Buon anno del cazzo

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VIGILIA DI CAPODANNO, DICEMBRE 2018
due anni prima



Toglievo l'ultimo piatto sporco dalla tavola quando mio fratello cominciò a borbottare di nuovo sottovoce al telefono, e Francesco che mangiò con noi quella sera mi aiutò a sparecchiare. Mi morsi l'interno della guancia quando frasi come non decide di smetterla oppure mi sta facendo preoccupare uscirono dalla sua bocca. Era seduto sulla poltrona, le spalle ricurve, telefono all'orecchio e la mano fra i capelli. Parlava di me ad una sconosciuta, una ragazza che da come avevo inteso era la sua nuova fidanzata: mai vista, mai sentito parlare di lei prima, eppure in quel momento sembrava più interessante e importante di me o della sua famiglia. Per di più le parlava di me come se in quella stanza con lui non ci fosse nessun altro se non la ragazza dall'altro capo del telefono. Quella situazione cominciò a starmi troppo stretta, il suo atteggiamento, la sua voce e il suo sguardo mi stavano mandando fuori di stesta.

Era da più di un mese che sopportavo quello strazio.

Ed io avevo perso la pazienza.

"Perché non vai a parlare di me da qualche altra parte?" Me ne uscii tenendo lo sguardo fisso sui piatti che stavo lavando. Se voleva lamentarsi di me che almeno avesse avuto la decenza di non farlo in mia presenza. Per un momento pensai che non mi avesse ascoltata ma quando lo sentii salutare la ragazza e poi appoggiare il telefono sul tavolino mi ricredetti.

Francesco mentre sciacquava i piatti mi lanciò un'occhiataccia. Ammonendomi con lo sguardo di stare calma, ma sentivo di aver perso tutto il mio autocontrollo.

"Perché? Fa mica differenza?" Disse mio fratello in un sospiro.

"Sai, potresti fingere che almeno un minimo di me ti importi" borbottai e mi morsi il labbro. Avevo lanciato la bomba ormai, e lui ovviamente la lasciò scoppiare.

"Ma ti senti quando parli? Come puoi insinuare che di te non me ne importi niente?". Era spazientito.

Sospirai, poi strinsi gli occhi. "Fino a prova contraria le tue azioni parlano da sole".

"Oh ti prego non ricominciamo con questa storia!" Schioccò la lingua e rise, senza far trasparire alcuna felicità "ne ho abbastanza delle tue accuse".

"Accuse?" lo fissai sgranando gli occhi "Parli seriamente? Cosa c'è? Ti da per caso fastidio quando ti sbattono in faccia la verità?" Dissi lanciando i piatti nel lavandino, senza preoccuparmi di creare casino, l'acqua andò ovunque bagnandomi le braccia . "Vorresti negare che da quando sei qui non hai fatto altro che sistemare le sue cose senza chiedermi come io stessi, realmente?" spalancai le braccia "Ma no, giustamente te ne esci con frasi fatte del tipo "parla con la tua famiglia, sfogati, io ci sono" senza però mostrarti minimamente interessato!" mi misi a ridere, ma sembrò più un lamento "E poi mi vieni a dire che sono io il problema? Tu te ne stai tutto il giorno al telefono con quella cazzo di ragazza, papà che a malapena esce da casa sua e ci rivolge la parola!" dissi a denti stretti, il cuore che mi pulsava nelle orecchie. "Dimmi: che cosa devo fare, allora?"

"Io almeno ci provo a chiederti le cose. Appena apro bocca sembra che ti abbia bestemmiato addosso! È normale che poi io perda la pazienza, non trovi?" fece un verso esasperato e si ributtò sulla poltrona, picchiettando la soletta della scarpa a terra, nervoso.

"Se quello è il tuo modo di comunicare dovresti rivedere un po' i concetti base della comunicazione! Ti pare normale che sono dovuta andare da Francesco per sfogarmi? Per trovare del cazzo di conforto?" lo indicai, lui mi tirò leggermente un braccio, cercando si farmi calmare quanto più possibile. "Me la sto vedendo solo io con la sua morte, con le faccende qui a casa, e hai il coraggio di dire che sono io il problema? Siete degli insensibili del cazzo, tu e tuo padre, non ve ne è mai importato niente!" Finalmente ebbi il coraggio di dirglielo, togliendomi da dosso un peso che era diventato troppo insopportabile che mi impediva di respirare. E capii di aver colpito il segno quando lo vidi sbattere velocemente gli occhi che si erano riempiti di lacrime, ma in quel momento non mi importava. Avevo solo la gola in fiamme, il cuore batteva all'impazzata nel petto e respiravo a malapena pur non avendo fatto alcuno sforzo fisico. E ribollivo di rabbia. Dio santo era talmente tanta che quasi potevo riuscire ad assaporarla in bocca, forte e amara.

𝐌𝐞𝐦𝐨𝐫𝐢𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora