Code 01.
Capitolo uno. – Cell number 06
Jason's pov.
"Codice 01, di qua"
Codice 01, era così che mi chiamavo, lì dentro nessuno di noi aveva un'identità, eravamo solo dei fottuti numeri, codici, nessuno faceva la differenza.
Venivamo messi in una classifica, ed il codice veniva scelto in base a quanto fossimo pericolosi o pazzi, ed io, ero il primo.
Seguii l'uomo dinanzi a me, probabilmente una delle tante guardie presenti in quella struttura e forse uno degli uomini più alti che io avessi mai incontrato, camminava deciso verso una delle celle che si trovavano in quel corridoio, lugubre e per certi versi quasi inquietante.
Era pieno di celle, ognuna delle quali contornate da una massiccia ferraglia arrugginita che avrebbe evitato a tutti di scappare, beh insomma, non a tutti; alcune di esse erano addirittura sporche di sangue, vi erano persino delle impronte su muri, segni di lotta con le guardie, probabilmente.
Quella era l'Ala Est, "i più pericolosi, quelli da tenere a bada, i più pazzi, li mettevano lì", dicevano, tutti concentrati in un unico aggroviglio di persone, potevano controllarci meglio.
Avevo sentito parlare dell'Ala Est, anche fuori da quel posto, ma, sfortunatamente, o fortunatamente, avrei provato sulla mia stessa pelle ciò che si diceva fuori, di questo misero buco, ciò che facevano ai pazienti, o forse detenuti.
Avevo sentito molte storie da chi era uscito qui, cazzate come: "Sono pulito, non sono più ciò che ero prima", cazzate a cui non avevo creduto neanche per un secondo.
Io, con tutta la mia spavalderia e la tranquillità che mi persuadeva in quel momento, sorridevo a quella scena, era tutto così divertente ed affascinante allo stesso tempo.
Sì, sorridevo, mi avrebbero fermato per un piccolo lasso di tempo, quale bastava per attuare nuovi piani e nuove strategie, giusto il tempo che bastava a rendere i miei giochi ancora più divertenti ed inquietanti, a rendermi ancora più furbo, mi avrebbero reso solo più forte, forse alla fine di questa messa in scena, avrei dovuto persino ringraziarli, no?
"Cammina, 01, non abbiamo tutto il fottuto giorno", disse l'uomo dietro di me, che cercava, quasi invano, di stringere maggiormente i miei polsi già circondati dal duro ferro delle catene, che si andavano ad intrecciare allo stesso modo anche alle mie caviglie, ed ogni passo, era quasi una melodia con il rumore assordante di queste ultime.
Il mio volto era completamente impassibile a tutto ciò, tanto da far quasi suscitare rabbia nelle guardie che mi stavano guidando verso la mia cella.
Allungai maggiormente l'angolo delle mie labbra nel momento in cui, alzando lo sguardo ed alzando finalmente la mia testa, che poco prima era chinata, potei sentire lo sguardo di tutti gli altri pazienti, su di me, ed in un attimo, mi sentii così soddisfatto di tutto il mio operato, tutto ciò che avevo costruito e tutti coloro che mi erano serviti per poter creare il mio nome.
Mi conoscevano, sapevano.
Smisi di pensare non appena venni letteralmente buttato nella mia cella, la numero 06.
Era a dir poco deplorevole, non esistevano mura intonacate, erano semplicemente del tutto sporche e piene di crepe, erano vecchie e sul soffitto si poteva scorgere della muffa, non c'era un bagno, dovevo fare tutto in una fottuta ciotola grande, più o meno, quanto la mia faccia, ed il mio "letto", non era altro che una semplice panca di legno, con un cuscino come bonus, neanche una coperta, era vuota, completamente vuota, non c'era niente, se non il vuoto più totale.
"La mattina devi essere in piedi alle 06:00, passeranno le guardie a prenderti per i lavori forzati, se farai bene il tuo dovere, ti compenseremo con un pezzo di pane, non opporti o ci saranno gravi sanzioni per te, 01, berrai soltanto una volta al giorno, e non ti lamenterai neanche una cazzo di volta, verrai sottoposto ad un controllo generale una volta a settima, verrai seguito da persone che studieranno cosa ti è passato in quella cazzo di testa", disse l'uomo che poco prima mi stava guidando verso la cella numero 06, cercava di recarmi paura o una qualsiasi emozione che si avvicinasse al timore, ma ciò non poteva accadere neanche per sbaglio, forse non sapeva con chi stava parlando, così mi partì una risata così rumorosa, era così divertente il suo modo di porsi verso di me, sembrava quasi serio.
"Non c'è nulla da ridere, 01, non mettere a dura prova la mia pazienza"
"Oh, mi fa davvero tanta paura, signore", dissi, sotto lo sguardo degli altri due, che nel frattempo si erano avvicinati a me, strattonandomi il braccio mentre stringevano maggiormente la catena ai mie polsi, quasi come se avessero voluto punirmi per ciò che avevo appena detto.
"Ci marcirai in questa cella, 01, te lo garantisco", disse, furioso, urlando con tutta la voce che aveva in corpo, prima di sputare in modo così squallido sulle mie scarpe e andare via insieme ai suoi uomini.
"Forse non sai con chi stai parlando" dissi, quasi tra me e me, scrutando con lo sguardo ogni dettaglio del suo viso, e assottigliando quest'ultimo subito dopo, lo tenevo fisso sul suo, con aria di sfida, una sfida che non avrebbe mai retto, mentre allungavo l'angolo delle labbra in un sorrisetto sghembo e sicuro di me, sapevo chi ero, sapevo cosa ero in grado di fare, e sapevo certamente dove trovare la sua famiglia una volta uscito da qui.
Angolo autrice.
Ehilà, spero che questo primo capito, e la trama della storia in sé, vi sia piaciuto, battete un like se è così, e fatemi sapere cosa ne pensate!
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»Code 01« → Justin Bieber as Jason McCann.
FanfictionNell'ospedale psichiatrico giudiziario di Auburn, America, risiedono pazienti incapaci di intendere e di volere, annoverati tra i più pericolosi dell'emisfero occidentale, per le loro brutali azioni, ed è proprio qui che è stato recluso uno dei kill...