Corri.

120 10 2
                                    

Porca miseria, i miei pensieri non mi danno tregua.
Forse questa è la mia punizione, sono morta e questo è il mio inferno personale, probabilmente è così. Pensando a questo in tutto ciò come ho fatto a morire? Dio, come staranno mamma e papà? E la piccola Deb?
Perché non riesco a ricordarmi di come sono finita qui? Ero a scuola, ero appena uscita, ma poi? Buio totale.
Mi arrabbiai con me stessa per la mia stupidità, cominciai a sentirmi male al pensiero di non vedere più la mia famiglia ed appena realizzai ciò che avevo pensato mi sentì un vuoto lampante bruciarmi nel petto.
Non posso assolutamente permetterlo.
Loro sono la mia famiglia e poi i miei amici? E Giada? Non posso lasciarla, non posso lasciarli.
"Come cazzo faccio ad uscire da qui?"
La prima, la seconda, la terza volta ad urlare questa frase fino a farmi bruciare la gola ma senza mai trovare una dannata risposta.
Sento il corpo vibrare da un qualcosa che conosco fin troppo bene, devo sfogarmi, ora.
Devo correre.
Sento il mio corpo reagire a questo pensiero, le gambe si rafforzano per prendere lo slancio, le mani si stendono per poi richiudersi girando su loro stesse facendo sentire quel suono tanto familiare per me e dopodiché semi chiudo gli occhi e lascio che il calore si espanda in ogni parte, quel calore che così tanto mi caratterizza e so benissimo cos'è, rabbia.

Devo correre, voglio correre. Sento in me una forza così grande, Dio come mi piace sentirmi così..
Io sono sempre stata così fin da piccola, me lo ricordo, fin da quando insieme ai miei cugini prendevamo il pallone e andavo a giocare nel campetto abbandonato di fronte casa mia.
Quando mi arrabbiavo perché sbagliavo un passaggio e allora cominciavo a correre, a concentrarmi unicamente sul pallone che avevo tra i piedi, correvo e il mondo sembrava scorrere a rallentatore, finché non arrivavo alla porta e lì diventato tutt' uno con il pallone, l'unica cosa che importava era segnare, l'importante era far andare il pallone oltre la linea.. e proprio mentre penso tutto ciò non mi sono neanche resa conto che il mio corpo aveva già preso lo slancio e che le mie gambe si muovevano senza sosta.
Non sapevo dove stavo andando e non mi importava, mi sentivo forte e completamente libera da ogni pensiero, da ogni cosa, il bianco sbiadito scorreva velocemente mentre io correvo sempre più forte, sempre di più, fino a non sentirmi più le gambe.
Continuai così per non so neanche quanto tempo, mi fermai solo quando sentì le mie gambe cedere e mi accasciai a terra priva di forze ma sentendo dentro di me sempre quel calore che potrei giurare, ora era più forte di prima.
Non riuscivo a capire neanche il motivo di questo, mi limitai a chiudere gli occhi facendomi scorrere le immagini della mia vita attraverso di essi.
Cominciai a pensare a tutto quello che avevo fuori, a tutte le persone senza le quali la mia vita non avrebbe senso e solo allora realizzai quanto davvero volessi tornare da loro, quanto senza di loro io non sarei niente.
Sentì un lacrima scendermi lungo la guancia, fermandosi alla punta del labbro superiore dove potei sentire il sapore salmastro di quest'ultima.

Riaprì gli occhi, sfinita da tutti questi pensieri ma in lontananza vidi qualcosa di diverso dal bianco che regnava, qualcosa di strano come una sfumatura indistinta che da quel che potevo vedere da lì risultava marrone, la stanchezza mi offuscava la vista e non saprei dirlo con certezza.

Era vicina questo era sicuro, forse abbastanza vicina da poterla raggiungere, allora mi alzai barcollando un po' ancora stanca dalla corsa di prima e iniziai lentamente a procedere verso la novità del momento, volevo arrivare dall'unico colore che non fosse bianco qui.
Camminai lentamente fino a vedere sempre meglio quello che celava quel colore quando però una voce mi chiamò..
"Francesca.."
Non era possibile, non può essere. È un fottuto scherzo del mio cervello, sta provando a giocare con me.
Non è possibile, non può essere lui..

voglio morire diversa da voi. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora