3. Un uomo nella scuola.

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«Ma siete cretini?»

Kaycee guardò il finestrino e si rannicchiò nel sedile anteriore per evitare che tutti vedessero la sue espressione; non sapeva che dire, tanto era rimasta scioccata da ciò che era appena accaduto. Nessuno dei suoi amici aveva visto la donna.

Nessuno.

Solo lei.

Non riusciva più a pensare lucidamente, tanto era confusa, e le solite domande le attraversarono la testa. Chissà cosa stavano pensando i suoi amici di lei e, soprattutto, se l'avevano creduta. Leila, però, che aveva parlato prima, sembrava aver abboccato. Arthur pure, aveva una mano sul cuore come se avesse avuto un infarto mentre Fanny lanciava ai due amici un'occhiataccia e Alex si stava sforzando di ridere e di assecondare la coppia. L'unico che forse aveva qualche dubbio era Calvin. Ma era stato davvero il solo a crederla o l'aveva assecondata per pietà e pensava anche lui, come gli altri, che fosse pazza?

«Sappiamo tutti com'è Kaycee, Leila!» La buttò sul ridere il biondo, rompendo il silenzio glaciale che si era formato subito dopo che la ragazza l'ebbe sgridata. «L'è sempre piaciuto fare scherzi, perché ti arrabbi così?»

«Non è questo, solo che fare certe cose sulla strada è pericoloso! E se dietro di noi ci fosse stata un'altra macchina? Hai esagerato, Kaycee.» Leila diede ragione alla sorella annuendo a ogni parola e Arthur pareva distrutto («Mi avete fatto prendere un colpo, ragazzi.»)

«Smettetela: siete peggio dei miei genitori! Secondo voi mi sarei fermato di botto se dietro ci fosse stato qualcuno?» Sbuffò Calvin.

«Che vuoi dire?»

Dopo aver svoltato a destra, il riccio accese la radio dove stavano dando Wagon Wheel di Darius Rucker. Nonostante quella canzone non si addicesse per niente al clima che era calato in quell'auto, lui non cambiò stazione o spense. Forse l'aveva fatto per cambiare l'atmosfera e calmare tutti, dato che era una canzone che molti di loro conoscevano e amavano. «Okay, ve lo diciamo... io e KK ci siamo messi d'accordo per fare questo scherzo prima di passare a prendervi.»

Se avesse potuto, in quel momento, Kaycee l'avrebbe abbracciato.

Quella dell'amica sembrò un'espressione così buffa agli occhi della piccola Dixon che per un attimo dimenticò il motivo per il quale tutti stessero alzando la voce. Un momento... alzando la voce? Calvin stava continuando a coprirla? Stavano davvero per litigare per colpa sua? Non voleva mica creare dei battibecchi solo perché aveva cominciato ad avere le allucinazioni! Doveva assolutamente fermare tutto quel baccano, dato che adesso tutti stavano iniziando a urlare e se fosse rimasta in silenzio avrebbe destato sospetti -sarebbe sembrata strana e scioccata e avrebbero pensato che avesse davvero visto quella figura per strada. Così, prima che anche Arthur perdesse il controllo della sua voce e dopo aver sentito Leila gridare che si era spaventata davvero tanto e che era stato uno scherzo di pessimo gusto, sfruttò tutto il suo talento nella recitazione e disse: «Ehi, zitti tutti!»

Proprio come se si fosse spezzato improvvisamente un incantesimo, il silenzio invase l'auto. «Mi dispiace, va bene? Non avremmo dovuto farlo e non lo faremo più. Vi abbiamo spaventati e abbiamo esagerato, ma volevamo semplicemente divertirci un po'. Adesso però parliamo d'altro. Non voglio che la giornata venga rovinata per questa stupidaggine.» Perché già me la sono rovinata da sola, avrebbe voluto aggiungere.

«Sì, lo spero per te o ci farete morire d'infarto, un giorno.» Borbottò Arthur.

Convincendosi che la sua fosse stata una semplice allucinazione, Kaycee cercò di non pensarci e di far finta che non fosse successo niente. Ma non poteva essere tutto frutto della sua immaginazione: prima i capelli, poi gli occhi, poi la cicatrice che era scomparsa... e adesso quello. Erano troppe per essere delle semplici allucinazioni, ma cercò di convincersi per la milionesima volta che forse la stanchezza o la sua mente le stavano giocando brutti scherzi e che non c'era bisogno di farne un dramma... anche se in cuor suo sapeva che non stavano davvero così le cose. Sapeva che avrebbe visto qualcos'altro e che non era ancora finita, quella tortura.

Xìtoni- l'albero della disgraziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora