Capitolo 8. Speranza (1 parte)

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GRACE

Non sapevo come dover giudicare le mie azioni, né tantomeno se avessi compiuto l'errore più grande della mia vita oppure se mi fossi semplicemente salvata in tempo, avevo agito guidata dalla rabbia, una rabbia accecante che mi aveva portata a recarmi allo studio del primario e chiedergli di essere affidata a un altro medico, usando la balla che non fossi soddisfatta dell'operato del dott. Reed.

Quell'uomo si era preso gioco di quello che provavo, mi aveva umiliata e spezzato il cuore, già abbastanza fragile per conto suo. Non potevo permettere che continuasse quella farsa, dopo le parole che gli avevo sentito dire all'infermiera. Mi ero addossata tutte le colpe perché avevo commesso l'errore di fidarmi di lui, di credere che potesse provare qualcosa per me, nonostante la notevole differenza d'età, gli avevo quasi aperto il mio cuore come una stupida. Mi ero lasciata abbindolare dalla sua gentilezza, dai suoi modi garbati, dalle sue parole dolci e dal fascino che, al cento percento, sapeva di emanare. Promisi a me stessa che mi sarei tenuta alla larga da lui, per nessun motivo al mondo gli avrei permesso di nuovo di fregarmi.

Quella decisione mi era costata cara, ma mi aveva anche dato tanta forza per sollevarmi e affrontare quello che la vita mi avrebbe riservato, contando solo su me stessa.

Ad ogni modo, soffrivo terribilmente la sua assenza. Lo pensavo di continuo, soprattutto continuavo a pensare a quel momento in cui le nostre labbra si erano sfiorate per un breve istante, non riuscivo a togliermi dalla testa la sua bocca e quella voglia senza precedenti di baciarlo. I battiti del mio cuore acceleravano solo al ricordo di quei brevi ma intensi momenti che avevamo vissuto insieme, e rifiutavo disperatamente l'idea di essermi innamorata di quell'uomo.

Ah, non mi riconoscevo più. Non avevo mai provato niente del genere in vita mia, il mio innamoramento per Robert era una di quelle cotte adolescenziali, un'infatuazione di poco conto, ma quello che provavo in quel momento, non lo era nemmeno un po'. Non riuscivo a spiegarlo nemmeno a me stessa, però sentivo fosse chiaramente qualcosa di diverso, un sentimento più elevato, profondo e vero. Non sapevo se definirlo amore, o qualcosa di molto vicino, sapevo soltanto di provare qualcosa di talmente forte da credere che di quel passo il mio cuore avrebbe finito per cedere definitivamente.

Ma cos'era, poi, l'amore? A diciotto anni ammettevo di non saperne niente, quindi poteva essere amore quel che sentivo per lui? Quella terribile sensazione del proprio stomaco sottosopra, quel tremolio continuo alle gambe, quel sudare di mani, quel cuore che batteva forte, in modo preoccupante, senza sentir ragione di darsi una calmata ... tutto quello poteva definirsi amore?

Sentivo il mare in tempesta scatenarsi dentro di me, e inutili erano i miei tentativi di capire quello che mi stava accadendo, ogni volta che tentavo di venirne a capo credevo di impazzire, ero talmente confusa e persa che non riuscivo a rendermi conto delle azioni che avevo compiuto, di aver allontanato da me l'uomo di cui ero innamorata senza dargli nemmeno il tempo, o il modo, di potersi spiegare. Ero sicura di aver fatto la scelta giusta, non c'era altra soluzione se non quella di non vederlo mai più, di strapparlo con la forza dal mio cuore e dai miei pensieri e di tornare la ragazza di un tempo. Quella ragazza triste e amareggiata che troppo presto aveva scoperto quanto dolorosa poteva essere la vita.

Michael, soltanto Michael.

Lo pensavo giorno e notte, mi rodevo il cervello su di lui. Non volevo mentire a me stessa, a me lui piaceva, e di lui mi piaceva tutto. Dagli occhi gentili e rassicuranti, al sorriso genuino che aveva il potere di cambiare le mie giornate, da cupe e buie a belle e allegre, sognavo ripetutamente le sue labbra desiderandole con ardore e ogni volta che lo pensavo sentivo le maledette farfalle darsi alla pazza gioia dentro lo stomaco. Mi piaceva di lui la passione che metteva nel suo lavoro, quella luce negli occhi quando mi parlava di cosa significava per lui essere un medico, di quella missione che aveva deciso di intraprendere. Ci metteva amore in quello che faceva, lo si poteva percepire. Ero stata incantata da lui, dal suo modo di essere, si trattava indubbiamente di un bel guaio.

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