IV.

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Rimango nel letto per un tempo che sembra interminabile, è come se nella mia testa le lancette si muovessero più lentamente del normale. Mi appoggio alla testiera del letto, socchiudo la finestra che ho alle spalle e mi accendo noncurante una sigaretta adempiendo agli obblighi che questa brutta abitudine mi impone. Il fumo sale ed esce subito, come risucchiato. Lo fisso incantata, è blu e viola - o così sembra - io invece di che colore sono? Mi sento nera, a causa dell'anima che mi porto dentro, e rossa per tutto il sangue versato. E vorrei essere come il fumo di una sigaretta: blu, viola, leggero, sul punto di scomparire. Mi rendo conto solo in questi momenti di quanto in fretta si incupiscano i miei pensieri, e mi impressiona molto, perché sento di non essere come gli altri, mi sento un alieno: sola, lontana da casa, diversa. Man mano che lascio correre i pensieri il dolore sembra scavare sempre più in profondità, dolore su dolore, mi sembra di avere nel petto una pila di cadaveri, e urlano ancora, e ancora, e io li sento nella testa, e vorrei farli andare via ma non posso. Sono fermi, inerti, privi di vita, eppure urlano così tanto, straziati, sofferenti, in piena agonia. E quello che ho dentro riflette esattamente come mi sento: morta, straziata da un dolore immenso, sofferente, in agonia. E vorrei urlare anche io, vorrei poter urlare fuori dal mio corpo tutto questo male che mi sento dentro, e tornare a vivere. Ma qualcosa non me lo permette e non so cos'è, e non so come surclassare il potere che esercita su di me.

Le lancette si muovono ancora lentamente, fuori ormai è buio, io sono ancora sul letto e tu non ci sei. Perché? Perché non ci sei? Sapevo che non avresti mantenuto la promessa, sapevo che mi avresti spezzato il cuore e so che continuerai a farlo, perché io te lo permetterò. Perché vado sempre alla ricerca della sofferenza, del dolore. Perché penso che il soffrire, o l'arrivare in fondo al pozzo, siano l'unico modo per poter risalire e ricominciare a respirare aria pulita. Solo che finora non ho fatto altro che rimbalzare per terra, senza vedere mai la luce, e una parte di me sta cominciando a perdere le speranze. Forse è destino che io rimanga qua dentro, forse è destino che io non viva questa vita. Forse, forse...Non lo so, non so più niente ormai. Sono solo un ammasso di sofferenza, e lacrime, e cadaveri. E la voglia di non essere più qui sale, e sale, e sale. E poi la porta si apre. Il cuore ricomincia a battere all'impazzata, respirare è più difficile, è come se l'aria fosse diventata solida e mi fosse impossibile respirarla. Sento i tuoi passi avvicinarsi alla camera, e quando finalmente compari sulla porta il cuore lo sento enorme, come se occupasse tutto lo spazio della mia gabbia toracica. E scommetto che a due metri di distanza tu lo senti, come potresti non sentirlo. Batte così forte che potrebbe uscirmi dalla bocca e venire lì ad abbracciarti al posto mio, perché sa che io non riuscirei a farlo, troppo timida, troppo insicura. 


- Ciao tesoro. - mi saluti sorridendo, e io che sono ancora nuda sotto le coperte non mi muovo, sento un timido sorriso apparire sul mio volto ma nulla di più. 


- Ti va di mangiare qualcosa? - la tua voce è così dolce, come quando si parla ai bambini, o agli animali, o a quelle persone che si portano dentro un dolore tremendo, come me. 
In realtà non mi va molto di mangiare, l'idea di mettermi in bocca del cibo, masticarlo e poi sentirlo scivolare fino allo stomaco mi fa ribrezzo, ma è tanto tempo che nessuno si prende cura di me e allora cedo. Mi rimetto l'intimo, mi infilo nella tua felpa e poi ti seguo fino in cucina. 


La notte è sempre il momento peggiore: sono abituata a cercare il tuo corpo caldo, e stasera che sei davvero qui mi sembra quasi strano, sbagliato. Però, come sempre, con te mi sento al sicuro, e appoggiata alla tua spalla mi addormento senza paura di fare incubi, perché tu sei qua, perché se mi agito nel sonno mi tieni stretta a te, perché se il respiro si fa irregolare cerchi di tranquillizzarmi, perché se mi sveglio terrorizzata sei pronto a stringermi e sussurrarmi parole dolci, perché mi ami, nonostante io non lo meriti, e perché io amo te. 

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