I.

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Se dici che bastano passione e perseveranza per realizzare i tuoi sogni sei un bugiardo e non sei riuscito a realizzarti nella vita. E tu, più di tutti, sei sempre più vicino alla morte. La mia morte è un foglio bianco, ne ho paura. Non voglio morire senza un nome, ma come faccio ad iniziare, a portare in vita luoghi e persone se non so dove e chi sono io? Ammetto senza vergogna che quello che vorrei fare è qualcosa di grande, e importante, per fama, potere, amore. Ma sto strisciando sul fondo arido di questo pozzo da troppo tempo, ed è ora di iniziare a lottare, di medicarsi le ferite e scalare le infinite pareti di pietra che mi circondano. Ho voglia di arrivare in cima, di vedere cosa c'è fuori, e di essere vista da tutti. Ma allo stesso tempo non voglio, voglio rimanere nell'ombra, senza un nome o uno scopo. Senza amore, sola. E la vita, la vita mi spaventa più della morte. In fondo al mio pozzo mi sento al sicuro, ma la vita mi consuma più in fretta del dovuto. E il buio mi macchia l'anima, e mi appesantisce il cuore. Nessuno mi vede e io non vedo nessuno, e c'è chi mi piange e mi odia perché è colpa mia, ma io da qui non posso sentirlo. Ho sempre tanta stanchezza addosso, tanta tristezza. Non riesco a stare dentro alla mia stessa pelle, faccio fatica a sentire i vestiti che mi avvolgono. La testa è pesante, e gli occhi chiusi, e nessuno riesce a vedermi. Non riconosco le mie emozioni, non metto in fila le parole, la penna non scorre sul foglio, la mia mente è incastrata da qualche parte e mi è impossibile fare qualsiasi cosa. L'unico futuro che vedo davanti a me è breve, e nero. E vuoto. E ogni cosa che creo non mi sembra mai abbastanza. Vorrei spingermi oltre, ma sono ancora lontana dalla linea di confine. Prima o poi so che accadrà, è già successo. La mia fortuna, però, è che io sbaglio sempre tutto. 

Da tempo mi sento persa, come se un giorno fossi scivolata dalla tasca di qualcuno senza che se ne accorgesse. E adesso sono ancora qui, sul ciglio della strada, abbandonata, sola, piccola. E mi ostino a non voler nessun aiuto, cammino lentamente e con la testa bassa, le gambe le sento appena. Mi guardo intorno e il mondo mi sembra inclinato, in discesa, e sento che è pronto a vedermi scivolare. E per non mentire a me stessa ammetto che se dovessi cadere non mi importerebbe, mi lascerei andare, sono brava in questo. Cammino nel mio mondo inclinato, sono affaticata e triste, sono quasi sul punto di arrendermi. Alla fine mi ritrovo sempre a voler scappare dalla realtà, perché - come molti altri - provo un'incredibile simpatia per l'autodistruzione, in un modo o nell'altro trovo sempre un motivo per volermi meno bene. Tu invece continui a volermene, e io non me ne capacito. Non riesco a metabolizzare l'esistenza di una realtà in cui tu hai scelto me, che sbaglio e cado e persevero. È una realtà strana e quasi non mi sembra di viverla, perché scappo, sono una che scappa sempre. Sono fatta così, mi piace sentire il corpo che si divide dall'anima come il dottor Jeckyll, solo che ciò che rimane di me è solo un subdolo, orribile Mr Hyde. Mi sento un concentrato di cattiveria, un insieme di cose e ricordi orribili, e sono schiacciata in un angolo dal peso di una tristezza enorme. E tu sei lì che mi guardi, impotente di fare qualsiasi cosa se non amarmi così come sono. Triste, debole, vuota. Ti aspetto in un letto che non vedrai mai, un letto freddo in una stanza buia. Ti penso in un modo che non conoscerai mai, sentendo i tuoi baci sulla mia pelle come se fossi qui con me. E mi sento ridicola, e patetica, perché abbiamo sbagliato una volta e sbaglieremo ancora e non ci sarà tela abbastanza grande da poter contenere il mio dolore. Eppure ti cerco, e tu cerchi me. E ascolto il rumore dei tuoi passi che si avvicinano, e il cuore mi batte più forte. Un ultima volta, un ultima volta ancora. Ti prego. Ridicola, patetica. Vorrei scappare, scendere gli ultimi gradini della mia vita. Insultare Dio per aver creato un male che infetta qualsiasi cosa senza riguardo per noi che viviamo nella mortalità. E ringraziarlo per averci regalato la possibilità di morire. 


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