Capitolo 2°

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Non so quanto tempo passò dalla chiamata a mia madre, ma sono sicuro che fu abbastanza tempo.

Ormai la mia vecchia vita era morta: non sarei mai più tornato a casa, non avrei mai più sentito il calore familiare e quel senso di sicurezza, ormai ero un ricercato solo perché nato diverso; ma non potevo disperarmi così, dovevo tirare avanti e cercare quelle persone di cui parlava la mamma.

Il tempo passò lentamente dalla chiamata, ormai dormivo di rado per la paura e compravo solo cibo spazzatura (i pochi soldi che mi aveva lasciato mia madre mi permettevano solo patatine e roba da discount) e dulcis in fundo la ferita aveva ricominciato a far male; sembrava andare tutto a rotoli in certi momenti: ci fu una volta in cui per poco non venivo investito; tutto stava andando male e pensai al suicidio più volte ma mi ripresi pensando che non avrebbe risolto nulla... dovevo tirare avanti per mia madre e mio padre e per non darla vinta a persone come Snyder e mio fratello...odiai Michael fin dalla sua prima risposta alla mia chiamata: il tono con cui disse "Fabian" quel pomeriggio era un tono di astio e di rancore, un tono che sentii solo quando litigava con papà e teneva il broncio per un paio di giorni, non parlandogli quasi mai; quel tono mi spiazzò...mi ferì ma mi fece anche crescere in un certo senso...da quella risposta ho imparato che anche le persone che ti sono più vicine posso odiarti e pugnalarti alle spalle.

Tutto stava andando male finché non incontrai lui.

Ricordo che era una sera d'autunno, avevo lasciato la città da un po' e volendomi dirigere al paesino limitrofe dovetti passare per una strada: una strada asfaltata, poco trafficata e senza nulla attorno eccetto piccole case e stazioni di servizio; proprio quella sera entrai in una di quelle stazioni di servizio perché avevo troppo freddo, entrando mi guardai attorno: era un bar abbastanza vecchio, con un po' più di gente rispetto a quanto mi aspettassi vista l'ora, comunque fatto sta che quando entrai, il cassiere mi vide e disse: <<Mi scusi>> io mi voltai e risposi <<Sì?>> sapevo già cosa voleva dirmi, mi avrebbe cacciato dal bar visto il mio aspetto da barbone e da poco di buono <<Non vorrei essere scortese...ma dovrebbe uscire>> mi disse con un tono grave quasi dispiaciuto, ma mentiva, nessuno vuole un 14 trasandato e puzzolente nel proprio bar <<Oh...>> avrei voluto rispondere ma la mia situazione era abbastanza grave <<Va bene mi scus...>> Un ragazzo mi interruppe mettendomi una mano sulla spalla <<Fabian mio amico...cosa succede?>> non avevo mai visto questa persona ma decisi di stare al gioco <<Ehi, come va?>> ero imbarazzato ma il ragazzo si girò verso il cassiere e disse <<Ehi, non ti preoccupare è con me>> il cassiere annui imbarazzato anche lui; il ragazzo mi invitò a sedere a un tavolo, forse il suo visto, il piattino ancora pieno di briciole, lui era un bel ragazzo: i capelli erano di un biondo molto scuro, gli occhi erano di un blu elettrico profondissimo, sembravano in grado di scrutare nei tuoi più profondi anfratti della mente; aveva un bel volto: il naso si piegava quasi impercettibilmente all'insù, le labbra erano carnose e di un rosso vivo, aveva lineamenti molto giovani, quasi infantili, un po'come il corpo magro e le gambe altrettanto magre ma non troppo ed era abbastanza alto sul 1 e 70; comunque dopo avermi fatto accomodare parlò: <<Fabian>> mi guardò e per qualche istante i suoi occhi lampeggiarono <<So cosa stai pensando>> sottolineò queste parole, volevo parlare ma lui mi anticipò <<Conosco il tuo nome perché tua madre lo disse a noi qualche giorno fa; ho detto noi perché sono stato mandato qui da un'amica di tua madre...si fa chiamare Madame...è una portatrice che "gestisce" un ritrovo per portatori, in altre parole accoglie i mutanti in difficoltà in un grande edificio situato nel cipresseto qualche chilometro dalla città; tua madre Monica, conosceva Madame da quando erano entrambe bambine, Madame nel 2003 fu accusata di aver aggredito una donna con l'aggravante di essere un mutante, però lei grazie ai suoi poteri da portatrice riuscì a scappare, diventando così una fuggitiva, è dal 2003 che accoglie persone come me e come te; tua madre venne da noi chiedendo di trovarti e di ospitarti e da circa una settimana e mezzo che ti cerchiamo, adesso avviserò gli altri e gli dirò di ritornare alla "base" e tu...verrai con me>> mi guardò e gli occhi lampeggiarono di nuovo <<Ho risposto alle tue domande giusto?>> io deglutii e annui <<Come immaginavo...>> mi guardò fisso un altro po' poi arrossì e distolse lo sguardo dirigendosi verso la cassa per pagare.

Non so come ha fatto a rispondere a tutte le domande prima che io le facessi, ma siccome anche lui era un portatore avrà usato qualche potere sicuramente...comunque era davvero carino, mentre lo osservavo ritornò verso di me: <<Andiamo?>> chiese <<Sì...>> lo segui senza dire niente ma continuai a osservarlo <<Fabian...smettila di osservarmi...non è cortese>> io arrossii e lo seguii.

Mi porto fino a una motocicletta abbastanza anonima: era completamente nera e molto compatta; ci fermammo e mi porse un casco simile al suo, anch'esso completamente nero e chiuso sul davanti da una visiera oscurata, premette un pulsante e la motocicletta si accese con un rumore abbastanza debole: <<Mi chiamo...Charlie>> sorrise e con un gesto m'invitò a salire.

Il viaggio durò una decina di minuti circa, attraversammo il paesino di Gyrlan che distava circa 1 chilometro dal cipresseto: Gyrlan era un paesino rurale che dipendeva al 90% dalla "mia" citta ovvero Braux, qui le persone del paesino andavano a lavorare o i pochi giovani della città a svagarsi un po'.

Arrivammo al cipresseto verso le 22:30 circa, lì Charlie spense il mezzo e disse: <<Senza motocicletta da qui>> parcheggiò in uno spiazzo poco distante dall'ingresso <<Allora Fabian...devi tenermi la mano>> mi porse la mano <<Promettimi che non mi picchierai ne urlerai ne darai di matto>> preoccupato annuì e gli strinsi la mano <<Andiamo>> disse; facemmo un passo in avanti e tutto cambiò: di colpo gli alti cipressi erano diventati curvi e spogli, erano piegati verso di me, dalle loro cavità si sentivano dei bisbigli minacciosi e una puzza pestilenziale era emanata dai fiori che crescevano in giro, non più belli e vivi ma morti e dall'aria pericolosa, i grandi e bei roseti selvatici che crescevano ai lati della strada erano diventati dei semplici e malinconici rovi senza alcun colore, semplicemente morti come tutta la vegetazione che ci circondava; guardai Charlie, non aveva più quell'aspetto infantile e delicato, ma adesso i suoi capelli biondi erano caduti lasciando spazio a della pelle in decomposizione, il suo bel volto era deturpato e consumato, le sue labbra bellissime erano scomparse insieme alle guance facendo vedere le gengive infette e sanguinanti insieme ai denti grigi e affilati, gli mancavano gli occhi infatti adesso al posto dei fantastici occhi blu c'erano dei freddi buchi dai quali ogni tanto uscivano ed entravano vermi e altri insetti; per ultimo osservai il corpo che era conciato come la faccia, notai che non erano i fiori che emanavano quel tremendo fetore, bensì lui, Charlie mi vide spaventato e mi strinse la mano dicendo: <<Manca poco>>; mi feci forza e facemmo qualche altro passo: tutto tornò normale, tutto ritorno a vivere e Charlie era tornato bello come prima; la prima cosa che fece fu sorridere mentre la prima cosa che feci io fu abbracciarlo: lo strinsi forte; finito l'abbraccio lui disse: <<Sei stato bravo...>> guardò la mano <<Puoi smettere di tenerla>> io mi accorsi di star stringendo ancora la sua mano e così smisi.

Davanti a noi ora, si figurava un enorme edificio in stile palladiano ben tenuto, con rigogliose piante che gli crescevano attorno edelle enormi vetrate che affacciavano su un campo di fiori; Charlie ed io cidirigemmo verso la porta: una grande porta di legno massiccio con due grandi maniglie dorate; nemmeno il tempo di bussare che una donna vestita con un lungo abito blu aprì la porta e disse: <<Charlie e Fabian, immagino, siete in perfetto orario complimenti>>.

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