Buon Compleanno

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"Li tagliamo 'sti capelli lunghi?"
Cesare fece una di quelle smorfie usate per compiacere l'interlocutore con cui si ha a che fare.
Il barbiere lo capì: "Va bene, iniziamo con uno shampoo e poi li lisciamo tutti. Ma almeno la barba?"
"Quella si"- "Ottimo, Cesare!"

Chinò la testa all'indietro e poggiò la nuca sul lavandino. L'acqua calda stentò ad uscire dal rubinetto. In quei secondi d'attesa, Cesare, che non riusciva a parlare di quel che gli era successo tutto il giorno fin lì, riflettè sui suoi pensieri guardando la lamiera bianca posta sotto il soffitto. Intanto dalle casse suonavano i Nickelback, un phon lisciava i capelli di una donna riccia e il rumore dell'acqua del rubinetto riusciva a coprire sonoramente tutto il resto.
Era il suo compleanno e quella sera avrebbe dovuto, come da tradizione, pagare da bere ai suoi amici.
Non era contento.
Non del "pagare" in sé, ma nemmeno dell'umile offerta. Non era contento di ciò che lo portava ad essere in questo modo.
Eppure, nessuno, nemmeno i suoi genitori, in 15 ore, gli aveva ancora fatto gli auguri. Era come se fosse stato dimenticato all'improvviso da tutti, nonostante continuasse ad esistere. Era lì, vivo e vegeto, ma tutti gli passavano di fianco, quasi come se ci avessero fatto l'abitudine. Era un po' come per la gente di Roma passare di fianco al Colosseo ogni sacrosanto giorno.

Ed intanto ancora soffiava il phon tenuto dalla parrucchiera.
Chiuse gli occhi, l'acqua calda iniziò a scorrere lungo i suoi capelli.

L'amico d'infanzia, quello nuovo, quello di famiglia, i vecchi del liceo, delle medie, la sua ex, il suo ex migliore amico.
Ripensò per l'ennesima volta a tutti quelli che avrebbe voluto davanti a sé per una festa che mai avrebbe organizzato.
Li stava incominciando ad odiare. Tutti. Uno ad uno. Nessuno avrebbe più meritato il suo saluto, non avrebbe accettato nemmeno un eventuale regalo, ormai loro non valevano più- "Ahia! L'acqua è diventata bollente, non senti?"
Il barbiere si scusò con Cesare e poi prese ad asciugare i suoi capelli lentamente, dopo aver finito lo shampoo.

Si sedette di fronte allo specchio con i capelli crespi ed arricciati che gli arrivavano sulle spalle e il suo barbiere di fiducia gli sventolò la mantellina nera davanti pronta a legargliela al collo: sembrava il matador alla corrida.
Appena gli spalmò la schiuma in faccia, Cesare riprese a pensare. Forse pensava troppo. Ma non riusciva a non farlo. Quel posto era così confortevole e perfetto per pensare, era quasi il suo covo segreto per riuscire a pensare e dove avere un momento di pace.
Teneva poco ai suoi capelli, ma non per questo li tagliava. Anzi, per una strana ragione al mondo li desiderava portare così lunghi.

Lametta.

L'ultimo compleanno lo ricordava perfettamente. Decise di uscire per il solo gusto di offrire da bere e divertirsi con gli amici nel solito posto. Poi, appena furono tutti i brilli, andarono nella grande metropoli ben lontana dal loro paesino.
Bar, baretti, pub, pasticcerie, ogni sorta di attività di questo tipo fu visitato dai suoi amici. Persero così tanto la mano che Cesare, il festeggiato, non era disposto più a pagare. Trascorsero così tanto tempo ad ubriacarsi che arrivarono a casa alle 4 di notte.
Odiava ubriacarsi, ritornare a casa ad un orario tardissimo e soprattutto trascorrere un giorno così importante non a suo agio.
Fu lì che si pose in stand-by, modalità provvisoria.
Quasi come gli artisti si ritirano a vita privata, lui si ritirò dalla vita sociale. E ci volle un bel po' di tempo per riprendersi. Quel "trauma" fu superato solo con il passare del tempo e dell'occupazione di nuove delusioni. Ma stavolta quella "disgrazia del compleanno" sembrava ripetersi in altro modo.

Finì di rasare la barba, e il barbiere iniziò a trattare i suoi capelli. Mentre si guardava allo specchio, Cesare incrociò il suo sguardo con quello del suo barbiere e disse istintivamente: "Oggi è il mio compleanno."
E lui, imbarazzato, dopo diversi secondi di silenzio e immobilità davanti allo specchio, sorrise: "Beh, auguri."

Già, auguri. La prima persona fu il suo barbiere. L'ultima invece... boh.
Ricordava solo che al suo 18esimo ci fu una serata sfarzosa, quando lui di sfarzoso non aveva niente. Scelse il primo locale senza pensarci, forse per odio. La cerimonia fu una vera e propria merda, ma agli altri piaceva, e lui ne fu contento. Anche perché quella volta c'erano veramente Tutti.

Poi, il suo momento preferito: l'asciugacapelli. Qui se ne stava in silenzio. Erano attimi di pura tranquillità dinanzi allo specchio.

Tornato a casa, scorse gli sguardi della sua famiglia, che non risposero con alcun "augurio", prima di andarsene direttamente a letto, dove avrebbe dormito fino ad ora di cena: il momento in cui tutti cenavano in silenzio a causa del televisore acceso. Era un vero e proprio sistema di rottura dei rapporti comunicativi. Ed infatti a quell'ora non accadde nulla.

Preso dalla rabbia, se ne andò di nuovo a letto e decise di non avvisare nessuno per qualunque offerta di andare a bere o meno.
Appoggiò la nuca sul cuscino, e sdraiato, si mise ad osservare le travi lungo il soffitto.
Aveva il telefono in mano e decise di aspettare fino a mezzanotte la seconda persona che gli avrebbe fatto gli auguri.

23.59 silenzio assoluto.

Decise di spegnere il telefono appena scattata la mezzanotte, ma alle 00.00 in punto gli arrivò un messaggio dalla sua 'cotta': "Auguri Capellone, si dice che chi ti augura Buon Compleanno per primo, sia una persona speciale... <3"

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