Somnium MCMXXII

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À RETENIR : Great Gatsby/ Reincarnation AU
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Estate 1922. NY

"E la terra? E la realtà?"

Virgilio aprì gli occhi in un sussulto. Quella visione; quell'incubo.

Caracollò dal letto fino al bagnetto attiguo e, ancora immerso nella claustrofobica sensazione del sogno, si gettò dell'acqua gelida sul volto a lavare via il sudore.

Quell'emozione.

Era arrivato a New York tre giorni prima, spinto da un orribile e codarda fuga dalla sua amata Italia. Un'ignobile e vile fuga dettata dall'impotenza; e quel senso di incapacità di fronte alla svolta politica del suo paese che lasciava presagire un futuro di potere e terrore.

E ora, nella stanza degli ospiti nella villa di Long Island del suo migliore amico, erano rincominciati i sogni. Quelle insostenibili visioni che lo lasciavano scombussolato da un attanagliante senso di perdita e nostalgia. Due anni prima era riuscito ad arginarli con un cocktail di notti insonni a scrivere e di serate di oppio sul bilico del proibito. All'epoca pensava che il suo incontro con l'esimio D'Annunzio gli avesse salvato la sanità mentale; per poi vedersi, fuori da sé, trascinato in un limbo di droga, licenziosità e versi auto-indulgenti.

Poi, una mattina di due mesi prima gli si era presentato il foglio di iscrizione al nuovo partito fascista, con l'implicita minaccia che se avesse voluto continuare ad avere successo nella letteratura, avrebbe dovuto necessariamente divenire parte attiva del partito.

Virgilio non era mai riuscito a seguire imposizioni diverse da quelle che il suo istinto dettava: e soprattutto, si era guardato intorno e aveva provato disgusto per se stesso. Un uomo di ventisei anni, sul vertice di un'effettiva dipendenza da droga, poeta affermato grazie a opere che non rappresentavano lui, ma la corrente futurista ed estetica in voga nella Milano di quegli anni.

Gli ultimi due mesi erano stati un turbinio di telegrammi oltreoceano e un'estenuante ricerca di un posto sulle numerose navi per la scintillante New York. E ora, a casa dei fratelli Valerio, Catullo e Saffo, cercava di mettere a posto la sua salute e la sua mente turbata.

"Virgi, dormi ancora?"

La voce squillante di Saffo lo raggiunse prima che la giovane donna aprisse la porta della stanza. I suoi occhi verdi lo scrutarono curiosi e dopo aver analizzato il volto scosso di Virgilio, le sue labbra colorate si contrassero.

"Ancora i tuoi sogni?" La donna entrò facendo frusciare la gonna e prese le mani dell'altro fra le sue.

"Siamo qui per te, se ne vuoi parlare. Sei come un fratello, ricordalo sempre."

"Grazie, Saffo. Lo so, non potrò mai ringraziarvi per avermi accolto."

Lei sorrise nella sua maniera comprensiva e giovanile.

"Allora dai al mio fratellino la soddisfazione di portarti in giro per la città; è sveglio da ore e non vede l'ora di partire" Aggiunse con una risata.

Al cenno di assenso di Virgilio gli depose un bacio sulla guancia e scivolò fuori dalla porta, lasciandolo con un mezzo sorriso sulle labbra.

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Qualcuno lo scuoteva. Una mano salda cercava di strapparlo dal dolcissimo sogno in cui era immerso: una candida rosa, una luce permeante e uno struggente senso di abbandono. E il volto di Beatrice, che gli sorrideva, spezzandogli il cuore.

Aprì gli occhi, il corpo pesante e freddo e il sospiro sollevato di Guido di fianco a lui.

Dante rivolse il volto all'amico, il cui occhi erano infossati dalle sopracciglia dalla preoccupazione.

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