.
L'uomo,invece, ci mise un po prima di rispondere, che stesse cercando le parole più adatte?
Sospirò, incrociò lo sguardo di Bakugou che, forse per la prima volta, non esprimevano arroganza e superiorità.

«Ha... Ha avuto una ricaduta.»

«Ri....Ricaduta, ha detto? Vuol dire... Che era già successo prima?»

L'uomo annuì «É successo molto tempo fa. Col passare degli anni non ha avuto ulteriori problemi e si pensò che la fase critica fosse passata...»

Bakugou non riusciva a capire di cosa stesse parlando. Sembrava quasi voler nascondere la verità e la rabbia nel biondo cresceva a vista d'occhio.
Però si trattenne dall'urlare. Riusciva a percepire sulla sua pelle lo stato d'animo dei due genitori, ma ad ogni modo doveva costringerli a vuotare il sacco.

«Mi dica la verità!!!» chiese ad alta voce, non tanto alta da riecheggiare per la stanza e i corridoi a venire ma abbastanza da farsi sentire con chiarezza.

Poi si alzò dalla sedia e fece un qualcosa che non faceva da tanto tempo a causa dell'orgoglio: fece un inchino.
Rimase fermo in quella posizione con gli occhi stretti e i pugni chiusi, nella speranza di convincere almeno così a farsi raccontare. Ma l'uomo continuava a non aprire bocca a riguardo. Strinse ancora piú forte i pugni, quasi affondando le unghie nei palmi ma quel dolore non era paragonabile a quel che stava provando dentro. Kirishima era finito al pronto soccorso e lui non aveva la minima idea del perché. Si sentiva così impotente e quell'ignoranza lo turbava ancor di più.

«Mi dica la verità!» ripetè, senza muoversi ancora «Voglio.... Voglio esser consapevole di cosa sta accadendo a Kirishima!»

Non c'era bisogno di uno psicologo per comprendere la preoccupazione del ragazzo per il suo amico: era immensa, incalcolabile.
Il padre del ragazzo dai capelli rossi rimase qualche secondo ad ammirare quel suo comportamento: non aveva conosciuto personalmente Bakugou, ma ne aveva sentito parlare, dal figlio e dalle voci che correvano, inoltre non poteva non aver seguito ogni fase del festival dello sport. A grandi linee, aveva definito Bakugou Katsuki come un presuntuoso, viziato, fin troppo aggressivo e pericoloso per qualsiasi persona.

Si ricordò, in quel momento, che Kirishima lo contraddiceva ogni volta che usciva fuori l'argomento. Gli diceva che non era presuntuoso, sapeva di esser molto forte ma riusciva ad ammettere anche la forza degli altri. Non era viziato, era solamente e tremendamente orgoglioso. Certo, era aggressivo ma era un criterio principale di quella sua virilità che ammirava ed infine, non era pericoloso, perché Bakugou teneva davvero a cuore la storia dell'eroe.
Kirishima continuava ad affermare che sotto quell'orgoglio insuperabile vi erano dei sentimenti nobili e altruisti, ne era talmente sicuro che poteva metterci entrambe le mani sul fuoco.

L'uomo si era sbagliato e lo ammise a se stesso ed aveva una gran voglia di andar a comunicare al figlio che aveva ragione su tutto. Ma non c'era bisogno che il padre glielo andasse a dire perché Kirishima sapeva di aver ragione, ma a parte ciò non poteva parlargli.

«Quando era un bambino...» l'uomo iniziò a raccontare «...gli fu diagnosticato un difetto al cuore, precisamente alle valvole cardiache. I dottori lo seguirono con la terapia per molto tempo, finché il pericolo non scampó. Ma nonostante questo ci avvertirono della fragilità del suo cuore e ci sconsigliarono altamente di fargli intraprendere la strada per diventare un eroe.»

Bakugou alzò di scatto la testa e spalancò gli occhi.
La realtá delle cose uscí a galla: Kirishima non doveva entrare a far parte della Yuuei, era questo che stava dicendo l'uomo. Non poteva per la sua salute, per il suo cuore.
Eppure Kirishima si era messo a rischio lo stesso per inseguire il suo sogno di diventare come il suo idolo, come Crimson Riot.

Bakugou, sotto sotto, aveva sempre pensato che Kirishima sarebbe diventato un eroe eccezionale, con quell'etica particolarmente nobile che gli avrebbe fatto percorrere molta strada. Scoprendo i suoi ostacoli, Bakugou lo trovò ancora più straordinario, un animo talmente virile da affrontare a viso aperto ogni qualsivoglia pericolo.

Però... Che gli succederà adesso?






Ovviamente non sapendo nulla dei genitori di Kirishima sto improvvisando ~

Cercherò di riprendere il ritmo con gli aggiornamenti, facendone uno ogni giorno o due, ma non prometto nulla ╮(╯▽╰)╭

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