Byal

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La carrozza percorse ancora molta strada e i due passeggeri fissavano entrambi il paesaggio esterno che correva veloce di fianco a loro. Anche se il buio aveva avvolto ogni cosa, gli alberi e le rare lanterne sulla strada attiravano i loro sguardi, rapendo i pensieri. Carr era in uno stato d'animo particolare: ora che Darren gli aveva spiegato il motivo e la meta di quel viaggio, si sentiva meno prigioniero, meno schiavo degli eventi. Aveva capito che il suo potere poteva essere un problema ed aveva accettato il fatto che dovesse imparare a controllare il mana. Al contempo si sentiva turbato: un nuovo maestro. Era una prospettiva a cui non riusciva ad abituarsi. Darren era stato il suo unico maestro, l'unica figura adulta di riferimento da sempre, da che avesse ricordi. I suoi genitori non li ricordava quasi neanche più, mentre ogni reminiscenza felice della sua infanzia era indissolubilmente legata a Darren. Non era un uomo facile: spesso fuori casa, mai troppo espansivo, né amorevole, ma sempre presente nei momenti importanti, sempre attento alle sue esigenze. Non si era mai sentito schiavo in casa di quell'uomo e da lui aveva imparato molto. Non erano stati anni facili, questo no: non avere genitori certo non aiuta ad avere un'infanzia felice, ma con Darren al suo fianco, non si sentiva poi tanto diverso dai suoi coetanei. Il pensiero di doversi allontanare, di conoscere un altro maestro, un altro uomo nella sua vita, lo rendeva nervoso e timoroso.

«Quanto manca ancora?» chiese senza distogliere lo sguardo dal paesaggio fuori della carrozza.

«Non molto, dovremmo arrivare in un paio d'ore» tagliò corto l'uomo.

Ormai era notte inoltrata, ma nessuno dei due avvertiva la benché minima stanchezza: lo sfogo alla locanda aveva acceso i due animi come due pire. Dopo poco la carrozza rallentò e Carr si accorse che stavano imboccando una strada meno battuta che si staccava dalla principale, sin lì seguita. Stavano entrando in una foresta. Il ragazzo osservò l'uomo con sguardo interrogativo, ma quello non sembrò minimamente sorpreso: probabilmente era la strada che dovevano percorrere, sperò il giovane. Il terreno poco battuto ed impervio costrinse il cocchiere a rallentare l'andatura, anche se i due passeggeri continuavano a sobbalzare con forza. Quell'incedere continuò per almeno un'altra ora e quando la carrozza si fermò per Carr fu un momento di enorme sollievo: si gettò fuori con impeto dall'abitacolo e respirò a pieni polmoni l'aria densa di umidità camminando, finalmente, senza sobbalzare.

«Ci attenda qui» disse Darren al cocchiere muovendo in modo strano le mani davanti al viso dell'uomo che, senza emettere fiato, annuì con lentezza «Su, andiamo. Penso ci stia già aspettando». Detto questo l'uomo cominciò ad incamminarsi nel folto della foresta. Carr gli si avvicinò e lo seguì alquanto timoroso: era notte fonda, la luna illuminava quel che poteva, visto che un intreccio di rami e fronde rendeva la volta celeste quasi invisibile. In aggiunta una lugubre nebbiolina di umidità ammantava il sottobosco, avvolgendo ogni passo dei due avventurieri. Passarono dei minuti e Darren continuava ad incedere sicuro e veloce, mentre Carr, in più di un'occasione, si fermò guardingo certo di aver sentito un rumore non incoraggiante provenire dal buio che li circondava.

«Non perdere il passo, stupido asino!» lo ammonì poi il maestro «Questa foresta non ama particolarmente gli sciocchi che si perdono». Il ragazzo non capì perché Darren si fosse rivolto alla foresta come se questa fosse una persona, ma non gli sembrò il momento di puntualizzare una cosa del genere, anche contando il fatto che il terrore gli stava già attanagliando la gola e le parole si sarebbero comunque rifiutate di uscire. Dopo altri interminabili minuti, l'uomo si fermò tra alcuni alberi e cominciò a guardarsi intorno:

«Sono certo che sia da queste parti, ma tutte le volte mi sbaglio». Sembrava matto, pensò Carr. Continuava a muoversi tra la nebbia cercando chissà che.

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