Capitolo 9. Paura d'amare (2 parte)

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MICHAEL

Mi era caduto letteralmente il mondo addosso quando l'avevo vista per terra, priva di sensi. Non avevo perso nemmeno un istante, subito ero accorso da lei e l'avevo supplicata di restare in vita, di resistere, di non lasciarmi. Ebbi come l'impressione che mi avesse dato ascolto, aveva riaperto gli occhi e mi aveva guardato intensamente prima di confessare l'impensabile.

Avevo trascorso tutta la notte al suo fianco, a tenerle la mano e ad attendere con trepidazione il suo risveglio. Percepii un leggero movimento della sua mano, alle prime luci dell'alba, non l'avevo lasciata nemmeno per un istante, come nel volerle ricordare che io ero lì e aspettavo che riaprisse gli occhi.

Sollevò lentamente le palpebre e la prima cosa che vide fu il mio sorriso gioioso dovuto al suo atteso risveglio. «Mi hai fatto spaventare a morte, piccola Grace.»

«Sì», disse, scostando la mano e portandosela alla testa. «Mi sono spaventata anch'io.»

«Mi dispiace, è stata tutta colpa mia», ammisi, riprendendo la sua piccola mano per porgerle umilmente le mie scuse. «Ti prego di perdonarmi. Non volevo agitarti in alcun modo, malgrado il mio comportamento sconsiderato dell'ultimo periodo, metterti in pericolo era l'ultima cosa che volevo.»

Grace era ancora intontita, ma aveva ben ascoltato le mie parole, stava solo decidendo se rifiutare o meno il mio perdono.

«Dimmi perché sei venuta da me», la supplicai. «Volevi parlarmi di qualcosa, vero? Qualcosa di importante che riguarda noi due, magari?»
«No, niente di tutto questo», negò, senza neppure osare alzare lo sguardo su di me.

«Grace, non mentirmi.» Portai la sua mano alla mia bocca, così la costrinsi a girarsi per degnarmi della sua totale attenzione. «Io non riesco a smettere di pensarti, né di giorno né tantomeno di notte. E oggi, non mi sarei mai perdonato se ti fosse successo qualcosa.»

«Hai una fidanzata», mi disse, glaciale. «Dovresti stare con lei, in questo momento.»

«Non ho nessuna fidanzata, cosa dici? Io e Isabel non stiamo più insieme, mi sembra di avertelo confidato tempo fa.» Mi avvicinai al suo volto e le scostai una ciocca dei capelli biondo scuro che le ricadeva sugli occhi. «E poi, io voglio stare qui. Con te. Vuoi capirlo una buona volta?»

Imprigionai i suoi occhi ad i miei, cercai in tutti i modi possibili di controllarmi e di non spaventarla ulteriormente. Avevo già combinato un casino giorni addietro, non potevo rischiare di rovinare tutto un'altra volta, solo perché non riuscivo più a tenermi dentro l'amore incontrastato che provavo per lei. Piano piano le distanze tra me e lei svanirono, senza che io potessi far niente per impedirlo, sentii il suo respiro così vicino che persi ogni briciolo di lucidità. Alternavo lo sguardo dai suoi occhi alla sua bocca, sospirando intensamente cosicché anche lei potesse sentire il mio fiato e desiderare di unire le nostre labbra e mescolare i nostri sapori. La volevo disperatamente, non avrei resistito neanche un minuto di più.

Volevo baciarla fino a farle perdere il respiro.

Ma non potevo, le sue condizioni erano già precarie a causa mia, avrei peggiorato ulteriormente le cose se lei si fosse agitata.

«Voglio baciarti, Grace», le sussurrai, strofinando la fronte contro la sua guancia, disperato. «Desidero da morire poterti baciare.»

Avvertii il ritmo del suo respiro accelerare, rialzai il capo e vidi l'espressione del suo volto completamente persa, in totale confusione, mentre io non riuscii ad allontanarmi da lei e, anzi, appoggiai le mie labbra sulla sua guancia e continuai a depositare piccoli baci sul volto angelico con l'intento di sedurla e farla cedere. Non riusciva ad allontanarsi da me, mi voleva come la volevo io, ma qualcosa la frenava e in un modo in cui io non ero capace, riusciva a controllare quello che sentiva.

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