Capitolo 2: Le parole taciute

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La pazienza è

la più eroica delle virtù

giusto perché non ha

nessuna apparenza d'eroico.

(G. Leopardi)



Tra gli angeli, l'atmosfera era tesissima.

Il colloquio con Clelia aveva sconvolto Stefano che, furioso più di quanto già non fosse, si era arroccato nel Pantheon, rifiutando di uscirne con un'ostinazione che aveva sfoderato solo nei momenti peggiori. C'erano voluti tre giorni perché si decidesse a mettere il naso fuori di lì e a tornare dai propri fratelli, ma non per questo sembrava che il suo umore fosse migliorato: era cupo e taciturno, ed evitava Clelia nonostante i tentativi di lei di parlargli.

Michele sembrava notevolmente più tranquillo: vista la scelta delle regine, aveva deciso che per il momento non c'era nulla che potesse fare per evitare il pericolo che era certo avrebbe rappresentato il nuovo Maestro di Catene, e dunque che non aveva senso essere in collera.

Vista l'assenza di Amarhel – l'unica che fosse mai riuscita a far ragionare almeno un po' Stefano – Antonio e Cassiel si erano assunti l'incombenza di parlare con la Guida.

«Forse è ora di smetterla con quest'astio ingiustificato, non credi?»

Le parole di Antonio caddero nel vuoto per l'ennesima volta. Lui e Cassiel sedevano ai lati di Stefano, sprofondato in un divano grigio con l'espressione più tempestosa che gli avessero visto in faccia da parecchio tempo a quella parte, e gli altri angeli erano attenti a girare al largo da lui.

«Amico, dico sul serio» tentò di nuovo Antonio. «Non c'è motivo di essere tanto arrabbiato. Anzi, dovresti essere felice: quello che sta succedendo...»

«È una catastrofe!» esplose Stefano.

«È meraviglioso» lo contraddisse l'amico. «E proprio non capisco come tu possa non rallegrartene».

«Ma sei serio?» insorse l'altro, incredulo. «Tu hai capito che quel... quel...»

«Credo che "bambino" renda bene l'idea» mormorò Antonio.

«È una minaccia!» dichiarò Stefano ad alta voce.

«Non è un bel niente, non è neanche ancora nato!» urlò più forte di lui Antonio. «Ti stai comportando in modo irragionevole verso qualcuno che non ti ha fatto nulla, che ancora non può fare nulla e che non ha nessuna colpa! Quella vita non ancora sbocciata non ha scelto di essere il nuovo Maestro di Catene più di quanto tu abbia scelto di essere il primo angelo Guida e di stare sullo stomaco a Lucifero!»

Stefano balzò in piedi. «Sono stanco di questa conversazione» disse a denti stretti.

Cassiel l'afferrò prontamente per un polso e lo trascinò verso il basso, facendolo ricadere sui cuscini morbidi. «Zitto. Seduto. Non vai da nessuna parte» annunciò telegrafico.

«Io faccio quello che mi pare» sibilò Stefano.

«E invece no» replicò granitico il Sapiente. «Non stavolta».

La Guida gli rivolse un sorriso tutt'altro che allegro. «E chi me lo impedirà? Tu?»

Cassiel scosse la testa. «Non io». Puntò il dito di fronte a sé. «Lei».

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