Lose Your Mind.

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Eccola, che col suo manto scuro incupisce strade e pensieri. È invulnerabile, non ha compassione. Eppure è così elegante, lei, che avanza leggiadra senza farsi notare, abbracciando tutta la città con le sue fredde attenzioni, ricevendone altrettanto da caldi occhi color nocciola. La notte può far paura, se con lei si condivide ogni qual tipo di problema. È un tormento, ma è un essenziale. E il giorno dopo, al sorgere del sole, che con i suoi deboli e primi raggi scongela i fiori coperti dalla brezza, la pelle pallida viene fatta risaltare di più, e con lei il violaceo confortevole da guardare delle profonde occhiaie tipiche di ogni insonne. Sinceramente non sapevo nemmeno di esserlo, ma vivendo con delle creature notturne alla fine ho imparato ad esserlo anch'io. Il giorno dopo mi sarei lasciato tutto alle spalle come se nulla fosse. Ma lei continua la sua lenta corsa, fa ombra su tutto, tinge cielo e mare: il nero dominante lascia libera immaginazione su ciò che si potrebbe nascondere in esso. Un sorriso, una lacrima solitaria. Tutto può essere tenuto al segreto, con il suo mantello calato sopra di me. Ho un brivido di solitudine addosso, ma so di non essere solo, che come me anche gli altri staranno osservando quella stella laggiù brillare della sua poca luce. Si spegne e si accende come ad intermittenza, ed eccola che pare sfrecciare via, per poi svanire del tutto, dopo essersi lasciata una dolce scia dietro. In quanti dunque avevano visto la stessa stella cadere? Avevo le mie stesse mani in mano quella notte, disperso con la mente ma fermo fisicamente: il vetro della finestra di camera mia lasciava entrare dal suo sottile spessore uno strato di gelido inverno, ormai alle porte. Nell'aria si poteva udire il rumore del silenzio. Un rumore secco ed assordante, un suono docile e rilassante. Le mie iridi sorvolavano oltre quel che riuscivano realmente a vedere, e le mie viscere fremevano al pensiero di perdita che mi avvolse. Mi abbracciò davvero, come avrebbe fatto mia madre, e mi lasciò inflitto nelle ossa un lancinante dolore acuto che iniziava ad espandersi e a diventare quasi piacevole: la solitudine. Mi sentii perso, come già era successo. Mi credetti smarrito. Mi sento smarrito. Lo sono.

Perso.

One Shots - Stiles Stilinski.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora