Lui non disse nulla, semplicemente sorrise e si accarezzò quel poco di capelli che gli erano rimasti. Mi ricordo che da piccola mi arrabbiavo sempre perché li aveva troppo corti, mi piaceva il loro colore, sempre di un marrone scuro che trasmetteva sicurezza, io con lui sapevo di essere sempre al sicuro.
Mentre richiusi quel ricordo notai come la sua immagine fosse sparita, ora la domanda era come avrei fatto ad abbattere quel muro. Provai a pensare a qualcosa che avrebbe potuto abbattere i mattoni e mi ricordai di quando tutta la famiglia si era riunita per costruire la casa dove zio sarebbe andato a vivere con sua moglie.
Quella casa era venuta di una semplicità bellissima, da guardarla e restarne incantati, il portone era stato costruito con un vecchio stile a forma di vasca, tutto ricoperto di fiori di diverso tipo, per arrivare al portone c'erano delle scale a chiocciola fatte di cemento circondate da piante grasse, questa era stata un'idea di zio, era proprio di famiglia perché anche papà faceva esaurire mamma con queste, quando invece si arrivava al portone si restava incantati, la porta enorme in legno aveva inciso il nostro cognome a lettere cubitali con un corsivo che portava il color oro e la scritta in sé era quasi regale, amavo quella casa anche perché io avevo contribuito a costruirla.
Prima di tutto questo però era solo un cumulo di mattoni, tubi e cemento, allora mi venne in mente quando nonno demolì una parete con una mazza di ferro enorme, mi ricordo che io stavo sempre a due metri di distanza per paura che mi prendesse in pieno.
Come se lo avessi desiderato di fronte a me apparve la stessa identica mazza che nonno usò quel giorno.
Raccolsi le poche energie rimaste e afferrai l'oggetto, non era pesante come pensavo e direi menomale per me!
Imitai nonno, mettendomi di lato e piegando le ginocchia così da bilanciare il peso, alzai la mazza come se stessi giocando a Baseball e mirai dove il cemento univa i mattoni.
Prima volta, niente. Terza, quarta, quinta e niente. Continuavo a cercare di scalfire quel muro ma sembrava che la mazza gli facessi a mala pena il solletico. La mia solita fortuna no?
Rinunciai e andai a sdraiarmi contro la parete portando la mazza al mio fianco, ero completamente esausta e come sempre, più la stanchezza aumentava e più i pensieri si facevano frequenti. Per un attimo ebbi veramente paura, paura di non tornare più da loro, da tutti, non tornare più alla mia vita.
Cominciai a piangere, ma a differenza delle altre volte non volevo smettere, mi lascia debole e lasciai alle lacrime la libertà di scorrere sul mio viso, pensai a come sarebbero stati gli altri senza di me, magari sarebbero stati meglio dopo un po' ma io? Io come sarei potuta stare senza di loro? Sembrerò egoista ma io non posso, non voglio stare senza di loro.
Poggiai la fronte contro il freddo muro e lasciai che le lacrime scorressero anche su di esso e lì successe qualcosa che non mi sarei mai aspettata..
il muro cominciò a sgretolarsi sotto le scie delle mie lacrime.
Allungai la mano e quando questa toccò il muro sentì un forte calore contro il mio palmo e il muro come successe prima cominciò a sgretolarsi.
Ma perché? Avevo usato la mazza più volte ma questa non l'aveva neanche scalfito. Non riuscivo a capirci nulla, ma al momento potei solo pensare al varco che si era creato di fronte a me e con gli occhi ancora rossi dal pianto mi avvicinai, sfiorai quello che doveva essere il vuoto e sentì una sottile barriera, talmente debole che era quasi impercettibile e proprio in quest'ultima vidi riflessa l'immagine di mio padre che indicava il proprio cuore, allora finalmente capì tutto.
Il muro andava abbattuto da me, senza oggetti e senza niente, andava abbattuto da ciò che sentivo, dalle mie emozioni, dal mio cuore. Ora sapevo cosa fare, chiusi gli occhi e presi un bel respiro sorridendo leggermente. Io sapevo, in quel momento sapevo.
<Sto tornando da voi.>
Fù l'ultima cosa che dissi prima di attraversare la barriera.