FUOCO

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La pioggia non smetteva di scendere. Erano giorni che ormai il cielo regalava solo acqua e le strade si erano trasformate in poco tempo in pesanti guadi fangosi. Una situazione assolutamente poco congeniale per gli affari, già molto a rilento.
I clienti erano sempre meno e quelli che riuscivano ad arrivare, non avevano troppi scudi da spendere: un periodo davvero difficile per "L'Oca Incappucciata".
Era una piccola taverna di via, che offriva qualche camera, del foraggio per i cavalli e dell'ottimo arrosto. A detta di molti il miglior arrosto per miglia, ma...
«Margaret!!»
Thorn la destò dai suoi pensieri: il burbero patrigno non la lasciava in pace un secondo. Non era un uomo cattivo, solo completamente devoto alla sua unica creatura: la taverna. Durante l'orario di lavoro, cioè quasi sempre, bisognava solo e soltanto lavorare. Mai una pausa, mai un respiro. Solo lavoro.
«Sbrigati con quel cinghiale! I clienti attendono!!»
Non si era accorta di essersi fermata a guardare la finestra con in mano due piatti fumanti di arrosto.
Si mosse velocemente verso il tavolo dove l'attendevano: servì le pietanze e si accomiatò gentilmente per portare altra birra e per mettere altri ciocchi di legno nel fuoco che stava languendo in fondo alla grande stanza.
Non era certamente il lavoro dei suoi sogni, ma la paga era buona e amava stare tra la gente.
Gli affari, però, andavano sempre peggio: colpa delle tasse dicevano alcuni. Colpa della paura, dicevano altri. Paura che serpeggiava silenziosa in tutta Loor, dopo che qualcuno aveva sparso la voce che a Sollerth si stavano muovendo strane forze, forze malvagie.
Lei non credeva certo a quelle fantasie da contadini, ma era chiaro che qualcosa stava infettando la tranquillità delle persone. Non sapeva spiegarlo con precisione, ma c'era certamente qualcosa che non andava.
Certo era che dalle parti di Sollerh, succedeva sempre qualcosa di losco: quel Mannor era un tizio davvero poco raccomandabile. E tutti lo temevano. Se qualcuno stesse veramente tramando qualcosa, quello era certamente Mannor. Proprio grazie all'egida di quell'uomo, Sollerth era cresciuta economicamente in quegli anni e con Loor si era accesa una forte rivalità sulla supremazia economico-politica. La fortuna di Sollerth fu inizialmente attribuita alle abilità diplomatiche di Mannor, poi, con il tempo, qualcuno si spinse a dire che quell'uomo aveva certi poteri...poteri che gli permettevano di volgere ogni situazione a suo favore e di modificare il pensiero delle persone...
Sciocchezze, sicuramente, ma era sotto gli occhi di tutti che Mannor voleva schiacciare Loor e annetterla al suo regno.
Grazie comunque al florido commercio e a trattati di reciproca non belligeranza, si era vissuti nella normalità e nella pace, almeno fino a qualche mese prima.
Ultimamente, infatti, le cose erano cambiate molto. Non avrebbe saputo dire bene come fosse successo, ma qualcosa era cambiato. In peggio.
Gli stranieri, prima numerosi e sicura fonte di guadagno, ora si facevano vedere sempre meno e quelli che arrivavano da Sollerth o anche da altre regioni, venivano semplicemente evitati o cacciati malamente. Il motivo? Forse odio, forse ignoranza...o forse paura.
Questo rendeva qualsiasi tipo di attività commerciale molto meno redditizia e difficile da gestire.

Si guardò la gamba malconcia e pensò a quanto tempo ci avrebbe impiegato lui.
Un sorriso spuntò sulle sue labbra e una lacrima gli solleticò una guancia:
«...Stupido apprendista...»
E ora ci si metteva anche la pioggia!
Loor era sempre stata regione molto piovosa e quindi anche molto ricca e fertile, ma da settimane sembrava che il cielo si fosse dimenticato di lasciare un po' di spazio anche al sole, continuando a gettare secchiate d'acqua grigia e fredda.
«Maggie!!!»
Ancora Thorn: non c'era pace in quell'uomo. Certe volte sapeva essere davvero insopportabile. Ma gli voleva bene. L'aveva allevata come una figlia e non le aveva mai fatto mancare nulla.
«La pianti di fissare quella finestra e vedi di accogliere al tavolo i nuovi ospiti! Svegliati! Non ti pago per guardare le finestre!»
«Sì, sì arrivo» rispose sbuffando.
In effetti non si era accorta che erano entrati due nuovi avventori. Si riavvivò i capelli, si diede una sistemata poco elegante al seno e si precipitò ad accogliere i nuovi arrivati.
«Prego, prego accomodatevi!» voleva essere estremamente cortese, speranzosa in una buona mancia, cosa che era ormai sempre più rara e che le sarebbe servita per quel vestito che aveva visto al mercato...
Si accorse subito che uno dei due utilizzava un lungo bastone per tastare il terreno prima di muoversi: la benda attorno agli occhi le fece inequivocabilmente capire che era cieco. Un moto di tenerezza la avvolse, ma si riprese subito quando lo vide muoversi: non sembrava certo il tipo da piangersi addosso. Utilizzava il bastone con assoluta sicurezza e il suo mento era alto e fiero.
L'altro, dal canto suo, non si era ancora liberato dalla pesante tunica che lo copriva. Era zuppo dalla testa ai piedi e si guardava intorno con circospezione, gocciolando fastidiosamente sul pavimento. Pavimento che la sera avrebbe dovuto ramazzare nuovamente...
«Prego, accomodatevi accanto al fuoco, almeno vi asciugherete più in fretta!»
Li accompagnò ossequiosamente al tavolo dove si sedettero: da come si lasciarono cadere sulle sedie sembravano davvero molto stanchi. Una volta che si furono accomodati attese qualche istante in piedi. Fu allora che l'uomo con la tunica rivelò il suo volto uscendo dal cappuccio fradicio.
Non sembrava tanto vecchio, ma nemmeno troppo giovane: era davvero strano. Ed era davvero bello. Un viso pulito, sincero, ben delineato. Lineamenti aggraziati, ma decisi, zigomi proporzionati, labbra giustamente carnose e quegli occhi...Furono i suoi occhi a farla completamente perdere. Bastò un'occhiata fugace per trafiggerla nel profondo. Erano occhi che non aveva mai visto. Assolutamente magnetici.
Ci mise alcuni secondi per tornare alla realtà ed accorgersi che l'uomo dagli occhi strani le stava già parlando.
«Per entrambi, grazie.»
«Eh...per entrambi...? Cosa...?» bofonchiò confusa.
Lui la osservò divertito, inclinando impercettibilmente la testa.
«Entrando abbiamo sentito un ottimo odore di cinghiale. Potrebbe portarcene due porzioni? E della birra? Per entrambi? Grazie?»
Il tono, volutamente canzonatore, la fece avvampare vistosamente: lui se ne era accorto, ne era certa. Si sforzò di non mostrare alcun cedimento e fuggì mortificata in cucina.
Mentre dettava l'ordine, cercò di osservare i due da lontano. Stavano ridendo allegri: la stavano sicuramente prendendo in giro. Che stupida! Scrollò con vigore la testa e sospirò forzatamente.
«Tutto bene, Maggie?»
«Non chiamarmi Maggie. E sì, sto benissimo.»
Thorn la guardò perplesso, ma tornò velocemente al pentolone borbottando tra sé.
La ragazza ricevette i due piatti fumanti qualche momento dopo, ma fece aspettare i due più a lungo del dovuto, lasciando che il cinghiale si raffreddasse. Così avrebbero imparato un po' di educazione, si disse.
Una volta appoggiati i due arrosti davanti agli ospiti, fece il giro del tavolo per appoggiare anche i boccali di birra schiumante. Servì prima il cieco e poi l'altro: di nuovo quegli occhi. Ma cosa avevano quegli occhi di così speciale?
Fu una frazione di secondo, ma fu sufficiente per farle perdere l'equilibrio e farle rovesciare il boccale addosso al ragazzo. Nella taverna nessuno sembrò accorgersene, visto che ognuno si faceva gli affari propri, ma a lei sembrò che tutto il mondo la stesse osservando, con sguardo di totale disapprovazione.
«Oh!! Sono mortificata!!» si affrettò a dire «Mi...mi dispiace da morire! Scusate signore!»
Oltre a sentirsi stupida, pensò alla mancia che sicuramente non avrebbe mai più ricevuto.
«Non preoccuparti, davvero! Non è successo nulla!» il ragazzo pareva divertito e per nulla arrabbiato: questo la fece sentire ancora più mortificata e vulnerabile.
Prese uno straccio che pendeva ignaro dalla sua cinta e si decise a pulire la tunica lavata, ora, anche dalla birra. L'avrebbe rimessa a nuovo. Non ci sarebbe voluto nulla!
«Sul serio, non c'è bisogno...» cercò di dire lui, con tono gentile.
Ma ormai era troppo tardi: lei aveva deciso.
«Non si preoccupi, ci penso io. Ci metterò pochissimo ad asciugare tutta quella birra.»
Stava già tamponando la spalla quando... si fermò di scatto. Qualcosa non andava. Guardò il giovane fisso negli occhi, poi ritornò ad osservare lo straccio. Lo premette nuovamente sulla tunica. Non c'era alcuna resistenza dopo la spalla.
Era come se mancasse un pezzo...come se...
«Purtroppo sì...» disse lui con un sorriso.«...mi manca proprio quel braccio.»
Un groppo alla gola le soffocò il respiro. Non ne aveva fatta una giusta. Neanche una.

Si alzò e non sapendo né cosa dire, né tanto meno cosa fare, scoppiò a piangere come una bambina e corse in cucina, lasciando i due menomati soli al tavolo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 08, 2019 ⏰

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