-Blood on the dance floor-

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BLOOD ON THE DANCE FLOOR

“Oggi il percorso sarà caratterizzato dalla musica di Michael Jackson”, un vociare di disapprovazione si alzò nella palestra.

“Max, Michael Jackson? Siamo nel 2012!”,il coach non rispose , si diresse verso lo stereo e, dopo aver inserito il cd, schiacciò il tasto PLAY. La musica si diffuse per l’intera stanza. Non conoscevo quella particolare canzone, era una di quelle meno famose magari, guardai intorno e la palestra era come in fermento. Taylor era in ritardo, oggi doveva farmi da partner ma come al solito la sua puntualità dava a desiderare, lo ammetto continuavo a chiedermi che fine avesse fatto, se si fosse cacciato nei guai o se qualcuno gli avesse fatto del male. In qualunque caso mi preoccupavo per lui e questo era strano.

Mentre la musica andava una striscia di luce illuminò la penombra della palestra per qualche secondo, il viso di Tay comparì per poi essere inondato di luce quando richiuse la porta, quei pochi secondi alla luce mi avevano fatto spalancare la bocca. Come poteva una persona meschina come lui essere tanto bella? Il ragazzo si guardò in giro attonito poi i suoi occhi incontrarono i miei e il suo labbro si piegò in un mezzo sorrisetto.

“Ah, Taylor, ben arrivato, oggi qual è la scusa?”, la musica si era fermata e Max stava fissando Tay con occhi iniettati di sangue, il ragazzo al contrario si avvicinò alla mia postazione e mi squadrò.

“Chiedilo a lei”, strabuzzai gli occhi, la sua faccia era piena di lividi e c’era un enorme taglio sul suo labbro inferiore.

“Lantern ti sei cacciato di nuovo nei guai?”, guardai Max. lo stava sgridando anche se lui aveva detto che era colpa mia, inarcai le sopracciglia.

“Perché dovrebbe essere colpa mia?”, un altro sorrisetto comparve sulle sue labbra.

“I tuoi amichetti mi hanno fatto un aguato, quante volte gliel’hai data per far si che diventassero i tuoi body-guards?”, ma di che diavolo stava parlando? Io non avevo nessun body-guard tanto meno amichetti.

“Modera il linguaggio ragazzo, stai parlando con una ragazza, porta rispetto!”, gli disse Max, stava incominciando a scaldarsi e questo non era buono. Presi Taylor per un braccio e lo trascinai verso gli spogliatoi.

“Max ritorno subito, lascia che me la cavi da sola”, gli sussurrai quando fui abbastanza vicina. Lui annuì e tornò a spiegare cosa avremmo fatto oggi.

Lo trascinai nel mio spogliatoio con una tale forza che non me ne resi neanche conto.

“Allora qual è il tuo problema?”

“Tu”, rimasi a bocca semi aperta, cosa rispondi a una persona che ti odia dal profondo del suo cuore? Mi diressi verso la mia borsa e presi il kit di pronto soccorso.

“Siediti”, gli dissi cercando di non far trasparire le mie emozioni, mi fissò gli occhi con tale intensità; ricambiai lo sguardo.

“Taylor, siediti ti disinfetto quelle brutte ferite”, feci per avvicinare il cotone al suo labbro ma lui mi scacciò la mano.

“Posso benissimo farlo da solo grazie”, si sedette sulla panchina e cercò di prendere il cotone dalla mia mano.

“Vorrei capire perché mi odi così tanto”, sussurrai tra me e me.

“Non ti odio”, alzai lo sguardo verso di lui. Abbassò la mano prima di afferrare il tessuto imbevuto di acqua ossigenata. Alzai il braccio e poggiai la stoffa sui tagli che aveva sulla guancia, lo sentii emettere un sospiro di dolore e lo tolsi subito.

“Scusami, non volevo farti male”, mi afferrò il polso.

“Continua, non mi hai fatto nulla”, annuii e continuai a disinfettargli le ferite. Aveva un occhio nero e le nocche graffiate, segno che aveva reagito.

“Chi è stato?”, i suoi occhi verdi mi guardarono.

“I gemelli, quelli che erano con te oggi”, strabuzzai gli occhi. Rey e Kyle?

“E perché mai? Non li conosco così bene, anzi non li conosco per nulla! Che strano”, roteò gli occhi.

“Sei sempre stata ingenua Jenn e lo sai pure tu, mi hanno detto <Stai lontano da lei> e poi mi hanno  preso a pugni”, chiusi gli occhi per qualche secondo. Perché lo avrebbero fatto? Era troppo strano, stamattina sembrava che entrambi non vedessero l’ora di togliersi di torno e poi avevano fatto questo a Tay?

“Mi dispiace”, riaprii gli occhi e trovai la sua bellissima faccia a qualche centimetro dalla mia.

“Perché ti  comporti così Jenn?”, lui mi domandava perché mi comportavo così?

“Io mi comporto come sempre, sei tu che mi tratti come una puttana-”, mise un dito sulle mie labbra, lo morsi e lo tolse “Lo sai benissimo che non lo sono, hai lo prove diavolo!”.

Mi fissò, le guancie arrossate, stava arrossendo? Dio questo era un avvenimento!

“Non ho idea di cosa tu stia dicendo, quegli idioti mi hanno fatto girare i coglioni”, mi alzai.

“Dove vai?”, non mi voltai verso di lui.

“Ad allenarmi, sbrigati, sei il mio partner oggi”, aprii la porta e mi diressi verso la palestra. Tutti gli street runners erano a coppie di due e stavano allenando i loro muscoli a tempo di musica.

“Blood on the dance floor sembra avere un buon effetto”, disse Max, gli sorrisi.

“Il guerriero si è calmato?”, lo fissai.

“Chi?”, si mise a ridere poi mi guardò negli occhi.

“C’è qualcosa che brilla nei tuoi occhi Jenny, deduco che Taylor stia bene”, annuii poi dopo aver esaminato le sue parole lo fulminai con lo sguardo.

“E questo cosa dovrebbe significare?”, mi sorrise di nuovo e si diresse verso una coppia all’estrema sinistra.

“Allora, cosa vogliamo fare?”, mi voltai verso Tay.

“Incomincia tu, io ti seguo”, passammo il resto degli allenamenti a saltare, costruire una specie di coreografia insieme. Era davvero strano come fossimo coordinati.

“Che canzone è questa?”, domandò mentre scolavo l’ennesima bottiglia d’acqua.

“Blood on the dance floor”, annuì.

“Mi piace”, mi prese la bottiglia e si verso il contenuto sulla testa. Lo guardai indignata.

“Quella era mia!”, fece spallucce e mi rilanciò la bottiglia ormai vuota, digrignai i denti.

“Su sbrigati Daisy, non ho tempo da perdere”, mi bloccai. Daisy? Mi aveva chiamato Daisy? Non l’aveva più fatto da quando … lasciamo stare. Da un sacco di tempo!

“Perché te ne stai li imbambolata? Voglio provare fuori, all’aria aperta”, lo seguii fuori dalla palestra. Santa Clara era piena di terrazze dove il nostro “sport” aveva maggior sfogo.

“Facciamo a chi arriva per primo alle Black Rock Falls!”

E incominciò a correre senza preavviso.

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