Riuscirò a tornare?

76 6 0
                                    

Sentì di nuovo quella voce, la sua voce.
Per un momento mi persi, il mio corpo si immobilizzò e il fiato sembrò gelarsi nei polmoni. Non era possibile. Ma d'altro canto, nulla di quello che stavo vivendo era possibile no? Ironico come al solito, ma non potei pensarci più di tanto in quel momento perché la sua voce mi chiamò di nuovo.
Ma da dove veniva? Chiusi gli occhi per un momento nell'intenzione di rimettere i pensieri in ordine e quando li riaprì avevo già capito da dove veniva.
< Zio..>
Dirlo ad alta voce aveva  fatto diventare reali i miei pensieri e non potei evitare il tremolio nella mia voce, pensavo di aver dimenticato il suono della sua voce eppure appena l'avevo sentita sapevo già a chi appartenesse e sapevo anche da dove proveniva adesso.
Cominciai a correre, di nuovo. Vidi la macchia diventare sempre più nitida, la sua voce continuava a ripetere il mio nome e io correvo sempre più veloce, dimenticandomi la stanchezza, le gambe deboli e il respiro che faticava ad arrivare.
Raggiunsi quella macchia oramai chiara ai miei occhi e mi parve uno scherzo, uno stupido scherzo.

Un muro? Ma siamo seri? Un fottuto muro?
Sentivo ancora la voce di zio chiamarmi, ma non riuscivo a capire..
Se questo era uno stupido scherzo del mio subconscio ero davvero arrabbiata.
Poi cosa ci faceva un muro in un posto così?



Cominciai a guardarlo attentamente, osservai i mattoni uno steso sopra l'altro incollati dal cemento, alzai lo sguardo e notai quanto fosse alto, talmente alto che non si riusciva a scorgere altro che metri e metri di vecchi mattoni uno sopra l'altro, credo di star per diventare pazza si, senza dubbio.
Non sentivo più la voce di zio già da un po', era sparita. Ecco, ora neanche più lui c'era, la mia stupidità l'avrà fatto andare via, d'altronde chi è che non l'avrebbe fatto se avesse visto una persona fissare un muro con un'espressione da ebete? Cominciai a ridere da sola per quello che pensai, non so neanche il perché di tutto ciò.
Tornai a fissare il mio attuale passatempo preferito ovvero il muro, c'era qualcosa che mi sfuggiva, provai a toccarlo ma prima che potessi farlo vidi l'immagine di mio padre riflessa nei vecchi mattoni.
Lui con il suo panciotto, i suoi occhiali grigi e rossi che portava da una vita tanto da lasciargli l'impronta ai lati delle orecchie se glieli si toglieva e il suo metro e sessanta di altezza, sedeva sulla sua sedia nella nostra cucina, quanti discorsi fatti lì con me seduta di fronte a lui. 
Pensando ai discorsi lui cominciò a parlare quasi mi avesse letto nel pensiero

< Francesca, te l'ho sempre detto che ogni volta che sbaglierai andrai sempre contro lo stesso muro e la vita cucciolo mio è piena di questi muri, noi li dobbiamo saper abbattere, superare, imparare dai nostri errori..>

Io lo ascoltavo, come facevo sempre.
Ascoltavo ogni parole e l'analizzavo come un bambino con un giocattolo nuovo e allora realizzai.

<Devo abbattere il muro.
Giusto, papà?>

voglio morire diversa da voi. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora