Lo sfogo su carta

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Non so come ma trovai il coraggio di tornare a casa, andai in camera mi buttai sul letto chiusi gli occhi cercando di stare tranquilla, e ripetendo tra a me e me che andrá tutto bene, e nel frattempo mi addormentai

Il mio sonno venne disturbato dal rumore della chiave nella serratura del portone, erano tornati i miei, quale sarebbe stata la loro reazione avenndomi trovata a casa quando avrei dovuto essere a scuola?

Mi feci coraggio, aprì la porta per raggiungere mia madre nel corridoio che posava il cappotto e la borsa nella cabina armadio; dovevo essere coraggiosa, tanto tutto questo non era successo per colpa mia.

_"M..mamma..."

-"Lus!, Che fai a casa??!! Perché non sei a scuola? Perché sei uscita prima? "

-"Mi hanno spospesa perche ho fatto una rissa a scuola"

-"Non so più cosa fare con te Lus, mi dispiace, cerca di essere forte"

Per fortuna non l' avevano presa tanto male, in fondo non era del tutto volpa mia.

Passai le due settimane in casa senza uscire, era tutto così vuoto, quel mondo non mi apparteneva, non pensavo fosse il mio mondo, forse era un' altra dimensione, forse stavo sognando, ma no, non é un'altra dimensione,non é un sogno, questa era la dura realtá, che non sarei riuscita ad affrontarla ora non sapevo più da che cosa dipendesse la mia vita.

I giorni della mia sospensione finirono, era il monento di tornare a scuola.

Ero stata sveglia tutta la notte fino alle sette della mattina, non avevo sonno, ormai ero quasi da un mese abituata a non dormire la notte.

Tolsi il mio pigiama, infilandomi una pelpa nera e gigante, per coprire qualche taglio che mi ero fatta in quei giorni,e dei jeans grigiastri.

Infilai tre libri e due quaderni a caso denteo al mio zaino blue.

Mi precipitai nel bagno, lavandomi il viso con l'acqua congelata, dopo essermi lavata gli occhi metto a fuoco quello che é inforno a me, così da trovarmi di fronte alla me stessa riflessa nello specchio, un momento...
Quella ero davvero io?
Era davvero la mia vita questa?

Senza restare un minuto di più a fissare il mostro che avevo di fronte andai in camera senza prendere il parca misi direttamente lo zaino sulle spalle, presi velocemente il telefono e le cuffie senza neanche rivolgere la parola ai miei e mi affrettai ad uscire di casa.

Il fatto di stare per strada con le cuffie, ascoltando quelle canzoni, mi faceva stare malissimo, mi ricordavano sempre i giorni dell' anno scorso, in cui lui era ancora vivo, e io giravo per strada con le cuffie sognando ad occhi aperti e sorridendo.

Che belli che erano quei giorni se solo avessi saputo che sarei arrivata a questo punto, avrei sorriso di più in quei giorni

7:50
Ero davanti al cortile della mia scuola, dopo che suonó la campanella aspettai che entrassero tutti così per entrare per ultima, rivedere quella stessa scena, di ragazzi e ragazze felici che entrano ed escono da quella porta, mi ricorda troppo di lui, lo crcavo in mezzo alla gente, cercavo nei comportamenti degli altri i suoi modi di fare, ma era inutile, anche se lui ci sarebbe stato, non lo avrei mai trovato in mezzo agli altri, lui per me era unico e speciale.

Entrai nella classe, l' atmosfera era ancora più cupa del solito, mi sedetti all' ultimo banco da sola, ero isolata dai miei compagni, le loro voci erano come estranee nel momento in cui mi affacciai alla finestra osservando il cielo grigio che buttava inizialmente qualche goccia d'acqua e tre secondi dopo un' acquazzone, sembrava che quella pioggia era una sorta negatività che il cielo cercava di mandare via, ma sapeva che sarebbe primaoppoi tonrata, avrebbe notmalmente fatto il suo ciclo finendo in mare ed evaporando e così via, ma chissà forse quella pioggia per il cielo non conteneva solo negativià, ma anche qualcosa di positivo, in quel caso il cielo non l' avrebbe scaricata sul mondo.

I miei strani pensieri confusi vennero interotti dall' arrivo della prof di arte, ero proprio negata in disegno, ma era un modo per sfogarmi.

La prof voleva farci disegnare a matita "La Gioconda" di Leonardo Da Vinci, non ero mai stata brava a disegnare, la prof mi dava troppa fiducia, osservando la figura sul libro, guardai i suoi occhi, ceecavo di leggerli per poter capire lo stato d' animo del soggetto disegnato ma non riuscivo.

Iniziai col mettere la matita sul foglio bianco A4,
mi resi conto di quello che stavo facendo solo dopo aver finito, non avevo illustrato la Gioconda ma tutta quella scena che rimbombava nei miei sogni nelle notti in cui riuscivo a dormire, quella scena che segnó l'inizio della mia sofferenza, l' inizio dell' odio contro la mia vita, contro me stessa: ovvero la scena che rappresentava me mentre cercavo di salvarlo, non so come ho fatto, non ero consapevole di quello che stavo disegnando, ormai dovevamo consegnare per forza tutti i disegni alla prof, non avevo altra scelta dovevo darglielo.

Avevo paura di cosa poteva aver pensato la prof, domani porterà i disegni con i voti.

Non ero assolutamente consapevole di aver disegnato quella scena, so solo che dopo che l ho fatto, mi sono sentita meglio, non benissimo, ma molto meglio rispetto a quei giorni, con una matita e un foglio ero riuscita a scaricare le mie sofferenze.

La prima e l'ultima volta Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora